Affonda nave stalla, con migliaia di pecore a bordo

Affonda nave stalla
Foto di repertorio

Affonda nave stalla con migliaia di pecore a bordo, poco dopo aver lasciato il porto di Costanza in Romania. La nave aveva a bordo circa 15.000 ovini e si è ribaltata poco fuori dal porto, forse a causa di un carico eccessivo o forse per un repentino spostamento degli animali.

Quello che è certo è la strage di animali che è seguita all’incidente, ovini che erano destinati al mercato arabo, una vergogna alla quale la Comunità Europea sembra non voler mettere freno. Le navi stalla, con molte migliaia di animali a bordo, non sono purtroppo una novità, ma sino a poco tempo fa partivano soprattutto dall’Australia e non da porti europei.

Da tempo invece la Romania è diventata un porto di partenza di questi carichi, sempre destinati al Medio Oriente. Fra le proteste delle organizzazioni internazionali che tutelano i diritti degli animali, da sempre contrarie al trasporto di animali vivi.

L’affondamento della nave stalla a Costanza deve far riflettere

L’Europa non può continuare a chiudere gli occhi sul trasporto degli animali vivi destinati alla macellazione, una delle maggiori cause di sofferenza. Occorrono politiche che mettano un freno a queste pratiche e vietino la possibilità di stipare migliaia di animali su una nave. Per arrivare vivi, in questo caso, in Arabia Saudita per essere poi macellati secondo le pratiche halal.

Devono cambiare le leggi europee che consentono deroghe sulle modalità di macellazione secondo i precetti religiosi di ebrei e musulmani. Una cosa è tutelare, giustamente, libertà di culto e di credo religioso, altra è quella di consentire che in nome della religione vengano perpetrati maltrattamenti.

La macellazione senza preventivo stordimento è una pratica barbara e inaccettabile, che non ha più una ragion di esistere essendo nata per motivazioni sanitarie. Come spesso accade con i precetti religiosi che sono scaturiti anche per ragioni diverse dalla cura dello spirito.

Il problema non è soltanto etico, ma economico: ci sono paesi che ricavano ingenti profitti fornendo ovini e bovini a questi mercati, che hanno difficoltà nell’allevamento in loco. Alimentando così una catena di sofferenze davvero non più accettabile. E’ urgente che la Commissione Europea si occupi al più presto di questo problema e del trasporto di animali vivi in generale.

Orrori al macello, reati prescritti e un bel colpo di spugna

orrori al macello
Foto di repertorio

Orrori al macello, reati prescritti e un bel colpo di spugna che cancellerà per sempre le responsabilità. Inutile invocare aumenti di pena in un paese in cui non si riescono a tenere i processi nei tempi previsti. Con una prescrizione troppo breve rispetto alla realtà di quanto avviene. Vanificando il lavoro degli investigatori, ma cancellando anche le punizioni previste per chi maltratta gli animali.

Conosco da molto tempo e sufficientemente bene il meccanismo della giustizia per non provare stupore, solo tristezza e dolore per l’ennesimo caso di giustizia negata a uomini e animali. A chi ha avuto il coraggio di denunciare e a chi ha dovuto solo subire, percosse e maltrattamenti anche prima di morire.

Un caso riportato alla ribalta delle cronache da un articolo pubblicato oggi da Repubblica, scritto da Ottavia Giustetti, con coraggio e puntigliosa precisione. Una vicenda che ha il sapore della beffa, che trasmette la sensazione palpabile di un’ingiustizia. La sentenza è prevista per il 20 novembre prossimo, ma tutto quanto non ancora prescritto lo diventerà. Sarà sufficiente fare ricorso in appello e via. Senza bisogno di aspettare la sentenza per essere certi di non aver conseguenze.

Gli orrori al macello resteranno impuniti

Nel frattempo però lo Stato avrà speso decine di migliaia di euro per non arrivare a punire i responsabili. Con un rito fatto di bizantinismi, di errori formali, di rinvii e sospensioni. Il processo penale, com’è strutturato, fornisce maggiori garanzie, troppo spesso, a chi ha le disponibilità economiche necessarie per affrontarlo al meglio.

Quelle che servono per pagare i migliori avvocati, per presentare perizie e controperizie, per poter chiamare in aula un’infinità di testi. Su una materia che non è facile da comprendere, forse, ma che alcuni giudici non vogliono nemmeno fare uno sforzo di conoscenza per comprendere la sofferenza animale.

(…)  il processo davanti al giudice Paola Odilia Meroni dovrebbe chiudersi con una messa alla prova degli imputati e con il risarcimento di una veterinaria che si era ribellata a quelle crudeltà, Raffaella Ruà. Che veniva minacciata da Roberto Chiabotto all’incirca così: “Potevi farti amare, potevi farti voler bene, adesso ti farò diventare una scribacchina a 1000 euro al mese”

Tratto dall’articolo di Repubblica scritto da Ottavia Giustetti

Inutile promettere l’inasprimento delle pene

Al di la del fatto che più che inasprire le pene sarebbe opportuno aggiungere misure di prevenzione e interdizioni, è il senso della pena che viene a mancare. La punizione non arriva e chi ha subito maggiormente, come la veterinaria che ha avuto il coraggio di denunciare, resterà un eroe civile senza giustizia. Mentre in un paese normale sarebbe soltanto una persona che ha compiuto il proprio dovere.

Usciranno senza danni o quasi anche i veterinari pubblici che dovevano controllare, che come ufficiali di Polizia Giudiziaria avevano precisi doveri. La componente con maggiori responsabilità, per il ruolo, per i doveri non assolti, per aver seguito paura e convenienza piuttosto che il rispetto delle regole imposte dal loro ruolo.

Qualcuno verrà sembra messo alla prova, avrà diritto di accedere a pene alternative per estinguere i reati. Proprio come chi ruba il cibo per fame in un supermercato o chi commette piccoli reati. Davvero difficile non indignarsi e la politica speriamo risparmi il consueto teatrino, fatto di promesse che non si concretizzano mai.

L’articolo su Repubblica va letto, con attenzione, e non solo da chi rispetta gli animali ma anche da parte di chiunque creda che la giustizia ci dovrebbe essere davvero.

Io voto alle Elezioni europee per combattere il verosimile che non è vero

Io voto alle Elezioni europee

Io voto alle Elezioni europee per combattere il verosimile che non è vero, ma anche le leggende che raccontano che i problemi italiani e europei sono lupi, orsi e migranti. Andrò a votare perché la democrazia è un valore senza prezzo, che richiede uno sforzo comune.

Io voto perché so che tutte le normative più importanti sulla tutela della fauna, degli animali da reddito e sulla difesa ambientale sono state fatte in Europa. Senza il baluardo europeo saremmo ancora senza depuratori, con le discariche, senza una tutela faunistica, che non sarà forse la migliore ma che è quella che ha costretto il nostro paese a piegare la testa sui roccoli e la cattura dei piccoli uccelli, solo per fare un esempio.

Io voterò perché ogni volta che in autostrada vedo un carro bestiame, un carro di maiali destinati al macello penso che, nonostante tutto, senza l’Europa sarebbe ancora peggio per loro, ma anche per noi. Io voto alle elezioni europee, certo con disagio nei confronti di una politica senza uomini di valore, ma penso che partecipare sia un dovere per un cittadino.

Voterò alle elezioni europee perché non credo al lupo cattivo

Non credo alle cose verosimili, come solo verosimile è la foto di questo articolo: certamente ben fatta ma falsa. Falsa anche se a prima vista sembra vera, falsa nonostante sia divertente. Come sono falsi tutti i luoghi comuni, quelli che alimentano la paura verso uomini e animali.

Quelli creati apposta per far credere che siamo in pericolo, sostituendo i rischi veri con altre situazioni dipinte come rischiose, facili da raccontare e ancor più facili da far credere alle persone.

Chi crede che la politica ambientale e la tutela degli animali sia importante potrà guardare cosa propongono i candidati al parlamento europeo. Magari valutando anche quelli proposti dalla campagna Vote for animals, che ha raccolto l’impegno di alcuni candidati all’Europarlamento, appartenenti a tutte le posizioni politiche.

Il problema dei diritti riguarda uomini e animali e non è credibile chi dice il contrario

Non si può definirsi animalisti e essere razzisti: sarebbe come voler difendere la fauna e i cacciatori, i diritti degli animali e il foie gras. Questo concetto mi appartiene come ho scritto in questo articolo (qui) e se qualcuno di chi mi legge non condivide il pensiero, può sempre smettere di frequentare questa pagina.

Il vero problema di questo secolo non sono i migranti ma i cambiamenti climatici, i danni causati dagli allevamenti intensivi, una distribuzione delle ricchezze profondamente ingiusta. Il problema di questo secolo sarà l’accesso all’acqua pulita, la riduzione dei consumi e la necessità di far crescere la conoscenza e la cultura.

Le persone devono capire che in Italia ci costano più corrotti ed evasori di quanto, tutti insieme, non potranno mai costare migranti, predatori e cinghiali, come qualcuno pretende di farci credere. L’unica cosa che dobbiamo schiacciare sotto il tallone è l’intolleranza, accompagnata dall’egoismo e dal voler a tutti costi credere che il problema non siamo (anche) noi.

La violenza corre veloce sulla rete

Se si spendesse meno tempo a insultare e a aggredire sui social per dedicare questi minuti preziosi alla lettura di un buon libro l’Italia, probabilmente, sarebbe diversa. Si capirebbe con maggior facilità che non è importante il colore della pelle o la religione, mentre è indispensabile il rispetto delle regole, della civile convivenza. Per tutti!

Quando un paese non riesce a far rispettare le regole, quando manca la certezza della pena è più facile prendersela con supposti nemici, mentre bisognerebbe sapere ammettere il fallimento. Io voto perché voglio che il diritto prevalga sulla forza, che la violenza e l’indifferenza non conquistino la nostra società.

Io credo che i diritti dei deboli, di qualsiasi specie o razza siano, vadano affermati con forza. Credo anche, però, che chi non rispetta le regole e le leggi, al di là del colore della pelle, debba essere messo in condizioni di non nuocere alla maggioranza. Chi delinque ruba il futuro di tutti e questo è un concetto che deve essere universale.

Un cane non si adotta in mezzo alla strada

Un cane non si adotta in mezzo alla strada

Un cane non si adotta in mezzo alla strada, sotto un ponte della tangenziale, in un parcheggio. Un animale non è una cosa e non basta volergli dare un futuro a ogni costo perché il desiderio si trasformi in una buona adozione. Non bisogna generalizzare, non tutte le staffette pensano solo al denaro e non sempre gli animali vengono trasportati malamente.

Questo non toglie che ci siano molti, troppi rischi quando questi animali in cerca di fortuna vengano fatti adottare malamente. Preoccupandosi più di decongestionare le strutture che non di valutare con attenzione gli incroci dei destini fra uomini e animali. I cani che non corrispondono ai desideri di chi li ha adottati spesso finiscono nei canili e li rischiano di restarci a vita. Il lato più importante non è l’aspetto ma il carattere, il comportamento e sono proprio questi fattori a far fallire spesso le adozioni.

Un cane che è in una struttura ha seguito un percorso sia sanitario che di osservazione. Gli educatori conoscono il suo carattere e sono in grado di incrociare i suoi bisogni con le necessità, ma forse sarebbe più giusto parlare di possibilità, di chi adotta. Ci sono persone che hanno il cuore grande, ma non hanno la capacità di gestire un cane problematico. Bisogna tenerne conto sempre, per questo esistono nei canili protocolli codificati per abbinare cani e richiedenti. 

Un cane non si adotta in mezzo alla strada e gli adottanti vanno selezionati

E’ vero che la situazione del randagismo al sud sia un disastro. Indegna di un paese come l’Italia, grazie a decenni di attività non fatte, di corruzione, di cattiva educazione, di mancate sterilizzazioni e chi più ne ha più ne metta. I cani però meritano qualcosa di più di una speranza di una buona adozione, hanno diritto a un affido consapevole. Un’immagine racconta l’aspetto, che  è la componente meno importante per poter sperare in una vita felice in comune. Per questo è importante che l’adozione avvenga presso una struttura.

E’ vero che al Sud molto spesso i cani sono considerati meno dei rifiuti, anche se valgono ben più dei rifiuti per quanti speculano su di loro e non sono pochi. Ma nemmeno il nord dell’Italia è il paradiso per gli animali, anche se c’è meno randagismo e maggior attenzione. Difficile però poter affermare che ogni cane che raggiunga il nord sia salvo e abbia un futuro radioso davanti alle sue zampe.

Chi vende questa condizione come una certezza ricorda un po’ le promesse fatte dagli scafisti ai migranti. Quando la disperazione rende credibile il fatto che l’Italia sia un paese ricco, accogliente e senza pregiudizi.

L’accumulo compulsivo di animali è sempre in agguato

I casi di cani maltrattati, tenuti in stato di abbandono, dimenticati nei canili non sono un’esclusiva del sud Italia. Gli accumulatori di animali sono un problema  serio e ne raccolgono a decine, proprio grazie alla rete. Persone con gravi disturbi del comportamento che, forse, sono più diffuse al nord che al sud. La dove la vita sociale è meno sfilacciata e il disagio mentale può contare su reti parentali e amicali più concrete. Grazie al cuore grande che spesso hanno le persone del sud.

Prendere un cane dalla strada, da un canile, spesso grazie a veterinari e strutture pubbliche sin troppo accondiscendenti nei confronti dei viaggi della speranza, svuota i canili ma non risolve. Non sono i furgoni delle staffette illegali, quelle che viaggiano su mezzi non autorizzati e trasportano gli animali malamente, la soluzione del problema.

Che fine faranno i cani ipercinetici, non socializzati, aggressivi, malati che vengono consegnati a adottanti senza esperienza? Persone alle quali era stato promesso un cane equilibrato, mentre si trovano, invece, con un animale ingestibile o malato? Per non parlare di quanti finiscono dagli accumulatori, di quelli che scappano appena arrivati o due giorni dopo: poveri animali incolpevoli che son giunti al nord per finire sotto la stessa auto che li avrebbe, forse, investiti al sud.

Gli staffettisti talvolta sono soltanto dei mercenari

Questi cani fanno bene solo a chi li spedisce, sia che ci guadagnino sopra, sia che servano a rendere credibili improbabili salvatori oppure a gonfiare il portafoglio di chi ne ha fatto un commercio. Quelli che si comportano come i trafficanti di cuccioli. Benefattori muniti di Postepay per ricevere pagamenti in nero, che consegnano i cani nelle piazzuole autostradali.  Senza scrupoli, pur sapendo che un cane non si adotta in mezzo alla strada, e tantomeno si fa adottare in sicurezza a bordo autostrada.

Benissimo i cani mandati dal sud al nord, ma solo presso strutture dove chi vuole un cane possa conoscerlo, ma anche essere valutato. La scelta di un compagno con il quale condividere la vita non è cosa da prendere alla leggera. Una persona responsabile sa che deve adottare il cane adatto alle sue abitudini di vita, alle sue capacità e esperienza, alla sua età. Le adozioni responsabili costituiscono un vero cambio di vita per gli animali, l’unico possibile perché molto difficilmente quelli fatti adottare in modo serio ritornano in canile.

Qualcosa non funziona da troppo tempo nella gestione del randagismo e fra quelli che ci  hanno guadagnato ci sono gli staffettisti illegali. Insieme ai canili d’appalto e alle amministrazioni pubbliche spesso incapaci, alcune volte colluse. Bisogna cambiare strategia quando le cose non funzionano e i primi a doverlo fare sono lo Stato e le Regioni.

Nel frattempo resta una sola certezza: un cane non si adotta in mezzo alla strada.

La pelle degli asini vien venduta a caro prezzo

La pelle degli asini vien venduta a caro prezzo

La pelle degli asini vien venduta a caro prezzo, ma i proprietari ci muoiono dentro per una crescente domanda dei paesi orientali, in particolare la Cina. Le pelli sono usate per preparare l‘ejiao, un preparato usato nella medicina orientale.

L’organizzazione The Donkey Sanctuary, che in Italia gestisce il famoso Rifugio degli Asinelli di Sala Bielleseha lanciato il grido d’allarme all’inizio di quest’anno. Pubblicando i dati di un’inchiesta che rivelava il lato nascosto di uno sfruttamento poco conosciuto.

La popolazione mondiale di asini è in rapido declino, proprio a causa dell’aumento della richiesta di pelli (leggi qui). L’impegno dell’organizzazione è massimo per far conoscere all’opinione pubblica le reali dimensioni del problema. Ora, a distanza di pochi mesi ci sono aggiornamenti, non tutti incoraggianti.

La pelle degli asini viene usata per la medicina tradizionale orientale

In Cina la popolazione di asini è scesa da 6 a 3 milioni di animali in pochi anni e se questo ritmo di prelievo dovesse continuare in modo così sostenuto si rischierebbe di arrivare alla sua scomparsa. Senza contare quello che questo significa in termini di sofferenza per gli animali durante i trasporti e la macellazione.In paesi sicuramente con standard più bassi di quelli europei.

Per cercare di arginare il fenomeno molti passi in avanti sono stati fatti in Africa, grazie alle attività compiute da più organizzazioni in sinergia fra loro che hanno ottenuto di far cessare il commercio. Verso la Cina da alcuni stati come Ciad, Uganda, Botswana e Ghana. Ma tutto questo ancora non basta.

Occorre fare di più per impedire che comunque il commercio illegale continui, privando fra l’altro i contadini di un supporto prezioso per la loro sussistenza. Ma ora ha iniziato a esportare asini anche l’Australia, paese al centro di polemiche per le sue navi stalla e per il trasporto di animali vivi via mare.

Rischiamo di arrivare all’estinzione dell’asino in alcune zone  geografiche

Ora The Donkey Sanctuary, anche tramite il Rifugio degli Asinelli chiede un aiuto agli addetti ai lavori per raccogliere informazioni grazie a un questionario. Che può essere compilato dal loro sito (qui) nella pagina che contiene tutti gli aggiornamenti sul commercio e sul traffico di pelli. Sempre su questa pagina potrete trovare materiale per approfondire il problema.

Ci sono animali, come gli asini, che hanno pochi difensori rispetto ad altri più “importanti”. Come i cavalli oppure i cani e i gatti, che però meritano comunque tutto il rispetto e l’aiuto necessario a migliorare le loro condizioni di vita. In queste attività di educazione e sensibilizzazione il Rifugio degli Asinelli è sempre in prima linea.

La pelle degli asini viene venduta a caro prezzo ma bisogna cercare di arrestare questo mercato. Che sta costando grandi sofferenze a questo equino da sempre sfruttato dall’uomo per le sue caratteristiche di resistenza e adattabilità.

Disumani con gli animali solo per profitto

disumani con gli animali solo per profitto

Disumani con gli animali solo per profitto. Questa è la sintesi del motivo per cui un numero incredibile di animali vivi attraversa il mondo, su navi, treni e camion.

Per essere macellati poco dopo essere arrivati a destino. La logica e la necessità di non creare inutili sofferenze agli animali dovrebbero imporre che gli animali vivi non debbano essere trasportati.

Andrebbero abbattuti per obbligo nello stabilimento più prossimo al luogo di allevamento. Per non aggiungere sofferenza a sofferenza senza ragione. Ma non è così, nonostante proteste e petizioni.

La crudeltà viene messa in atto per profitto, la sofferenza causata senza nemmeno avere una possibile giustificazione, ma inflitta soltanto per motivi economici. Certo un guadagno lecito sotto il profilo della normativa, se tutti i trasporti di animali vivi la rispettassero. Però questo guadagno non tiene in conto alcuna considerazione verso etica e rispetto.

I trasporti di animali vivi verso il macello sono crudeli

L’elenco dei maltrattamenti e delle sofferenze che noi arrechiamo agli animali è uno sterminato territorio denso di indifferenza, di non considerazione e assenza della minima possibilità di avere empatia con loro. Un territorio che ci costringe a vederli distanti da noi, diversi e come tali con meno diritti e minor rispetto. Animali sempre però, animali come noi.

Contro i trasporti di animali vivi si è mobilitata mezza Europa, per far cessare questi viaggi che non sono della speranza ma soltanto della sofferenza. Gli animali da carne sono costretti a migrare, ben più degli uccelli migratori e, al contrario di questi ultimi non lo fanno per perpetuare la specie ma per trovare la morte.

Di tanto in tanto ci sono interessanti inchieste, l’ultima in termini di tempo l’ha fatta CIWF Italia che ha seguito una delle tante rotte che solcano le autostrade portando il loro carico di sofferenza, con qualsiasi tempo e con qualsiasi clima. Una situazione che ricorda, tragico parallelo, quella dei migranti umani costretti a viaggiare e morire in condizioni disumane.

Troppo tempo è passato senza che sia stata presa una decisione per limitare le sofferenz animali

Ma nulla sembra cambiare, nulla sembra avere il potere di spezzare questo circolo vizioso che non ha altre ragioni che non siano quelle economiche. Certo se tutti smettessero di mangiare carne il problema sarebbe risolto, ma resterebbe comunque il baco che ci fa accettare crudeltà inutili. Il profitto, lasciato libero di non aver che poche regole, continuerà a erodere diritti, empatia, buon senso.

Ci riflettano i consumatori, decidano almeno dove e cosa acquistare in una scala di attenzioni crescenti che un giorno potrebbe portare a grandi risultati. Non dobbiamo abbassare le braccia e dichiararci vinti, dobbiamo sempre cercare di portare avanti le giuste battaglie etiche, consapevoli che sono una chiave indispensabile per aprire la porta che si affaccia su un futuro migliore.

Per smettere di essere disumani con gli animali solo per profitto. In fondo se il maiale fosse un cane avremmo già fatto molta strada contro i maltrattamenti nei trasporti, e non solo (leggi qui).

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