Ucciso Drago, lupo con radiocollare, sulla strada fra le frazioni di Prosano e Avacelli di Arcevia, nelle Marche. La sua corsa non è stata fermata, come sembrava in un primo momento, dall’impatto con un’autovettura ma dal proiettile sparato da un fucile. Ennesimo episodio di bracconaggio, anche se la maggior parte passano sotto silenzio. Quello messo in atto nei confronti dei lupi non è il bracconaggio esibizionista, quello che esalta le sue azioni, ma è quello che il più delle volte non si vede. Protetto dalle tre “S” dei bracconieri di lupi: spara, scava, sotterra.
Contro i lupi è in atto una guerra, che qualcuno presenta come una necessità per sopravvivere. Un piccolo esercito in armi composto dalla parte peggiore del mondo della caccia e dell’allevamento. Convinti che il lupo sia un concorrente con il quale non si può scendere a patti, si può solo eliminare. Un ragionamento bieco, spietato e purtroppo molto ignorante. Il frutto avvelenato di una campagna d’odio che non racconta, non spiega ma evoca solo fantasmi.
Ucciso Drago, lupo con il radiocollare che indicava la sua importanza per la ricerca. Una sfida dei bracconieri a uno Stato troppo poco severo
La brutale uccisione di Drago non è un episodio isolato nella zona, ma anzi è uno dei tanti episodi, fra quelli conosciuti che hanno visto protagonisti i bracconieri marchigiani. Solo la punta di un iceberg la morte di Drago, solo la parte emersa di un fenomeno alimentato da delinquenti che pensano di poter contrastare la presenza del lupo. A fucilate, con i lacci, con i bocconi avvelenati: con qualsiasi sistema illecito che si riveli efficace. Mossi da una sfida contro lo Stato che tutela i lupi, alimentata dall’ignoranza che gli impedisce di capire l’importanza dei predatori per ogni ecosistema.
Se così non fosse l’Italia sarebbe un paese senza cinghiali, senza nutrie, senza lupi. Animali braccati, ma resilienti e resistenti, che più sono uccisi e cacciati, legalmente o illegalmente, e più restano presenti sul territorio. Se si dovesse guardare ai risultati si dovrebbe ammettere che gli animali selvatici, nonostante tutto, vincono sempre. Perdono soltanto quando le modificazioni ambientali sono così veloci da non permettere la loro evoluzione verso nuovi equilibri. Non vengono mai sconfitti dall’uomo, se il territorio gli garantisce ambiente idoneo e risorse alimentari.
Il bracconaggio va combattuto per quello che rappresenta: un crimine contro la biodiversità messo in atto ai danni della collettività
In questo momento in Italia siamo carenti su entrambi i fattori: distratti e poco solerti nel comunicare e nel fare capire alle persone che il cardine è il concetto contenuto in due parole: One Health ovvero un’unica salute. Il nostro benessere, l’evitare l’arrivo di nuove pandemie, il mantenimento delle nostre risorse ambientali sono fattori fra loro legati in modo indissolubile. Troppo poco efficaci nel sanzionare chi vorrebbe usare la natura a proprio uso e consumo, bracconando, uccidendo, distruggendo l’ambiente. Uccidere un lupo costa molto poco, tanto che nessuno finirebbe mai in carcere per averlo fatto.
La fauna, per legge, costituisce patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale e internazionale. Ora dovrebbe essere un bene tutelato addirittura nella Carta Costituzionale, ma questo non basta. Specie se poi non viene tradotto in pratica, con sanzioni in grado di costituire un efficace deterrente contro il bracconaggio e non soltanto. Non è più il tempo di parlare sui temi ambientali e di conservazione ma è arrivato il tempo dell’agire, senza ritardi, con provvedimenti in grado di fermare chi compie crimini.
Aggiornamento del 13/04/2022 – Drago il lupo che morì due volte (sui media)
Questa mattina ho ricevuto un messaggio di Elisa Berti, del Centro Tutela Fauna di Monte Adone che mi informava che l’ultimo lupo morto nelle Marche non poteva essere Drago. Quel lupo infatti era stato seguito dal loro centro, ma era stato ucciso nel gennaio del 2022. Non si capisce come sia successo ma giornali e associazioni avevano fatto un collage di notizie. Dando luogo a una sorte di doppia morte. La realtà è che Drago è stato ucciso da un anziano bracconiere, non a fucilate ma con dei lacci metallici.
Spiedo bresciano con uccellini: per la Lega è un patrimonio culturale da non disperdere, ma in realtà è una delle molte tradizioni fuori dal tempo. Eppure anche in tempi tormentati come questi in Lombardia si trova il tempo per presentare un progetto di legge che consenta lo spiedo. Da farsi rigorosamente con piccoli uccelli cacciati, si dice nel rispetto della legge, ceduti senza fine di lucro. Potrebbe sembrare uno scherzo, ma invece è quanto contenuto nel testo del progetto presentato questa mattina, a Brescia, alla stampa.
Il consigliere leghista Floriano Massardi, insieme al segretario provinciale bresciano, lo hanno illustrato dichiarando che su questo PDL ci sarebbe anche la convergenza del presidente Fontana. Appare evidente che i politici leghisti, da sempre vicinissimi al mondo venatorio, reputino il divieto di fare gli uccellini allo spiedo come una delle emergenze regionali. Questo in piena crisi, con una guerra che bussa alle porte e con qualche decina di emergenze in atto. Se non ci fosse da piangere bisognerebbe ridere per lo scarso senso politico di Massardi, ma in questi tempi queste cose non strappano il sorriso. Suscitano inevitabilmente rabbia, contro una politica priva di scrupoli.
“La Regione riconosce e promuove il valore storico, culturale ed enogastronomico dello spiedo bresciano e degli altri piatti tradizionali delle province lombarde preparati a base di selvaggina, legittimamente cacciata, al fine di preservare e tramandare nel tempo la tradizione gastronomica lombarda“. Così recita l’articolo 2 del progetto di legge, che prosegue con una serie di altre considerazioni difficili da condividere. Evidentemente senza conoscere il comune senso del pudore.
Lo spiedo bresciano con gli uccellini è contro ogni buon senso, in un momento in cui si parla di transizione ecologica
Pensare nel 2022 di difendere la cultura degli uccellini allo spiedo, che pesano meno della cartuccia che serve per ucciderli, è un paradosso. Un progetto che non difende la cultura, ma ha il solo scopo di raggranellare un po’ di voti. Senza preoccuparsi della decenza e delle mille difficoltà a cui è sottoposta la fauna, in tempi di cambiamenti climatici. La scienza si preoccupa di far diminuire il nostro impatto sul pianeta, tutelando la biodiversità, mentre certa politica difende piccoli e dannosi interessi di parte, contro ogni buon senso.
Senza poter dimenticare che questo strampalato progetto rappresenta la chiave per aprire la porta al bracconaggio dei piccoli uccelli. Un fenomeno ancora molto presente nella valli della bergamasca e del bresciano, dove reti e archetti sono sempre presenti in gran numero. Grazie a una piccola aliquota di uccellini abbattuti legalmente potrebbero arrivare nei frigoriferi dei ristoranti migliaia e migliaia di uccelli bracconati. Con i documenti dei primi, una volta consumati, si potrebbero giustificare i frutti proibiti del bracconaggio.
Un’ipotesi questa che non è stata certamente sottovalutata dai firmatari del progetto di legge, che non dovrebbe avere possibilità di vedere la luce. In un paese normale iniziative come questa non dovrebbero nemmeno poter approdare in un consesso regionale per essere discusse. Ma si sa che la nostra politica conta di un elevato numero di politicanti e ben pochi statisti. E le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
Le motivazioni della caccia ai lupi sono sempre le stesse: entrano in contrasto con gli interessi di allevatori e cacciatori. Questi ultimi molto potenti negli Stati Uniti anche grazie al supporto dei produttori di armi. Il giudice che ha adottato questa decisione ha affermato che esistevano seri rischi per la popolazione dei lupi. Scampati all’estinzione proprio grazie alle misure di protezione. Una situazione molto simile a quella italiana, dove la ripresa della popolazione dei lupi, oramai ridotta al lumicino, ha coinciso con misure di tutela.
La realtà è che il lupo è un animale molto adattabile, resiliente, capace di grandi spostamenti sul territorio ma incapace di resistere alla pressione venatoria e al bracconaggio. Basti pensare a che cosa è accaduto nei primi anni del secolo scorso dove un’intensa persecuzione, avvenuta con ogni mezzo, aveva portato allo sterminio. Per ogni lupo morto veniva pagato un premio ai cosiddetti “lupari”, cacciatori che sbarcavano il lunario uccidendo predatori.
I lupi grigi tornano protetti, anche se l’amministrazione Biden si è schierata per far continuare la caccia
La situazione americana può essere presa come esempio di quanto determinate decisioni seguano più la politica che la scienza. La tutela ambientale passa anche attraverso i superpredatori come il lupo e già questo dovrebbe essere sufficiente per proteggerli. Gli attacchi dei lupi al bestiame pesano molto ma molto meno rispetto ai vantaggi che derivano dalla loro presenza. Eppure nel nostro paese, dove sono così evidenti i danni causati dalla caccia e dalle persecuzione dei predatori, continuano a levarsi richieste di aprire la caccia.
Ma non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire, di chi non si piega nemmeno di fronte alle spiegazioni date da esperti qualificati. Persone che non solo studiano il comportamento, ma valutano le positività che i predatori sono in grado di garantire all’equilibrio ambientale. Quando il mondo naturale è in equilibrio si creano le condizioni per aumentare la sua resilienza e per diminuire i rischi, anche sanitari, per l’uomo. Per questo è così importante far accettare il concetto di condivisione ambientale, che rappresenta l’esatto opposto di quanti vorrebbero vedere l’uomo padrone di tutto.
La tutela ambientale non deve essere soltanto un principio inserito in Costituzione, ma deve diventare una realtà culturale ben compresa
Occorre che la politica smetta di inseguire il consenso degli elettori e si occupi di amministrare il paese e il suo capitale naturale secondo coscienza, senza seguire la convenienza. Per farlo occorre anche iniziare un percorso culturale diverso, coerente con i principi di tutela dell’ambiente e, di conseguenza, di protezione del futuro delle future generazioni.
Abbiamo bisogno di uomini e donne coraggiose, coerenti, che antepongano ai loro interessi le necessità della collettività. Siamo già in ritardo, è stato già perso molto, troppo tempo e stiamo spesso percorrendo strade sbagliate. Ci sono argomenti che sarebbe auspicabile divenissero unitari, trasversali a tutte le forze politiche e la tutela dell’ambiente devono venire prima di ogni altro interesse. Una scelta che, al contrario di quanto affermano molti, contribuirebbe a far crescere la ricchezza dell’Italia e dell’intera Europa.
Costerebbe meno indennizzare i danni causati dagli animali selvatici di quanto costi, in modo strisciante, il dissesto della nostra politica ambientale. Spesso pensata e realizzata da persone prive di conoscenze e competenze, che non ascoltano i tecnici ma soltanto i sondaggi. Capaci di riproporre opere come il Ponte sullo Stretto, devastante sotto il profilo ambientale, oppure il nucleare pulito, che allo stato esiste solo nella fantasia di chi lo teorizza.
Lupus in bufala e il ministro Cingolani: un consiglio di lettura doveroso per un ministro che ha il dovere di parlare di ciò che conosce. Ancora una volta, infatti, la percezione è di un tecnocrate con le idee poco chiare sulla gestione ambientale. Tanto da portarlo a far sue le idee di molti agricoltori, che vorrebbero una drastica riduzione della popolazione lupina. Il ministro ha detto in un question time in parlamento che, a patto di tutelare la conservazione della specie, gli abbattimenti sono uno strumento che può essere considerato.
E qui entra in gioco il piccolo ma esaustivo manuale dal titolo geniale: l’uso dell’anagramma di fabula, che diventa bufala rende Lupus in bufala subito simpatico. Un gioco di parole per far capire quanto le informazioni che circolano sui lupi siano troppo spesso false, alterate, distorte. In fondo è un argomento facile da cavalcare: nulla è visto, nell’immaginifico popolare, pericoloso e infido come un lupo. Una stupidaggine? Certo che si, ma “Cappuccetto Rosso” ha dispiegato i suoi effetti nefasti nella nostra (in)cultura e non solo.
La verità è talvolta così palese da non essere facile da credere, troppo semplicistica nella sua banale realtà. La bugia, la leggenda ha più fascino, attrae gli sprovveduti come il Polo Nord l’ago della bussola. Le leggende sul lupo, costruite ad arte talvolta dai cacciatori, altre volte dagli allevatori e altre volte da banale e crassa ignoranza sono difficili da smontare. Del resto se quasi il 6% dei nostri connazionali è convinto che la Terra sia piatta, come non credere a chi ha dice di aver visto gettare lupi dagli elicotteri? Però ci si aspetterebbe maggior rigore scientifico nell’affrontare l’argomento lupi da un ministro, che seppur in campi molto diversi da ambiente e biologia ha pur sempre una formazione scientifica.
Legga Lupus in bufala ministro Cingolani, cerchi di avere consapevolezza dei meccanismi naturali oltre che dei compiti del suo dicastero
I lupi non vanno abbattuti e gli agricoltori devono smettere di lagnarsi: non sono capaci di difendere il loro bestiame dalle predazioni? Cambino lavoro e questo non viene detto con disprezzo. Identico consiglio andrebbe dato al gioielliere che tiene una vetrina senza vetri blindati e non ha un allarme. Se fra gli uomini esistono i ladri, in natura esistono i predatori, con una grande differenza: i primi rubano per loro stessi, i secondi svolgono il ruolo che gli ha assegnato l’evoluzione. E se non fossero distratti da comportamenti sciocchi, rivolgerebbero le loro attenzioni agli ungulati selvatici e non alle pecore.
Vede, ministro Cingolani, il problema delle predazioni non si risolve abbattendo i lupi. E su questo come non rinnovare il consiglio di lettura: Lupus in bufala, alla pagina 19 precisamente, spiega che gli animali d’allevamento non sono la preda d’elezione del predatore. Questo cosa significa? Che il lupo li attacca perché sono indifesi, perché non ama perdere inutilmente energie e se trova una preda facile la predilige. Quindi, restassero anche solo la metà dei lupi, questo punto non cambierebbe di una virgola. I lupi non predano le pecore perché sono troppi, hanno fame oppure non hanno alternative alimentari per sopravvivere. Mettono in atto semplicemente il comportamento più intelligente e logico.
Il lupo si nutre principalmente di pecore e bestiame FALSO Altro mito da sfatare: non è vero che i lupi mangiano soprattutto le pecore. In Italia la dieta di un lupo è costituita per lo più da animali selvatici. Il lupo è un predatore opportunista, che si adatta alle condizioni ambientali che trova e che si ciba delle specie più abbondanti, in genere scegliendo le prede più vulnerabili. Tra le sue prede ci sono anche gli animali domestici. Per difendere le greggi in territori in cui il lupo è presente è infatti necessario adottare strumenti di prevenzione, i più utilizzati sono le recinzioni elettrificate e i cani da guardiania.
Tratto da Lupus in bufala
La transizione ecologica deve passare attraverso la convivenza, aumentando la resilienza delle attività umane e dove occorre degli habitat
Ministro Cingolani lei, per il ruolo che ha scelto di ricoprire in scienza e coscienza, deve occuparsi di tutelare l’ambiente e tutte le forme di vita che sono necessarie per mantenerlo in equilibrio. Questo comporta avere consapevolezza che gestire per la natura occorre conoscerla. Solo in questo modo si può raggiungere la certezza che la gestione sia impossibile, perché l’uomo non è nemmeno lontanamente in grado di farlo. La miglior gestione possibile è quella di permettere alla natura di gestirsi da sola. Dividendo il mondo umano da quello naturale e comprendendo che le continue invasioni di campo ci estingueranno.
Quindi i ragionamenti sulla popolazione dei lupi e sulla necessità di sfoltirli li lasci ai cacciatori e alla componente peggiore del mondo agricolo. Ci sono infatti allevatori ministro, mi perdoni se glielo dico, che sono già da tempo un passo avanti a lei. Pensi che questi strani personaggi, che lei non conosce evidentemente, hanno avuto l’ardire di affermare che il lupo, come superpredatore è molto utile, perché tiene sotto controllo le popolazioni degli ungulati. So che con gli ambientalisti non ha un bel rapporto, del resto come non capirla visto che anche una giovane ragazza come Greta Thunberg l’ha presa a pesci in faccia, ma almeno ascolti gli allevatori.
Ministro purtroppo lei sta simpatico agli ambientalisti come i lupi ai cacciatori, inutile nasconderlo
Pensi che anche su questo argomento possiamo usare gli stessi concetti già utilizzati per cercare di spiegare l’inutilità di ucciderli. I cacciatori non si preoccupano degli animali sbranati al pascolo, ma hanno capito che se i lupi regolano le popolazioni di ungulati loro fanno una figuraccia. Rischiando che gli chiudano il luna park sotto casa, proprio quello che hanno riempito di cinghiali. Ecco gli ambientalisti hanno problematiche un po’ più nobili: sono convinti che con le sue idee la transizione ecologica di questo paese potrebbe restare incompiuta, sospesa.
Qualcuno pensa che lei sia in accordo con i poteri forti, con le lobbies che scorrazzano liberamente in questo paese come facevano i bisonti prima che arrivasse Buffalo Bill e i suoi accoliti nel nuovo mondo. Io non lo credo, e francamente non lo so. L’unica certezza che ho, certamente peccando di presunzione, è che lei abbia sbagliato ministero. Un particolare non da poco perché lei occupa una casella nevralgica per il nostro futuro, per l’ambiente, per una speranza che abbiamo sempre in fondo al cuore.
Perdoni il tono semiserio, ma se avessi usato soltanto un tono serio avrei rischiato di diventare scortese, ed è una cosa che normalmente detesto. Però rifletta sul problema provocato dai “troppi lupi”, un concetto che avrebbe fatto accapponare la pelle a Darwin. Legga con attenzione il materiale prodotto da Lifewolfalps.eu e il completo manuale per la buona informazione Lupus in bufala, così non cadrà più in considerazioni che rischiano di minare la sua reputazione di scienziato. Dia retta, ascolti la scienza, non assecondi le le leggende dei cacciatori.
In realtà nel provvedimento deciso dalla Giunta Regionale c’è più fumo che arrosto, riaprendo da subito solo la caccia da appostamento (la peggiore) ma solo due sono le specie che interessano veramente ai cacciatori: colombaccio e merlo. Poi viene riaperto l’addestramento cani e solo dal 2 ottobre la caccia riapre completamente. Non certo un caso che questa data sia proprio il giorno prima delle elezioni amministrative, che in Lombardia vedono la grande contesa di Milano.
Quello che rende davvero insopportabile questo comportamento da pirati è la gestione della cosa pubblica fatta per interessi privati. Il voler disporre di un bene collettivo, come il patrimonio faunistico, solo per perseguire il proprio tornaconto. Un comportamento che prende a scarpate in faccia il diritto, la giustizia e i cittadini senza provare l minimo disagio. Un sistema vergognoso dove l’oggetto, la caccia, passa in secondo piano rispetto alla gravità del gesto, allo scopo clientelare che si propone.
Riaperta la caccia in Lombardia con modalità da repubblica delle banane, non da Stato di diritto
La speranza resta nella matita degli elettori, che stufi di questi mezzucci vergognosi puniscano in modo esemplare chi li usa. Essere cittadini consapevoli supera l’idea politica e entra nel merito. Valuta il modo in cui questi amministratori gestiscono. Giudica l’arroganza che traspare da decisioni e promesse, da annunci di provvedimenti illeciti. Che vengono puntualmente adottati per favorire questa o quella categoria.
Come potremo mai impedire che i fiumi di denaro che stanno per arrivare dall’Europa vengano usati per favorire gli amici, per guadagnare consenso? Soldi che dovrebbero servire a costruire una società diversa, mentre in Italia si continua a gestire secondo criteri clientelari. Molti si impegnano per il cambiamento, ma troppi remano per mantenere poteri consolidati. In una democrazia matura è solo il voto a fare la differenza, sono gli elettori che possono decidere. Seppur in un panorama politico complessivamente desolante.
Il cambiamento non passerà dalla politica, deve passare sulla politica. Nel senso che quando l’elettorato avrà voglia di capire, di interessarsi, di partecipare allora qualcosa potrà cambiare. Si potrà discutere di temi e non di sistemi, si potrò occuparsi di interessi collettivi e non personali, per l’interesse comune. Un provvedimento non deve accontentare qualcuno, in questo caso i pochi cacciatori superstiti, ma essere utile alla collettività.
Sono eletti (e pagati) per amministrare il patrimonio collettivo, non per cercare mezzucci per tenersi le poltrone.
Cinghiali a Roma che scorrazzano per le strade della capitale, con un piccolo branco molto disciplinato che irrompe nella campagna elettorale. Volendo metterla sul ridicolo si potrebbe dire che abbiamo dei problemi da porci, con candidati che dovrebbero avere soluzioni da sottoporci. Purtroppo la questione dei cinghiali in città inizia con video che diventano virali, ma finisce con fucilate che sono sempre letali. Come se non ci fosse soluzione a un problema davvero annoso.
Un problema che non si può risolvere a fucilate, perché questo sistema è molto facile, veloce e crudele, ma comunque non è risolutivo. Certo Roma o Torino non sono Calcutta, dove le vacche sacre vagano senza problemi, ma bisogna fare considerazioni più articolate. Considerando che sono decenni che gestiamo la problematica solo con i fucili, ma nulla si risolve. Di chi è la colpa? La responsabilità principale è dei cacciatori, che hanno introdotto cinghiali balcanici anni fa, più grandi e più prolifici.
Ma non sarebbe giusto dire che la colpa sia solo loro. Una responsabilità rilevante ce l’hanno gli amministratori delle città, che no riescono ad avere una gestione corretta dei rifiuti. Che per noi sono solo scarti, ma che per i cinghiali, e non solo per loro, rappresentano una fonte di cibo varia e di facile reperibilità. Non ultimi ci sono i cittadini, che confondono i cinghiali con i tre porcellini, di disneyana memoria, alimentandoli talvolta nelle aree urbane e suburbane. Pratica vietata, ma anche molto usata anche nel mondo venatorio per tenere i cinghiali “in zona” in attesa di potergli sparare.
Cinghiali a Roma, ma anche in altre città e la causa è sempre la stessa: disponibilità di cibo
La storia dei cinghiali a Roma è un evento abbastanza recente, mentre non lo è l’annosa vicenda della gestione dei rifiuti nella capitale. Una questione che avvelena i romani e che dura da decenni, causata da amministratori che hanno fatto i loro porci comodi, richiamando i suini veri. Il risultato, incredibile, è che per cercare di risolvere il problema si sono continuate a percorrere le stesse strade. Per rifiuti l’esportazione in regioni vicine ma anche all’estero, per evitare che la città si trasformi in una discarica a cielo aperto, per i cinghiali un colpo di fucile.
Dopo un tempo lunghissimo appare evidente che entrambe le soluzioni siano fallimentari. Quando i problemi si ripetono con una sequenzialità matematica occorre pensare a qualcosa di diverso, per risolverli. Sapendo che le discariche sono un disastro, sotto il profilo ambientale, e che i cinghiali più vengono abbattuti e più si alza il loro tasso riproduttivo. Su questi argomenti, che in particolare a Roma stanno condizionando la campagna elettorale i candidati balbettano soluzioni senza averle. E la sindaca Raggi denuncia la regione per la mancata gestione degli animali.
Le scene di degrado che riempiono e hanno riempito giornali e telegiornali non sono una colpa dei cinghiali. Se i cassonetti non vengono svuotati i cittadini depositano i rifiuti in giro, talvolta gli danno fuoco, creando problemi di sicurezza e sanità pubblica ben più seri. E i candidati a sindaco di Roma non sanno bene che pesci prendere, come si capisce leggendo l’articolo pubblicato sul Sole 24ore. Quel che è certo è a tutti appare comodo poter deviare il focus della problematica dalla pessima gestione dei rifiuti ai cinghiali. Che diventano un facile capro espiatorio.
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