Animali: inchiesta di Presa Diretta sul nostro rapporto con cani e dintorni, fra amore e crimine

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Gli animali e l’inchiesta di Presa Diretta, la trasmissione d’inchiesta di RAI 3: forse troppa carne al fuoco fanno si che l’indagine un po’ si diluisca nel costume. Rivelando eccessi del nostro rapporto con gli animali da compagnia, ma anche mode, traffici, delinquenza e pericoli per la salute. La trasmissione ha messo sul tavolo molti argomenti, giocando forse un po’ troppo su piani diversi, molto differenti fra loro, cosa che ha fatto sorgere qualche polemica. Non sempre ingiustificata, pur apprezzando molto la volontà di parlare di questi temi.

Cani falchi tigri e trafficanti

Giudicando questa puntata da addetto ai lavori credo che vada promossa per l’impegno e rimandata agli esami di riparazione per lo sviluppo di alcuni contenuti. Esistono eccessi di amore, quelli che portano gli animali a essere sottoposti a trattamenti di bellezza che francamente sono discutibili, se non ridicoli. Cani completamente snaturati da padroni, nel senso letterale del termine, che li costringono a sottoporsi a costosi trattamenti di bellezza. Un mondo patinato che rivela tutte le fragilità umane e le aspettative riversate su animali costretti a subire. Maltrattati per eccesso di benessere.

Il nostro rapporto con i pet spesso non è equilibrato, costruito in una relazione solo apparentemente biunivoca dove, in realtà, gli animali spesso subiscono senza difesa. Un circolo chiuso che per alcune cose si trasforma quasi una setta, dove gli adepti difendono a spada tratta le scelte fatte, che spesso si traducono in sofferenza gratuita. Un esempio sotto gli occhi di tutti sono i cani brachicefali, tema spinoso affrontato anche dall’inchiesta “Amore bestiale” di Presa Diretta. L’allevamento e il commercio dei cani che vivono in apnea per restare eterni cuccioli. Per piacere a padroni che li adorano e sono la causa del loro maltrattano, in un rapporto d’amore malato.

Gli animali nell’inchiesta di Presa Diretta sono presentati sempre in bilico fra eccessi di amore e maltrattamenti di ogni tipo

Un mondo quello dei pet che smuove miliardi di euro, che conquista sempre più segmenti di mercato, in una società che troppo spesso parla poco con i suoi simili e si rifugia in rapporti di comodo. I cani amano il proprio custode senza riserve, non possono giudicare, non possono sapere delle umane debolezze. Una favola simile a quella di Cappuccetto Rosso, dove si dice che il lupo abbia occhi grandi per guardare meglio la bambina, mentre per i bulldog questo difetto è stato esasperato solo per piacere. Occhi frontali grandi come quelli umani, un aspetto da cucciolo e un nasino appena accennato, che purtroppo gli impedisce di respirare.

Cani che abbiamo modificato geneticamente compiendo un percorso inverso a quello che avrebbe fatto l’evoluzione. Per creare animali che assomiglino a eterni bambini sono stati incrociati i soggetti peggiori, quelli portatori di caratteristiche che racchiudono sia desideri estetici che patologie severe. Animali che non dovrebbe essere permesso far riprodurre, che andrebbero fatti estinguere dolcemente per non perpetuare la sofferenza. Una richiesta che i veterinari fanno da tempo, inascoltati. Mentre questi cani continuano a essere allevati in sordidi posti in angoli sperduti dei paesi dell’Est Europa, diventati i leader di questo mercato. Che dovrebbe fare orrore e che invece risulta essere florido e fiorente.

L’inchiesta di Presa Diretta ad alcuni non è piaciuta, come a Roberto Marchesini, perché ha toccato troppi punti e talvolta in modo sommario o, secondo Marchesini, addirittura mistificante. Senza affondare come forse avrebbe potuto, per mancanza di tempo, per vastità di argomenti e anche perché entrava in un mondo forse non così ben conosciuto. Argomenti già visti in TV, trattati anche con maggior piglio da Sabrina Giannini, che non sempre trovano le giuste casse di risonanza, perché quello degli animali rappresenta una sorta di mondo di mezzo.

La tratta dei cuccioli, il maltrattamento genetico, il commercio senza freni e senza controlli sono temi ancora poco indagati

Una realtà composita, che comprende, inevitabilmente, anche sostenitori di diverse associazioni, che in Italia sono molto tiepide nello scontrarsi con i proprietari, con le star e con gli influencer, che hanno reso questi animali veri oggetti del desiderio. Purtroppo mai soggetti di diritto, nonostante il recente inserimento degli animali in Costituzione.

Presa Diretta, trasmissione di giornalismo investigativo ha avuto il grande merito di aver svelato tanti altarini, proprio come Report sempre su RAI 3. Ma questa volta è stata meno graffiante e incisiva di quanto si sperava. Così il risultato finale è stato una via di mezzo fra un’inchiesta e un’indagine sul costume, che ha un poco scolorito il tema dei diritti e della sofferenza. Puntando molto sui rapporti malati che abbiamo costruito con gli animali che, per amore o per forza, condividono le loro vite con la nostra. Senza purtroppo affrontare temi scottanti come randagismo e canili.

La strada è ancora lunga e speriamo che altre inchieste seguano e indaghino questi temi. Il traffico, lo sfruttamento, il commercio e il maltrattamento genetico sono creati dalla domanda. L’offerta, quella dei trafficanti e di chi lucra su vite, è modulata su quello che le persone chiedono. E se Matilda, il bulldog francese di Chiara Ferragni, ha centinaia di migliaia di follower sulla sua pagina Instagram questo contribuirà a far aumentare sempre più la domanda. Persone che vogliono possedere queste razze, senza conoscere, senza giudizio e senza criterio. Figlie di un tempo dove molto, se non tutto, è solo apparenza.

Grazie comunque a Presa diretta per aver trattato un tema scottante

Bisogna riuscire a fare educazione, anche attraverso le trasmissioni d’inchiesta e il giornalismo investigativo, ma con maggior tempo per affrontare i problemi che sono molti e più complessi rispetto a quanto appare. Nel grande mare del rapporto fra uomo e animali da compagnia si annida molta più sofferenza di quanto ci si possa immaginare. Che non può essere cancellata dalla devozione o dalla replica di riti umani, come la sepoltura in cimiteri per animali.

Dobbiamo imparare a seppellire per sempre i maltrattamenti inflitti agli animali per il nostro egoismo. Ringraziando trasmissioni come Presa Diretta quando portano nelle case italiani spezzoni di un modo sconosciuto a molti. Un contributo importante dato all’informazione su temi spesso trascurati, come i diritti e il benessere degli animali.

Bulldog francese senza pelo: l’ultima frontiera del maltrattamento genetico destinata a un mercato fuori controllo

Bulldog francese senza pelo
Foto tratta da un profilo social pubblico

Bulldog francese senza pelo offresi, per accontentare clienti che cercano cani sempre più particolari, senza preoccuparsi del loro benessere. Recentemente il giornale britannico The Guardian ha pubblicato un articolo proprio sui bulldog nudi, prevedendo che questa possa diventare una nuova moda. In questi anni, grazie anche alla complicità di famosi influencer, questa razza è diventata una delle più popolari sul mercato dei pet, nonostante i molti problemi. Animali che soddisfano i canoni estetici di chi li acquista, ma che purtroppo non soddisfano alcun criterio che possa fargli condurre una vita normale.

Sembra che questa nuova forma di maltrattamento genetico, che purtroppo non viene ancora considerato un crimine contro gli animali, venga dalla Cina. Dove già esiste da secoli una razza di cane nudo, che però non ha avuto successo fuori dall’Oriente, se non per un mercato fortunatamente molto piccolo. Con il bulldog francese il rischio è che questo fenomeno possa prendere piede e già una cucciolata è nata proprio nel Regno Unito. Destando ulteriori grida d’allarme dei veterinari britannici, che già da tempo chiedono di vietare l’allevamento delle razze brachicefale.

La richiesta dei veterinari è rimasta come spesso accade inascoltata e così, anziché dirigersi verso un divieto, si è aggiunta una nuova sofferenza. Sembra che sul bulldog francese si siano concentrati i difetti peggiori, per accontentare clienti che spesso non vogliono avere un cane, ma un bimbo a quattro zampe. Chi compra queste razze con il muso sempre più schiacciato, gli occhioni grandi che conferiscono un aria da eterno cucciolo, difficilmente cerca davvero un cane. Cerca di possedere un essere vivente che soddisfi esteticamente i bisogni emotivi, assicurando nel contempo il possesso di uno status symbol. Decidere di dividere la cita con un cane è davvero un’altra cosa.

Bulldog francese senza pelo per soddisfare i bisogni dei clienti allergici, degli stravaganti, degli esibizionisti senza criterio

I cani brachicefali per la conformazione del loro muso sono animali che fanno fatica a respirare. Più il muso è schiacciato e più una funzione vitale come il respiro risulta compromessa. La conseguenza è che questi cani non possono condurre una vita normale, sono spesso soggetti a subire operazioni chirurgiche per migliorare la respirazione. Animali che patiscono in ogni stagione della loro vita, a causa di una selezione delle caratteristiche fisiche peggiori fatta in nome dei desiderata dei loro padroni.

Ora a queste caratteristiche estreme sembra potersi aggiungere anche la varietà senza pelo, quasi che per il cane fosse un impiccio e non rappresentasse una necessità. Il pelo funge da isolamento, un fattore particolarmente importante in un cane che a causa della conformazione fisica teme tantissimo il caldo. Ma avere la pelliccia protegge anche la cute dalle scottature, che possono avere effetti veramente gravi. Secondo i veterinari queste razze sono già soggette a una serie infinita di patologie. Che colpiscono dagli occhi alla colonna vertebrale, senza aver bisogno di essere portatori di ulteriori problematiche.

Quando si assiste a reiterate alterazioni delle caratteristiche di un animale, finalizzate esclusivamente a compiacere chi lo acquista compromettendone la qualità della vita, questo deve essere classificato come maltrattamento. Non deve essere considerato come un capriccio della moda, perché altera le caratteristiche fisiche di un animale causando gravi sofferenze. Se venisse compreso questo semplice concetto cambierebbe radicalmente anche il modo con cui osserviamo questi animali, e soprattutto chi li possiede. Che sarebbero visti proprio con lo stesso biasimo che oggi la maggior parte delle persone prova guardando una persona che indossa una pelliccia.

Dove non arrivano sensibilità e riprovazione deve poter arrivare una norma che vieta la commercializzazione di questi animali

Quando gli acquirenti sembrano non capire che un cane non è un oggetto con un fine estetico, mentre il mercato degli animali maltrattati geneticamente cresce a dismisura, pare evidente la necessità di cambiare strada. Quando il buon senso sembra essere perdente occorre imboccare una via normativa, che impedisca riproduzione e commercio di razze maltrattate geneticamente. Fino ad arrivare a un’estinzione dolce di tutte quelle razze create dall’uomo senza rispettare le loro necessità fisiologiche.

Da decenni si alzano voci che spiegano i maltrattamenti subiti dagli animali a muso schiacciato. Allarmi che non vengono ascoltati, proprio come non sono tenuti in considerazioni i consigli per non alimentare il traffico di cuccioli della tratta. Inutile quindi sperare in un’autoregolamentazione di questo settore, visto che il fallimento di questo percorso è definitivo e netto. Il legislatore deve rivedere in modo complessivo le norme che riguardano il benessere animale, estendendo il campo della tutela a fattispecie che ora non sono contemplate.

Prima che per le strade delle grandi città inizino a riempirsi di bulldog francesi glabri, senza poter prevedere che cos’altro si inventeranno commercianti e allevatori per sfruttare al meglio ogni nuova nicchia di mercato.

Il commercio di animali esotici selvatici non si ferma, nonostante la pandemia

commercio animali esotici selvatici
Genetta – foto di repertorio

Il commercio di animali esotici selvatici continua imperterrito, come se la pandemia non ci fosse mai stata. Un’attività pericolosa per la natura e anche per la nostra salute, che non viene contrastata grazie a un fatturato milionario. In parte perfettamente legale e conforme alle normative in vigore, in parte illegale quando coinvolge animali di specie protette. Catturate e spedite con falsi documenti, mescolate con specie lecite o più semplicemente fatte arrivare sul territorio europeo senza passare dalle frontiere. Come abbiamo descritto nel libro “Cani, fachi, tigrii e trafficanti”.

Cani falchi tigri e trafficanti

Una realtà fotografata anche nella trasmissione “Indovina chi viene a cena” di Sabrina Giannini, che ha mostrato i controlli su queste importazioni. Filmando quello che succede a Fiumicino in una qualsiasi giornata di lavoro del nucleo CITES della Guardia di Finanza. Che nonostante l’impegno non riesce a verificare più del 10% di animali e derivati in transito. Animali vivi destinato al mercato dei collezionisti, che li custodiranno tutta la loro pessima vita in condizioni di assente benessere. Proprio come è avvenuto il trasporto delle genette riprese all’aeroporto dalla trasmissione di Rai3, in condizioni di maltrattamento che avrebbero dovuto far scattare una denuncia e non solo un controllo sull’importazione.

Eppure, nonostante la pandemia, e nonostante la certezza che i virus che ci colpiscono ciclicamente siano veicolati all’uomo attraverso gli animali, il traffico non si arresta. Continua solo sotto traccia, perché durante questi lunghi mesi molti problemi sono scomparsi dal radar dell’informazione. L’emergenza sanitaria e quella climatica hanno fatto saltare molti argomenti dai palinsesti, quasi si trattasse di problemi risolti. Ma purtroppo non è così, si tratta di problematiche accantonate, ma che non hanno trovato soluzione. Come la reale chiusura dei wet market nei paesi del Sud Est asiatico, che la trasmissione ha dimostrato non essere mai avvenuta, e comunque non ovunque.

Il commercio di animali esotici selvatici continua imperterrito, nonostante i rischi sanitari e i maltrattamenti causati

Una parte di questi animali derivano da allevamenti, mentre una parte continua ad arrivare dalle catture in natura. Secondo i dettami previsti delle norme CITES, quando gli animali appartengono a specie protette o solo rispettando i vincoli sanitari negli altri casi. Un commercio ingiustificato, che ha come scopo quello di permettere a persone con poco criterio di tenere una genetta in gabbia, o un pitone a vita dentro una teca. Per il solo piacere di averlo, senza preoccuparsi del benessere dei prigionieri. Animali che vengono inghiottiti dalle abitazioni dei proprietari e che, salvo rarissimi casi, non saranno mai controllati.

Da questo serbatoio oscuro, sempre in bilico fra legalità e illegalità, potrebbero uscire nuovi virus o mutazioni di quelli che già ci hanno cambiato la vita. E non rassicura sapere che le “partite” di questi animali, una volta giunte nel nostro paese sono sottoposte a quindici giorni di quarantena. Secondo una pratica che l’epidemia di Sars-Covid19 dovrebbe aver scardinato per la sua inutilità, se fatta per la tutela della salute umana. I virus convivono con molti animali selvatici, in equilibrio, ma quando fanno il salto di specie allora diventano pericolosi, mortali, pandemici. E la quarantena diventa un provvedimento inutile.

Eppure nonostante queste evidenze né la Comunità Europea, né il nostro governo ha pensato opportuno chiudere il meno necessario fra tutti i mercati. Quello degli animali selvatici vivi da tenere come pets. Stessa mancanza di azione nei confronti degli allevamenti di animali da pelliccia: il Ministero della Salute ha solo disposto, per ragioni sanitarie, un temporaneo divieto, ma quello totale e permanente, nonostante le promesse non è mai stato disposto.

Quanto tempo ancora ci vorrà per ritenere immorale e vietato costringere animali non domestici in cattività, per puro diletto?

Il commercio di animali selvatici, siano allevati o di cattura, li espone a inutili sofferenze, mette in pericolo la biodiversità, rischia di causare problemi seri alla salute umana. Eppure, considerando che muove milioni e milioni di euro, non si è mai arrivato alla decisione di vietarlo. Un paradosso in un momento come questo, dove ci dovrebbe essere la massima attenzione verso ambiente e salute. In un periodo nel quale l’attenzione dell’opinione pubblica verso i diritti degli animali è in costante crescita. Ma tutto questo non è sufficiente a fermare il business di questo assurdo traffico.

Il commercio di specie animali selvatiche, anche se non protette perché in pericolo di estinzione, oppure non consentite in quanto pericolose, dovrebbe essere comunque vietato. Per buon senso laddove non basti il rispetto, per evitare inutili maltrattamenti agli animali, proprio quelli che abbiamo ritenuto esseri senzienti per poi continuare a comportarci esattamente come prima.

Caracal scappa dal campeggio a Figline Valdarno, una storia illegale già vista

Caracal scappa campeggio Figline

Caracal scappa dal campeggio a Figline Valdarno, ma in Italia non sarebbe mai dovuto esserci. Invece ne sono arrivati ben due al seguito di una turista polacca che ha pensato di portarseli in vacanza, proprio come se fossero dei gatti. In Italia la detenzione di un caracal è per fortuna vietata dalla legge da moltissimi anni, a seguito del decreto sugli animali pericolosi. Questo però non ha impedito alla turista di entrare nel nostro paese e di portare la coppia di felini in un campeggio toscano come se niente fosse.

Cani falchi tigri e trafficanti

Una storia che ha dell’incredibile considerando che un caracal non passa inosservato. Una coppia di linci del deserto, come vengono spesso chiamati i caracal, suscita curiosità essendo vietato da più di vent’anni tenere questi animali. Una vicenda con tante analogie con un episodio seppur senza fuga dell’animale, che era già successo a Milano qualche anno fa. Come raccontiamo con Paola D’Amico nel nostro libro “Cani, falchi, tigri e trafficanti”, dove viene narrata la vicenda giudiziaria di Grum, un caracal che girava a Milano al guinzaglio di una ricca signora bulgara.

Nei paesi dell’Europa dell’Est il caracal e i suoi incroci con il gatto, che danno vita al caracat, sono animali molto richiesti. Costano migliaia di euro e sono diventati uno status symbol per i nuovi ricchi. Animali selvatici che vengono addomesticati, senza per questo diventare domestici, e tenuti come pet, per stupire, per la loro bellezza, per il gusto di avere un pezzo di natura in salotto.

Caracal scappa dal campeggio a Figline, ma sui giornali la notizia stranamente non diventa virale

Il caracal lascia il campeggio scappando dalla custodia della sua padrona il 3 settembre. Inizia a vagare per la zona e solo dopo qualche giorno la padrona informa le autorità della fuga, portando sulle sue tracce i Carabinieri Forestali. Il felino, a cui tutti a questo punto danno la caccia, viene avvistato e catturato solo sei giorni dopo. Nonostante la sua giovane età, essendo un animale selvatico, se la cava benissimo, non finisce sotto le macchine e non torna dalla padrona. Viene recuperato, secondo fonti di stampa, da personale dell’associazione Amici della Terra, che prima lo avvistano e poi riescono a farlo cadere in trappola.

Al momento risulta che l’animale recuperato sia stato messo sotto sequestro e la sua proprietaria denunciata, mentre non si hanno notizie del secondo felino. Che avrebbe dovuto finire anche lui sequestrato e successivamente confiscato, proprio come il caracal fuggito alla proprietaria. Questo prevede la legge: la detenzione è vietata in Italia, come lo sono il commercio e l’introduzione sul nostro territorio. In base al decreto che vieta la detenzione degli animali pericolosi per la sicurezza e l’incolumità pubblica, nei quali sono compresi tutti i felini selvatici.

Lo stesso iter che segnò la sorte del caracal milanese, che però prima fu affidato a un centro, ma poi venne riconsegnato alla proprietaria. Seppur in affidamento giudiziario e con l’obbligo di custodirlo presso l’abitazione . Dopo pochissimo tempo, però, la proprietaria violò le disposizioni del magistrato e lo riportò in Bulgaria, dove la detenzione è purtroppo considerata legale.

Fra poco dovrebbe entrare in vigore il divieto di commercio degli animali selvatici

Il divieta arriverà per gli effetti del regolamento 429/2016 della Comunità Europea, entrato in vigore in Italia solo nel mese di aprile del 2021, a seguito dell’approvazione della legge 53/2021. Che ha riconosciuto come il commercio degli animali selvatici e esotici aumenti le possibilità di trasmissione dei virus. Mancano però i decreti attuativi del regolamento che non sono state ancora emanati dal Governo, che dovrà farlo entro l’aprile del 2022.

La pandemia dovrebbe averci insegnato la necessità di separare le nostre vite da quelle degli animali selvatici. E il buon senso dovrebbe averci fatto capire che tenere questi animali in casa sia contro la loro indole, sino a poter essere considerato un maltrattamento. Un’idea non condivisa dagli appassionati di animali esotici, che vorrebbero poterli detenere liberamente. Senza chiedersi se siano in grado di offrire condizioni di reale benessere agli animali costretti a vivere nelle loro case.

Se il regolamento trovasse rapida applicazione in tutti i paesi della UE, commercio e detenzione di moltissime specie animali finirebbero. Evitando la prigionia a centinaia di migliaia di animali che sono letteralmente “consumati” ogni anno dal mercato. Un bene per gli animali, ma anche per la salute umana, inutilmente messa a rischio da un traffico insano e pericoloso.

Stop Finning salva gli squali da una morte atroce, ma anche l’equilibrio di mari e oceani

stop finning salva squali

Stop Finning salva gli squali da una morte atroce, ma anche l’equilibrio di mari e oceani che non possono permettersi certamente di perdere questo superpredatore. Gli squali sono vittime di una pesca feroce e sono ricercati soprattutto per le loro pinne. Che sono usate nella cucina orientale e non solo, ma anche in molti preparati della medicina tradizionale. Per questo spesso vengono pescati, issati a bordo, privati delle pinne e rigettati ancora vivi in mare. Una pratica crudele e dannosa.

Cani falchi tigri e trafficanti

Contro questa barbarie, che mette in pericolo la biodiversità di mari e oceani, è stata avviata un’ICE (iniziativa dei cittadini europei). Una petizione che vincola la Commissione Europea a occuparsi del problema e a sottoporlo al Parlamento. Non la solita raccolta firme su una delle tante piattaforme quindi, ma una forma ufficiale di cittadinanza attiva. Dietro l’hashtag #StopFinningEU c’è una coalizione che ha attivato questa iniziativa per salvare gli squali.

stop finning salva squali

Stop Finning salva gli squali se i cittadini europei esercitano i loro diritti

Recentemente un’altra ICE europea ha ottenuto un pieno successo. Grazie all’impegno di tutti i cittadini europei che hanno firmato la petizione #EndTheCageAge. Dal 2027 sarà vietato allevare animali in gabbia negli allevamenti e questo successo migliorerà le condizioni di vita di centinaia di milioni di animali. Ogni anno! Per questo è importante che tutti si attivino per dare voce a questa petizione, che fino ad ora ha raccolto troppo poche firme: solo 247 mila sul milione di sottoscrizioni richieste. Con soltanto due paesi che hanno raggiunto il numero minimo di sottoscrizioni richieste per ogni paese: Francia e Portogallo.

Gli squali stanno a mari e oceani come i lupi a boschi e praterie: sono super predatori utilissimi e necessari per il mantenimento degli equilibri degli ecosistemi marini. La sovrapesca li sta mettendo in serio pericolo in tutti i mari del mondo, ma anche bracconaggio e pesca illegale contribuiscono a questa mattanza. Una firma rappresenta un aiuto concreto per ottenere un cambiamento e ognuno è importante.

Ogni voto conta, ogni cittadino è importante. Per questo è importante la massima condivisione di questa petizione che al momento sta ricevendo meno adesioni del necessario. Forse perché i pesci e i mari non riscuotono la stessa attenzione degli animali e degli ecosistemi delle terre emerse. Invece non perdiamo questa occasione di svolgere un ruolo di cittadinanza attiva e di far sentire la nostra voce!

Cattivi proprietari creano cani aggressivi

Cattivi proprietari creano cani aggressivi

Cattivi proprietari creano cani aggressivi e questo è un dato di fatto che non può essere smentito. Però anche la sottovalutazione del problema e della sua origine ha un’importanza non secondaria nella mancata prevenzione degli incidenti.

Si prova sempre una grande tristezza quando cani, di qualsiasi razza, causano la morte di un essere umano e di un bimbo in particolare, per poi finire uccisi durante i tentativi di soccorso. I fatti di cronaca forniscono uno spunto per parlarne ma le considerazioni che seguono non si riferiscono a questo episodio in particolare. Responsabilità e omissioni, se ci sono state, saranno valutate dalla magistratura.

Sono convinto che non ci siano cani aggressivi ma che solo cattivi proprietari creano cani aggressivi. In parte senza rendersene conto in un deficit educativo e di rapporto, altre volte perché esiste una precisa volontà di usare i cani come strumento di intimidazione. Sono due tipologie diverse di situazioni che purtroppo sono l’origine di un problema comune: un cane che può diventare potenzialmente pericoloso, in particolar modo quando di mezzo ci sono bimbi e persone anziane.

Terrier e molossoidi non sono cani per tutti, ma ogni animale di qualsiasi specie, dovrebbe sempre essere gestito con responsabilità

Pitbull e simili non sono per definizione cani pericolosi, anzi, ma hanno caratteristiche peculiari che li rendono con un grande potere offensivo, dovuto in questo caso alla grande forza che possono esercitare con un morso. Per questo devono essere educati e ben socializzati. Evitando di stimolare tutti quei comportamenti che possono causare aggressività o fargli percepire il morso come un gioco.

Ma non è questo il punto che vorrei mettere sotto la lente d’ingrandimento quanto la creazione del binomio potenzialmente dannoso. Che si crea quando cani particolari, come pitbull, amstaff e dogo, ma non solo questi, sono posseduti da persone “particolari”. Che non soltanto non hanno alcuna esperienza ma, peggio, ci tengono ad avere e esibire cani aggressivi.

Quando si dice che il cane finisce con assomigliare al padrone non è che si dica un’eresia. Chi non ha visto un pitbull in mano a un balordello di quartiere, al ragazzino che si atteggia a boss, all’adulto che essendo aggressivo di suo trova bello che lo sia anche il cane? Per arrivare a chi questi cani li vuole solo per intimorire e li usa come armi improprie. Realtà che per fortuna hanno ben compreso anche molti magistrati e gli operatore di polizia.

Un cane richiede tempo e deve essere socializzato da persone capaci, in grado di educare un cane e renderlo equilibrato

Naturalmente chi cerca un cane che possa essere in grado di intimorire non sceglie un chiwawa o un carlino ma punta, diretto, su cani che effettivamente possano incutere paura. Per aspetto (ora con le orecchie lunghe meno) o per fama. Così chi ha un pitbull oppure un dogo ben educato e socializzato è costretto a combattere ogni giorno con i pregiudizi delle persone, gli stessi pregiudizi che invece accrescono l’autostima del balordo.

Queste razze di cani spesso vengono tenute in stato di semi abbandono in giardini di villette o sui balconi, nonostante i reclami dei vicini che spesso hanno più paura dei proprietari che dei cani. In una sorta di terra di nessuno al confine fra una cattiva detenzione e il maltrattamento.

In quell’area grigia che la legge non presidia, dove talvolta i cani vengono lasciati, in stato di semi abbandono, anche sulla scorta di pareri molto concilianti. Referti sul loro benessere molto edulcorati stilati da troppi veterinari, pubblici in prevalenza, che affiancano le forze dell’ordine nei controlli.

Quando non bastano o non ci sono sufficienti controlli gli animali sono sempre le prime vittime nonostante le leggende

L’aggressività di un cane non è insita nella sua razza, pur riconoscendo che, come capita agli umani, ci possano essere animali con turbe del comportamento. L’aggressività può nascere anche da maltrattamenti, da privazioni, da assenza di benessere e di socializzazione.

Tutto questo rappresenta l’anamnesi muta di un fenomeno spesso incompreso, troppo spesso tollerato e lasciato immutato. Sino a quando accadono le tragedie e allora, e solo allora, ci si interroga, escono precedenti, segnalazioni rimaste inevase.

Bisogna avere il coraggio di dire una cosa: se ci fosse più attenzione e più prevenzione dei maltrattamenti ci sarebbero meno episodi con protagonisti i cani. Non tutti gli incidenti sono causati da maltrattamenti agli animali, ma non tutti i maltrattamenti sono considerati tali sino a quando non si verifica un incidente. Il classico gatto che si morde la coda, portando poi un cane a mordere invece l’umano di passaggio.

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