La determinazione nell’insistere nella decisione di catturare Daniza, l’orsa responsabile di un dubbio episodio di aggressione avvenuto in Trentino, ha avuto il peggiore degli epiloghi, quello però che poteva essere facilmente previsto: l’orsa è morta, a causa dello stress e dell’anestesia praticata con il lancio di una siringa anestetica. La cattura dell’animale e la sua morte hanno messo tragicamente fine alla storia della povera orsa, vittima di scelte sbagliate, compiute fino dall’inizio. Una parte della popolazione delle aree interessate al ripopolamento ha contrastato da subito la reintroduzione di un grande predatore nel territorio, non comprendendo l’importanza di questa scelta per la corretta conservazione dell’ecosistema né cercando di essere lungimiranti sui vantaggi legati all’eco turismo. Come dimostra la storia di Daniza, conclusasi con la sua morte, non c’è stata la corretta capacità organizzativa e gestionale per declinare il piano di reintroduzione in modo da far accettare alla comunità questa operazione ed i politici si sono più preoccupati del consenso elettorale che non della tutela della fauna.
Quanto accaduto a Daniza, che purtroppo rappresenta l’ultimo punto sulla mappa alpina di una lunga teoria di orsi morti per le operazioni di cattura oppure abbattuti, non perchè malati o impazziti, ma soltanto per aver messo in atto comportamenti da orso: predando qualche capo di bestiame, recando qualche danno e non creando alcun danno alla popolazione: sono 150 anni che sull’arco alpino non ci sono morti per un’aggressione da parte di un orso. Bisognerà ripensare sulle modalità di gestione del progetto Life Arctos per non continuare a far pagare agli animali incapacità gestionali dell’uomo, calcoli politici e anche un’eccessiva accondiscendenza verso quei movimenti che non vogliono avere grandi predatori sul nostro territorio.
L’autopsia dirà quali sono le esatte cause di morte di Daniza, ma non è difficile pensare che l’orsa presa in trappola, separata dai suoi cuccioli, abbia avuto un grande innalzamento del livello di stress causato dalla cattura, dalla paura che in un selvatico una simile azione provoca e dal sentirsi impotente verso i suoi cuccioli. Probabilmente, è naturalmente solo un’ipotesi, il personale che ha proceduto alla cattura ha deciso di sedarla, perche Daniza non sarà stata affatto tranquilla nella gabbia a tubo sapendo di essere separata dai cuccioli, impotente nel difenderli. Se così non fosse stato non ci sarebbe stato alcun bisogno di usare la tele narcosi, stante che le gabbie a tubo sono costruite per essere spostate anche su strada, come un normale trailer. Quindi qualcuno, che speriamo sia stato almeno un veterinario con esperienza di orsi, ha scelto di procedere alla sedazione, che presenta sempre un potenziale rischio per la vita di un animale, con esito fatale su un animale che probabilmente non aveva un solo parametro vitale che non fosse gravemente alterato.
Il fatto più grave è stato proprio quello di fare la scelta di catturare Daniza separandola dai suoi cuccioli: questo in un’orsa, che deve sempre difendere i cuccioli non solo dai predatori ma anche dai maschi della sua specie, crea una situazione estrema, paragonabile a quella di qualsiasi madre alla quale venissero strappati i figli. Sarebbe stato decisamente più opportuno, anche se più costoso, creare grandi recinti dove catturare l’intero gruppo composto da Daniza e dai suoi cuccioli, ma non sempre quello che è logico per chi si occupa dei diritti degli animali è logico per i nostri amministratori. In fondo la realtà è che il problema andava risolto, anche dopo l’ultimo incontro ravvicinato con un pastore in Val Barzago; episodio che dimostra, ancora una volta, la cattiva gestione del piano di reintroduzione. Il pastore infatti racconta, versione da verificare, di aver sentito un rumore di notte, di essere uscito pensando a una volpe trovandosi invece al cospetto di Daniza e dei suoi cuccioli, che avevano divelto la porta della stalla: l’agricoltore pur sapendo della presenza degli orsi non aveva una protezione elettrica della stalla, non aveva uno spray anti orso ed è uscito in piena notte dalla baita a mani nude. Una modalità di comportamento che dimostra il fatto che ai pastori non è stata data alcuna istruzione su come comportarsi: quanto accaduto, nel racconto del pastore, si può leggere nell’articolo comparso sulla pagina del Trentino del Corriere delle Alpi.
Daniza è morta per ignoranza, per superficialità, per cattiva gestione dei piani di reintroduzione: che questo porti, almeno, a capire gli errori commessi nelle modalità di gestione del progetto Life Arctos: gli orsi non possono essere immessi e poi sacrificati sull’altare della stupidità umana.
Aggiornamento delle ore 16.30
La Provincia dice di non aver catturato l’animale ma di aver utilizzato solo un fucile lancia siringhe per narcotizzare l’animale. Questa versione personalmente non convince perchè un esemplare munito di radiocollare sarebbe stato rintracciabile da tempo, mentre si è preferito aspettare che l’orsa entrasse nelle trappole predisposte per la cattura. Non si capisce proprio il motivo per il quale questa notte sia stata presa la decisione di catturarla con la telenarcosi.
Ma perché si vuol sostenere la tesi della fatalità ? Era in programma di eliminarla e così è stato fatto! Addolcire la pillola non migliora la qualità dell’intelligenza umana!