Pessima gestione degli orsi in Trentino e la PAT incassa un’altra sconfitta di fronte al Consiglio di Stato

pessima gestione orsi Trentino

Per la pessima gestione degli orsi in Trentino la Provincia Autonoma di Trento incassa una nuova bocciatura dal Consiglio di Stato. In un’articolata sentenza il massimo organo amministrativo accoglie il ricorso delle associazioni protezionistiche ENPA e OIPA, con analoghe motivazioni di altre pronunce. Alla fine, senza entrare troppo nelle pieghe normative, la realtà è che l’ennesima bacchettata arriva a causa di decisioni arbitrarie, carenze istruttorie e decisioni sproporzionate.

Una decisione che sbatte la porta in faccia a Maurizio Fugatti e ai suoi deliri di onnipotenza. La gestione degli orsi in Trentino deve seguire le normative e non possono esistere scorciatoie, messe in atto a danno degli orsi. L’unica parte della sentenza che personalmente giudico molto discutibile è che le spese siano state compensate fra le parti. Mentre sarebbe stato giusto che la PAT fosse condannata a risarcirle. Per eccesso di arroganza, per dar corpo al danno erariale. Ma questo resta solo un parere che non sminuisce la portata della decisione.

Quindi l’orso M57, l’oggetto della contesa giudiziaria non è colpevole di aver aggredito una persona ma forse viceversa. Il comportamento del carabiniere che si è scontrato con l’orso è stato imprudente. Mentre l’atteggiamento dell’orso è stato inizialmente dettato da mera curiosità. Sino a quando la persona non ha deciso di mettere in atto comportamenti scorretti. Forse anche un poco da bullo, visto che di notte dopo aver visto l’orso cerca di spaventarlo. Mentre avrebbe dovuto arretrare con tranquillità. Peraltro una persona che, per mestiere, dovrebbe sapere come evitare inutili situazioni di pericolo.

La pessima gestione degli orsi in Trentino porterà alla liberazione dell’orso M57, imprigionato senza motivazioni?

Solo nelle prossime settimane si vedrà quale sarà il destino dell’orso M57. Dopo che il Consiglio di Stato ha sancito che la sua captivazione è stata un abuso. Dopo che è stato nuovamente scritto che le condizioni di detenzione a Casteller, il luogo di prigionia di M49 e M57, possono essere viste come un maltrattamento. Qualcosa dovrebbe quindi succedere e l’ipotesi, che scaturisce dalla sentenza è che in linea di principio nulla osta a un’eventuale liberazione. Condizionata però a una valutazione di pericolosità, ma anche legata al tempo autunnale e ai danni subiti. Il letargo, fra l’altro, incombe.

Senza poter dimenticare che M57, al pari del suo compagno di prigionia, è stato sottoposto a castrazione. Una situazione complessiva che seppur in mera teoria pare favorevole a un’ipotesi di liberazione temo che si scontrerà con altra realtà. I lunghi mesi di prigionia, le sofferenze patite, la castrazione, la somministrazione di sedativi e la vicinanza con l’uomo potrebbero aver prodotto danni. Un’ipotesi tutt’altro che remota. Gli animali selvatici sono delicati, anche quando sono grossi quanto un orso.

Qualcuno si prenderà la responsabilità di decidere per la liberazione dell’orso? Certo sarebbe giusto, un piccolo ma grande risarcimento per il male subito. Il giudizio è stato lasciato però alla Provincia di Trento, sentito il parere dell’ISPRA e questo, salvo sviluppi davvero clamorosi, fa pensare a un prolungamento della detenzione. Ingiustificata quando è stata disposta, forse difficile da revocare oggi. Dimostrando che i tempi della natura e quelli della giustizia sono incompatibili. Il rischio di questa vicenda è che si trasformi in una vittoria di Pirro. Inutile per M57.

Gli animali avrebbero diritto a un risarcimento per ingiusta detenzione e i responsabili meriterebbero una condanna

La vicenda di M57 non è una questione che riguarda un orso. Rappresenta la dimostrazione dei danni che possono essere prodotti da una cattiva politica. Dall’arroganza di chi pensa di poter fare quello che vuole, con lo scopo di mantenere il consenso elettorale. Passando via attraverso le maglie troppo larghe di una giustizia che arriva, ma quasi sempre con tempi inaccettabili. Almeno per poter essere applicata in un caso come quello dell’orso M57.

La speranza, che temo vana, è che questo ennesimo precedente porti a dei cambiamenti. Che si arrivi a individuare le responsabilità di chi ha ristretto gli orsi in condizioni di maltrattamento. L’attivazione seppur tardiva della magistratura penale, che in tutta questa vicenda è stata la grande assente. Il convitato di pietra che è passato sopra ai maltrattamenti inferti agli orsi e messi nero su bianco dai Carabinieri Forestali. Sarebbe giusto che chi ha fatto il danno sia portato a risponderne, senza che questo possa togliere la sofferenza inutilmente patita da un orso che poteva restare libero.

Il circo senza animali è possibile: il Circo di Mosca ci prova a Milano con successo

circo senza animali

Il circo senza animali è possibile, se solo lo si vuole e se la qualità dello spettacolo è tale da garantire il successo. In silenzio ci sta provando all’Idroscalo di Milano il Circo di Mosca, con lo spettacolo “Gravity“, che è in scena nella periferia milanese dai primi di ottobre. Senza enfatizzare l’assenza di animali, che viene poco evidenziata se non in qualche articolo di giornale e nei servizi televisivi. Come se l’ordine di scuderia fosse quello di non dire che si tratta di uno spettacolo realizzato in assenza di animali.

La scelta di abbandonare gli animali è nata probabilmente a causa della pandemia, visto che in precedenza il circo presentava diversi numeri con animali. E sulla loro pagina Facebook arrivano i complimenti di molti spettatori, per la qualità dello spettacolo e per l’assenza di numeri con animali. A dimostrazione che il magico mondo del circo, sottraendo la tristezza di felini e elefanti costretti in una pessima forma di prigionia, può vivere più e meglio di prima. Una svolta che i media vicini a questo settore. come Passione Circo, sembra che non vogliano evidenziare. Eppure questo è il futuro.

Il circo senza animali trasmette emozioni al pubblico, senza portare in pista la sofferenza degli animali ammaestrati

Questo è il circo moderno, quello che piace al pubblico più attento, in un percorso che altri impresari hanno imboccato da tempo con successo. Come dimostra il circo Roncalli, che da anni ha sostituito i numeri con gli animali veri facendo scendere in pista degli ologrammi, elefanti fatti di luce. In Italia abbiamo accumulato un grandissimo e ingiustificabile ritardo nel chiudere per sempre l’epoca del circo con animali. Grazie ancora una volta al poco coraggio e alle convenienze della politica, che non ha voluto portare a termine una strada che aveva intrapreso.

In Francia proprio in questi giorni è stata promulgata una legge che vieterà i circhi con animali, la detenzione dei cetacei nei parchi acquatici e l vendita di cani e gatti nei negozi, Una svolta coraggiosa che diventerà esecutiva nel 2024, ma che dimostra la volontà di mettere la parola fine a commerci e tradizioni incompatibili con i tempi che viviamo. Una decisione che dovrà prima o poi arrivare anche in Italia, senza ulteriori timori e rallentamenti. Magari in contemporanea con lo stop agli allevamenti di animali da pelliccia.

Ora speriamo che la strada intrapresa da Larry Rossante con il suo Circo di Mosca possa trovare molti imitatori, anche prima che il divieto di esibire gli animali in pista diventi legge. Confidando nel fatto che la scelta di questo circense non sia temporanea, ma si traduca in una definitiva chiusura verso il circo con animali. Consentendo a quanti non mettono più piede al circo, non sopportando la sofferenza degli animali prigionieri, di poter nuovamente decidere di passare qualche ora sotto uno chapiteaux.

La scelta di un circo senza animali non sarà del tutto indolore per tigri, leoni e elefanti

Gli animali addestrati che non lavoreranno più nei circhi in Europa finiranno per essere ceduti a circhi che lavorano in altre parti del mondo. Continuando a trascorrere la loro vita dentro una gabbia, senza escludere che questo possa avvenire in condizioni anche peggiori di quelle che vivono, ora, gli animali nei circhi nazionali. Per quanto i controlli siano pochi e scarsi nel nostro paese non è certo difficile capire che possano esserci realtà ancora più arretrate nella tutela degli animali. Che sino a quando le norme non cambieranno potranno essere comprati e venduti come fossero cose.

Se fra i lettori di questo articolo qualcuno decidesse di passare una serata al circo faccia almeno lo sforzo di arrivare all’Idroscalo di Milano. Per non finanziare un circo che gli animali li usa ancora e che è attendato in questo periodo in città, anche se ha dovuto rinunciare a esibire gli elefanti, ma conserva ancora un numero con le tigri.

Lombardia cacciatori impallinati dal TAR che accoglie ricorso della LAC e blocca l’attività venatoria

caccia impallinata Regione Lombardia

In Lombardia cacciatori impallinati dal TAR, nonostante le manovre davvero vergognose della giunta che aveva approvato nuove norme solo 24 ore prima dell’apertura. Con la solita mossa ad effetto, per agevolare i cacciatori anche in vista delle prossime elezioni amministrative. Ma la Lega Abolizione Caccia, con l’avvocato Claudio Linzola, grande esperto della materia ha depositato un ricorso urgente al TAR. Ottenendo oggi, dopo un solo giorno di apertura della caccia, la chiusura immediata sino al 7 ottobre.

La Lombardia ha provato in tutti modi ad agevolare il mondo venatorio, usando gli sistemi corsari adottati dalla Regione Sicilia. Del resto il 3 ottobre il capoluogo lombardo vota per le elezioni amministrative, quindi la corsa contro il tempo era davvero disperata. Con un decreto urgente oggi il presidente della quarta sezione del TAR, Gabriele Nunziata, ha accolto la richiesta di sospendere l’efficacia del calendario venatorio. Stabilendo la chiusura immediata dell’attività venatoria che si era aperta solo ieri.

Un provvedimento doveroso contro un azione vergognosa messa in atto dalla politica lombarda, con i consueti sistemi indegni di un paese civile. Sostenuti dalla certezza dell’impunità perché ben difficilmente gli amministratori sono chiamati a rispondere delle loro azioni. Questo gli permette di usare i soldi dei contribuenti per varare provvedimenti inaccettabili, che sono regolarmente cassati dalla giustizia ammnistrativa.

Ora in Lombardia i cacciatori impallinati dal TAR non saranno così riconoscenti alla politica.

La Regione Piemonte combatte le fake news con giornalisti formati e preparati

Piemonte Parchi combatte fake

La Regione Piemonte combatte le fake news naturalistiche grazie all’idea dell’ufficio stampa diffuso. Un’intuizione che sta dando buoni frutti, con un percorso non ancora completato ma ricco di soddisfazioni. Soprattutto per gli appassionati di natura, che potranno sempre contare su informazioni di qualità, in grado di sconfiggere il giornalismo sensazionalistico. Non c’è giorno, infatti, in cui non si leggano notizie false, approssimative che molto spesso riguardano argomenti divisivi, come possono essere i lupi.

Cani falchi tigri e trafficanti

Per questo è importante che chi si occupa di comunicazione naturalistica abbia i piedi ben radicati al suolo, conosca gli argomenti e supporti chi deve fare informazione. Da qui nasce l’idea della regione, che ha deciso di formare dei professionisti della comunicazione, in modo che in futuro ogni parco possa contare su un ufficio stampa competente. Oggi ben cinque parchi sui dieci operativi possono già contare sulla presenza di giornalisti come addetti stampa: un fiore all’occhiello per la regione, ma anche una garanzia per il sistema delle Aree naturali protette piemontesi.

Avere un giornalista in ogni parco, significa superare il concetto per cui la natura fa notizia solo quando è cartolina (e quindi bellissima, da visitare) oppure tragedia (e quindi, vittima, delle azioni dell’uomo). La natura è questo ma è anche molto di più. Un capitale naturale che ha un valore nella nostra quotidianità, in grado di produrre servizi ecosistemici ancora poco conosciuti. Utilissimi per ribaltare l’idea della conservazione:  da fastidioso vincolo, a risorsa anche economica.

La Regione Piemonte combatte le fake news con l’ufficio stampa diffuso, frammentato nei parchi a garanzia della buona informazione

Il percorso, iniziato solo due anni fa, è tuttora in itinere e su dieci enti di gestione ben cinque possono già contare di un proprio giornalista come addetto stampa (Aree protette delle Alpi Cozie, Po piemontese, Marittime, Monviso, Appennino piemontese). Altri due sono già in dirittura d’arrivo (Ticino e Lago Maggiore e Paleontologico astigiano), portando la copertura al 70% delle aree regionali. Un bellissimo traguardo raggiunto in poco tempo, che ha il pregio di aver aperto una strada che non potrà più essere chiusa. Servendo da esempio anche per molte altre regioni.

Racconta Emanuela Celona, direttore responsabile di Piemonte Parchi: “Siamo stati capaci di trasformare una una debolezza in un punto di forza. Tanto è vero che questo ufficio stampa ‘diffuso’ dei parchi piemontesi nasce proprio dalla frustrazione di chi si occupa di comunicazione/informazione all’interno di un’area protetta (e, probabilmente, non solo). Della serie, tutti comunichiamo, e quindi tutti siamo capaci a farlo! Poco importa, invece, se alla base di una buona comunicazione, e soprattutto di una corretta informazione, ci sia analisi, studio, ricerca, verifica (!) delle fonti e una deontologia che dovrebbe essere il faro di ogni giornalista.”

La considerazione che l’informazione debba rappresentare una priorità per un’area naturalistica è un concetto ancora poco apprezzato. Molto meno di quanto, grazie a questa intuizione, non siano “diffusi” gli addetti stampa, che presto saranno una realtà presente in tutte le aree protette regionali. Non è stata cosa facile, le novità spesso spaventano, ma perseveranza e risultati hanno alla fine avuto la meglio. Riuscendo a convincere anche i presidenti e i direttori più riottosi. Grazie all’entusiasmo di chi ha pensato e lavorato a questo progetto.

L’osmosi funziona anche per far funzionare Piemonte Parchi, la rivista tematica che si occupa di aree protette

Una considerazione che fa propria Emanuela Celona, che conferma questa impressione: “Si, è vero questo ufficio stampa ‘diffuso’ – ci piace chiamarlo così! – è linfa vitale per la rivista ‘Piemonte Parchi’ che pubblica con continuità articoli di colleghi neo-giornalisti, qualificati e appassionati. La speranza è che si possa dedicare il tempo necessario a questo progetto, e alla comunicazione dei parchi in genere, per fare un bel lavoro.”

La volontà di fare un buon lavoro la si percepisce dalle dichiarazioni di chi è in forza al progetto nelle varie realtà protette. Come quella di Nadia Faure, addetta stampa Parchi Alpi Cozie: Poter essere accompagnata dal gruppo redazionale che Piemonte Parchi ha creato è un grande aiuto: avere con chi condividere i propri contenuti è una grande sicurezza e poi a ogni articolo, si apre un mondo… e si conoscono nuove persone che arricchiscono!

A cui fa eco la sua collega Laura Succi, addetta stampa Po piemontese: “Diventare addetto stampa di un’area protetta significa diventare uno strumento in più per lavorare a salvaguardia della natura. In un momento come questo, “l’epoca della transizione ecologica”, i parchi dovrebbero far viaggiare la macchina della comunicazione a mille chilometri l’ora!”

Comunicare correttamente si basa su veridicità della notizia e qualità dei contenuti

Fare informazione di qualità ha come presupposto la verifica delle notizie, senza usare sensazionalismi e rispettando il lettore. Ma chi legge deve imparare a separare le notizie dalle fake news, impegnandosi a verificare che quanto legge sia credibile, prima di condividerlo. Troppo spesso oggi le dita scivolano veloci sulle tastiere dei telefoni, prima ancora che sia compreso il contenuto. Magari perché non si legge, ci si ferma alla foto o al titolo.

Ma le notizie false sono come il lupo della foto, che sembra essersi travestito da pecora. Possono essere ben costruite ma se non siamo convinti della veridicità dobbiamo evitare di diffonderle senza criterio. Meglio un like in meno di una fake news in più.

Caccia in Sicilia bloccata nuovamente sino al 2 ottobre dal TAR di Catania

Caccia in Sicilia bloccata

Caccia in Sicilia bloccata dal 13 settembre al 2 ottobre, dopo la nuova ordinanza del Tribunale amministrativo di Catania. Il nuovo stop è stato imposto dopo che l’assessore regionale, che si era visto bloccare il precedente atto lo aveva sospeso. Riproponendo un nuovo calendario per aggirare l’ostacolo. Una manovra molto disinvolta, sia sotto l’aspetto giuridico che politico. Le associazioni ambientaliste hanno così impugnato nuovamente il calendario e il TAR lo ha bloccato per la seconda volta.

cani falchi tigri e trafficanti

Il comportamento arrogante della regione non deve essere piaciuto al presidente del TAR di Catania, che ha nuovamente disposto la sospensiva. Ora sarebbe opportuno che ci fosse un’attivazione della magistratura ordinaria, per valutare il comportamento dell’assessore. Inaccettabile sotto il profilo della buona gestione delle istituzioni. Un gesto plateale che è servito a far sparare qualche giorno prima del 2 ottobre, data indicata da ISPRA per l’apertura della caccia. In una regione che è stata devastata dagli incendi.

Difficile insegnare il valore del rispetto della legge se la politica si comporta in questo modo. Disprezzando le decisioni della magistratura al solo scopo di agevolare i cacciatori. Fortunatamente questa ulteriore pronuncia del tribunale amministrativo dovrebbe aver messo un punto fermo. Caccia vietata sino al 2 ottobre.

Caccia in Sicilia bloccata, con la politica che scivola sull’arroganza

La morale di questa vicenda lascia comunque l’amaro in bocca. In un paese che ha spesso ha amministratori troppo disinvolti per poter restare al loro posto. Con una classe politica che raramente paga il conto della cattiva amministrazione, degli interessi e dei favori. Politici disposti a passare sopra legge e buon senso pur di essere rieletti, trasformando in commedia una tragedia come gli effetti degli incendi e la siccità. L’Italia non potrà fare passi in avanti sino a quando gli elettori non pretenderanno candidati e programmi basati sul rispetto della legalità e dell’interesse comune.

Questa piccola battaglia di legalità è stata vinta, ma la caccia avrebbe dovuto restare completamente chiusa quest’anno. Per tutelare la fauna, per mettere nella giusta considerazione un’attività che è soltanto un gioco, di pochi, che danneggia un bene collettivo.

Basta gabbie negli allevamenti: il Parlamento europeo chiede alla Commissione di vietarle

Basta gabbie negli allevamenti

Basta gabbie negli allevamenti in Europa a partire dal 2027: lo richiede alla Commissione il Parlamento Europeo. La pronuncia deriva da una petizione promossa da tantissime associazioni di tutela degli animali nota come End The Cage Age. La richiesta di eliminare le gabbie era stata sottoscritta da 1,4 milioni di cittadini, vincolando il parlamento a occuparsi della questione.

Cani falchi tigri e trafficanti

Il parlamento europeo ha votato la risoluzione a grande maggioranza e questo deve essere considerata una grande vittoria. Una battaglia che le associazioni europee hanno combattuto compatte, riuscendo a sconfiggere la lobby degli allevatori. Ora la Commissione dovrà ascoltare le richieste del parlamento, ponendo fine a condizioni di allevamento davvero inaccettabili. Una forma di maltrattamento che riguarda ogni anno più di 300 milioni di animali.

Il cambiamento non sarà immediato, ma il parlamento ha chiesto alla Commissione di rivedere la normativa sugli allevamenti. Prevedendo anche fondi da destinare a questo cambiamento di rotta per gli allevatori. La radicale modifica delle condizioni di allevamento dovrebbe avere come positiva conseguenza anche una progressiva riduzione del numero degli animali allevati. Il divieto, quando entrerà in vigore, riguarderà polli, conigli e suini.

Basta gabbie negli allevamenti, una decisione che apre una strada al cambiamento

La volontà espressa a grande maggioranza dal Parlamento europeo potrebbe essere un segnale d attenzione verso il cambiamento. In un momento nel quale la produzione di carne e gli allevamenti intensivi sono comunque messi sotto la lente di ingrandimento. Non tanto per le sofferenze che causano agli animali, ma per i pericoli ambientali che costituiscono. Gli allevamenti di animali sono riconosciuti come corresponsabili dei cambiamenti climatici, dell’agricoltura intensiva e della deforestazione.

Oggi il Parlamento europeo ha dimostrato la sua adesione per porre fine ai barbari sistemi di gabbie nell’allevamento di animali. I cittadini dell’UE, gli scienziati, le aziende e ora anche i rappresentanti democratici vogliono porre fine ai secoli bui dell’allevamento di animali. Ora tocca alla Commissione europea far sentire queste voci, non solo per alleviare le sofferenze di miliardi di animali, ma anche per onorare la democrazia e la civiltà dell’UE. Contiamo su una decisione positiva.

Tratto dal sito dell’Eurogruppo per gli animali (Eurogroup for Animals)

L’importanza delle Iniziative dei Cittadini Europei, petizioni che vincolano il parlamento

Le Iniziative dei Cittadini Europei rappresentano uno strumento efficace di democrazia diretta, vincolando il Parlamento europeo al loro esame. Al contrario di quanto avviene con le petizioni firmate sui vari siti non riconosciuti che spesso servono solo questi ultimi per raccogliere dati da usare anche per altri scopi. Il risultato ottenuto oggi, che rappresenta l’inizio di un percorso e non una vittoria immediata, dimostra la bontà di questa forma di democrazia diretta che tiene conto della volontà popolare.

End The Cage Age ha coinvolto un grande numero di persone che hanno espresso la volontà di voler cambiare le cose, dimostrando quanto sia alta l’attenzione nei confronti della sofferenza animale. Una sensibilità nei confronti della quale la politica dovrà riflettere: gli europei sono sempre più attenti alle condizioni in cui gli animali vengono allevati. Questa decisione influirà positivamente anche sulla contrazione dei consumi, portando a una lenta ma costante discesa del numero di animali imprigionati negli allevamenti intensivi.

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