Il progetto Zero randagi in canile finalmente ribalta il paradigma secondo il quale l’unico modo per combattere il randagismo sia quello di catturare i cani e di rinchiuderli dentro un canile, spesso in attesa di adozioni che non arriveranno mai.
Una modalità di gestione del randagismo pensata su basi nuove, diverse e all’avanguardia nei modi e negli scopi, che punta a creare una grande rete sul territorio. Un sistema in grado di di dar vita a un volano positivo di situazioni che svuotano i canili, riuscendo anche a creare un indotto capace di generare profitto per il territorio e non sempre per i soliti noti.
Il progetto Zero cani in canile parte da un’idea di Francesca Toto, di Vieste, che lavora come esperta di marketing per il territorio e che pensa di poter ribaltare la solita visione del randagismo che nel tempo si è dimostrata perdente: basta cani rinchiusi, si al coinvolgimento di persone, organizzazioni, aziende e non ultimo amministrazioni pubbliche. Il progetto, partito sette anni fa, si può definire senza dubbio un’idea di successo e ora sta diffondendosi come buona pratica virtuosa.
Grazie a Zero cani in canile la zona garganica ha avuto uno sviluppo senza precedenti di strutture e realtà animal friendly, dando vita a un indotto economico interessante che coinvolge una serie di operatori turistici, ma anche ristoranti, bar, organizzatori di escursioni, lidi con cani bagnini e così via. Abbattendo in modo considerevole il fenomeno del randagismo in una zona dove questa realtà costituisce una piaga.
Ma oltre a generare utili per la comunità il progetto Zero cani in canile ha dato i suoi buoni frutti anche sulla sponda dei costi di gestione, consentendo agli amministratori locali di risparmiare ingenti fondi che prima erano destinati al mantenimento dei cani in canile. Così ora il progetto non solo è in sperimentazione nella provincia di Foggia, ma approderà anche in Campidoglio per essere illustrato il 15 febbraio come idea virtuosa di gestione del randagismo.
Il percorso tracciato da questa esperienza punta sulla costituzione di una rete di canili sanitari pubblici, che purtroppo in molti casi ancora mancano in Puglia ma anche in tantissime regioni italiane, per poter applicare quanto previsto dalla normativa nazionale in materia: identificazione di tutti gli animali tramite microchip e sterilizzazione di tutti i cani catturati sul territorio In questo modo potranno essere successivamente reimmessi in aree protette grazie alla collaborazione di attività commerciali e privati, abbattendo i costi e la sofferenza degli animali.
Questo progetto ha dimostrato, dopo anni di funzionamento, che è possibile una gestione diversa del randagismo, che non veda nella segregazione dei cani in canile l’unico modo di affrontare il problema. Quella praticata sino ad ora è stata una gestione fallimentare e perdente del problema randagismo, utile ad arricchire pochi senza risolvere il problema alla collettività.
Il fallimento di questa idea di gestione, rivelatasi decisamente fallimentare, lo dimostrano non opinioni ma numeri: quelli degli animali chiusi nei canili e i dati relativi alle risorse economiche impegnate ogni anno per tenerli prigioieri, senza essere in grado di dar loro un futuro.
Solo la sterilizzazione è in grado di contrastare in modo efficace il randagismo, non le deportazioni fra regioni meridionali, non l’invio costante di cani dal sud alle regioni del nord. Bisogna chiudere il rubinetto che gonfia il fiume dei randagi, non serve spostare i prodotti di un fenomeno che non gestito correttamente continua a rigenerarsi creando un moto perpetuo che sembra inarrestabile. Il progetto Zero cani in canile è riuscito a dimostrare l’esatto contrario.
Sono perfettamente d’accordo
Ogni animale dovrebbe essere iscritto sullo stato di famiglia.
Anche chi acquista un cane dovrebbe sottostare alle procedure di preaffido e dovrebbe essere obbligatorio che tutti i cani e proprietari degli stessi fossero iscritti ad una anagrafe. Più controlli su chi possiede animali e basterebbe che i vigili o altro personale di controllo verificasse ogni tanto se i cani che incontrano fossero con il regolare microchip. Tutto ciò potrebbe essere utile per diminuire gli abbandoni e rendere più realizzabile il progetto di abolizione dei canili
Molti pensano che quando un cane randagio viene catturato, microchippato, sterilizzato e reimmesso sul territorio come cane di quartiere diventa un cane in più presente sul territorio. Non è vero. I cani sono sempre gli stessi solo che sono sterilizzati. Non faranno più cucciolate e nel tempo il numero dei cani stazionanti sul territorio diminuirà drasticamente rendendo gestibile il fenomeno del randagismo. A Siracusa, non c’è il canile sanitario e i medici veterinari ASP utilizzano gli ambulatori dei canili rifugio convenzionati che come noto sono in soprannumero. Ciò riduce di molto il numero delle sterilizzazioni che tuttavia vengono fatte (in media 370 all’anno). Nel canile sanitario il numero delle sterilizzazioni potrebbe aumentare di molto specie nei primi anni e gli animalisti potrebbero collaborare con Comune e ASP nel monitorare i cani di quartiere e trovare nel canile sanitario un pronto soccorso immediato per le emergenze di cani investiti o cani e cucciolate debilitate.