Orsi del Trentino, deportazione di massa possibile secondo il ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto, secondo quanto comunicato dopo una riunione congiunta con PAT e ISPRA. Un’ipotesi quella della deportazione che si potrebbe definire fantasiosa, visto che non si capisce come, ma soprattutto dove, potrebbero essere traslocati gli orsi in esubero. Passa quindi un concetto di gestione del progetto basato sui numeri dei plantigradi e non sulla pacifica convivenza.
Orsi del Trentino a rischio di deportazione oppure utili strumenti per creare disinformazione?
Escludendo che possa essere la sola incompetenza a gestire il flusso di informazioni che stanno circolando in questi giorni sul tema orsi, speculando su una disgrazia probabilmente evitabile, cosa resta? La volontà di utilizzare un momento di tensione, creato dall’incidente, per potersi sottrarre alle responsabilità politiche di un fallimento, che non è certo imputabile agli orsi. Sono anni che la giunta guidata da Maurizio Fugatti non muove un dito per agevolare la convivenza pacifica fra uomini e orsi. Stimolando nei trentini la diffidenza verso gli orsi, senza creare le condizioni per vivere il territorio in sicurezza, comprendendo l’importanza dell’orso.
Il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, ha incontrato questa mattina il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti. (…) Il presidente Fugatti ha evidenziato al Ministro la necessità di portare il progetto di reintroduzione dell’orso in Trentino, risalente al 1999, al suo obiettivo originario. Il ministro ha confermato la piena collaborazione del Ministero dell’Ambiente e ha raccomandato al presidente Fugatti la massima condivisione con Ispra delle procedure che porteranno all’individuazione dei soggetti ritenuti potenzialmente pericolosi per l’uomo, già responsabili di atteggiamenti aggressivi, nei confronti dei quali il presidente della Provincia ha la facoltà di adottare misure di abbattimento.
Tratto dal comunicato stampa della Provincia Autonoma di Trento
Dalla riunione emergono le due linee principali: abbattimenti e trasloco degli orsi in esubero verso una destinazione tanto sconosciuta quanto di improbabile realizzazione. Il fatto sorprendente, seppur non nuovo, è che il ministero dell’ambiente sia schierato inopinatamente dalla parte dell’amministrazione trentina. Andando contro a ogni logica di tutela ambientale che vede nell’insegnamento alla convivenza il principale strumento di protezione. Ministro che quando parla di ipotesi come quella di traslocare gli orsi dovrebbe indicare, per serietà politica, anche dove pensa di poterli trasferire. La storia di questi orsi è iniziata con una favola per svoltare in tragedia e ora qualcuno sembra volerla far finire in farsa.
Orsi e ricorsi in Trentino sono diventati la normalità: la giunta provinciale emette provvedimenti prepotenti e le associazioni fanno ricorso. L’amministrazione quasi sempre perde davanti ai tribunali amministrativi e riceve sonori schiaffoni dalle sentenze del Consiglio di Stato. Ma non molla la presa. Una guerra santa per dimostrare ai trentini chi comanda, per cercare di non perdere consenso in una provincia dove il problema principale non sono gli orsi, ma i pesticidi. Come ogni volta dimostrano le inchieste televisive.
Questa volta al centro della contesa sono le linee guide sulla gestione degli orsi, che la provincia ha ben pensato di poter stravolgere. Scordando che tecnicamente l’autonomia concessa non può essere intesa come extraterritorialità. Gli orsi, e non solo loro, sono inseriti in un patrimonio faunistico collettivo che appartiene all’intero paese. Per questo regioni e province possono gestirlo, ma rispettando la normativa di riferimento nazionale. Senza possibilità per Fugatti e la giunta di adottare provvedimenti che gli possano consentire di abbattere un orso alla prima occasione.
Orsi e ricorsi in Trentino: scelte che sembrano costruite a tavolino per mantenere alto il conflitto senza affrontare il problema
Arriva la sconfitta presso il TAR di Trento che annulla la possibilità che sia l’amministrazione trentina, in autonomia, a decidere se abbattere un orso giudicato dalla stessa problematico? Fugatti non demorde, dando mandato all’ufficio legale di ricorrere al Consiglio di Stato contro la sentenza. Con la consapevolezza che in punto diritto la sentenza non potrà essere ribaltata. Questo gesto, l’ennesimo, serve a mostrare i muscoli a favore degli elettori, cercando di minimizzare le sconfitte e di distogliere dagli errori.
Il miglior modo per evitare scontri fra orsi e persone è quello di evitare incontri ravvicinati, come è stato detto più volte. Per ottenere questo risultato occorre un’idea di gestione intelligente e il rispetto di alcune regole. Uno dei problemi tardivamente affrontati e ben lungi dall’essere risolti è la gestione della frazione umida dei rifiuti. Quelli che noi vediamo come scarti alimentari per gli orsi sono invece risorse a basso costo energetico. Quindi se il Trentino non si dota, in tutti i Comuni interessati dalla presenza degli orsi, di contenitori di rifiuti appositamente realizzati sarà impossibile evitare che gli orsi si avvicinino agli insediamenti umani.
I conflitti con gli allevatori vanno limitati grazie a capillari sistemi di dissuasione e protezione
Oltre alla gestione dei rifiuti, che è il principale motivo di avvicinamento dei selvatici ai centri urbani, come avviene per i cinghiali, occorre proteggere e gestire gli animali al pascolo. Se i malgari si sono abituati a essere da decenni senza predatori devono rendersi conto che, per fortuna, molti predatori sono tornati, o perché reimmessi come gli orsi o in quanto arrivati spontaneamente come i lupi. Quindi se non vogliono avere perdite devono comportarsi come i loro bisnonni, che non lasciavano gli animali al pascolo senza sorveglianza.
Allevare animali in natura non può essere fatto da dilettanti drogati dai fondi europei, dati a pioggia anche a chi svolge questa attività come secondo lavoro. Una situazione che non può più essere tollerata. Contro la quale devono battersi anche le amministrazioni, senza essere conniventi con comportamenti spesso ai limiti del lecito. Difendere le comunità locali non può e non deve prescindere dal dovere di far comprendere l’importanza dell’ambiente e del patrimonio faunistico, nell’interesse anche di chi in Trentino ci vive.
Gli orsi detenuti a Casteller in condizioni di maltrattamento sono al centro di un servizio de Le Iene che racconta una realtà nota ma incredibile. Paragonandola con quanto avviene nel Parco d’Abruzzo Lazio e Molise, dove non sono stati registrati incidenti e non risultano catturati o abbattuti orsi. Sono tante, invece, le cose che non hanno funzionato nella realizzazione del progetto di reintroduzione. Che ha coinvolto amministratori di differenti colori politici nel corso di svariati anni. Pare che nessuno le voglia risolvere, sperando in un oblio che non scenderà mai. Grazie anche a servizi come quello realizzato dal noto programma televisivo e all’impegno di molti attivisti.
Ma guardate il video del servizio de Le Iene postato sulla pagina Facebook del gruppo “Convivere con orsi e lupi si può?”
L’amministrazione sta spendendo più soldi pubblici per tenere gli orsi detenuti a Casteller che per rifondere i danni causati
In questa situazione paradossale, in cui il costante maltrattamento subito dagli animali sembra non avere conseguenze. la PAT sta spendendo molti soldi per la Guantanamo degli orsi. Ben più di quelli impegnati per la rifusione dei danni agli allevatori che hanno subito qualche danneggiamento o predazione. Nonostante servizi sui giornali di tutta Europa, interventi di associazioni e inchieste televisive le certezze al momento sono solo due: la Provincia non arretra e la Procura non avanza.
Uniche notizie di rilievo sono le offerte di luoghi alternativi dove custodire gli orsi imprigionati a Casteller. Su questo fronte si è mossa anche l’associazione presieduta da Brigitte Bardot che ha dato la sua disponibilità a trasferire gli animali in un centro al di fuori dei confini nazionali. Proposte sulla quali l’amministrazione provinciale si è dimostrata possibilista, ma che non piacciono al fronte che vorrebbe vedere tornare liberi almeno gli orsi di più recente cattura.
La realtà è che la cattività per un orso è sempre una condizione afflittiva, in quanto questi animali sono abituati a occupare territori molto vasti. Arrivando a percorrere anche 40 chilometri in una sola notte. Per questo i centri, che potrebbero essere visti positivamente per orsi abituati alla cattività, provenendo magari da circhi e zoo, vengono invece osteggiati dalla maggioranza delle associazioni. Che non li ritengono idonei a garantire il benessere dei plantigradi.
Ci sono purtroppo poche possibilità che gli orsi possano tornare liberi e questa è una realtà da affrontare
Mai dire mai, sostiene qualcuno, ma liberazione di M49 e M57 pare, allo stato delle cose, decisamente improbabile. Salvo che non ci sia un imprevisto quanto improbabile intervento della magistratura, che renda improvvisamente percorribile questa strada. Ma le previsioni fosche purtroppo non si possono limitare soltanto ai tre prigionieri del centro di Casteller, perché con la primavera alle porte gli orsi riprenderanno il loro vagare. Terminato il letargo anche la loro vita riprende e le orse avranno con loro i nuovi cuccioli. Verso i quali si dimostrano molto protettive come tutte le femmine di orso, temendo aggressioni dai maschi.
Cosa succederà ancora e quale sarà questa volta la reazione della Provincia in caso di incontri troppo ravvicinati? Maurizio Fugatti e Giulia Zanotelli hanno già messo nero su bianco che gli orsi problematici potranno anche essere uccisi. Una scelta che potrebbe diventare prioritaria, considerando che l’attuale centro di detenzione non ha certamente posti liberi. Scelta che potrebbe essere adottata anche per calcolo politico: gli amministratori potrebbero decidere che la decisione di abbattere un orso possa causare minori danni, rispetto allo stillicidio di proteste che sta causando la loro prigionia.
Sarebbe necessario, invece, attuare le condizioni previste dal progetto LIFE e pensare a come realizzare rapidamente i corridoi faunistici, che consentirebbero la dispersione degli orsi su un territorio più vasto. Altra priorità non rinviabile è quella della collocazione ovunque dei cassonetti anti orso per i rifiuti. Per impedire che la loro cattiva gestione diventi un’attrattiva per gli animali e incrementi il rischio di incontri indesiderati con gli umani. Attività queste che la PAT non ha mai realizzato in precedenza, rendendosi non solo inadempiente rispetto al progetto, ma anche responsabile moralmente, e non solo, dei possibili eventi dannosi.
Orsi imprigionati a Casteller, un video realizzato dagli attivisti del Centro Sociale Bruno mostra le condizioni di detenzione. Le riprese sono state effettuate in modo illegale da attivisti che si sono introdotti nel centro, un gesto per il quale rischiano serie conseguenze. Ma quanto viene mostrato nel video, che si ritiene sia solo una parte del materiale girato, smentisce tutte le assicurazioni date sinora dall’amministrazione, che ha sempre dichiarato come idoneo il luogo di detenzione degli orsi.
Nulla a che vedere con quanto affermano invece gli amministratori pubblici, ma nemmeno con quanto hanno sempre dichiarato i veterinari. Sicuramente ci sarà un’inchiesta, per identificare i responsabili dell’accesso illegale al centro che sono stati denunciati alla Procura della Repubblica. Ora però le indagini non potranno riguardare solo l’accesso illegale, ma anche le motivazioni che hanno indotto a farlo. Senza poter scordare la relazione dei carabinieri Forestali.
Per gli orsi imprigionati a Casteller nessun letargo, contrariamente a quanto affermato dai politici
In cattività gli orsi difficilmente vanno in letargo, avendo sempre a disposizione cibo e non avendo potuto mettere in atto i comportamenti etologici tipici. Con l’aggiunta del disagio e della sofferenza causata dalla cattività in spazi ristretti, che comporta inevitabili alterazioni del comportamento. Una questione, quella degli orsi, che ha fatto oramai il giro del mondo. Compromettendo l’immagine del Trentino, senza scalfire minimamente gli intenti dell’amministrazione.
Una realtà davvero incredibile, considerando che l’assessore Zanotelli e il presidente Fugatti restano granitici sulle loro posizioni. Interpretando a loro piacimento i pareri di ISPRA, le relazioni dei Carabinieri Forestali e gli appelli che arrivano da ogni parte. Per ottenere almeno condizioni di cattività che siano accettabili e non costituiscano una fonte di maltrattamenti.
Fugatti e Zanotelli non hanno fatto nulla per mitigare il problema della convivenza fra uomini e orsi
Le uniche proposte che l’attuale amministrazione valuta come opzioni reali sono rappresentate dalle richieste di abbattimenti selettivi degli orsi. Come se tutto il problema potesse essere risolto con un colpo di fucile. In Slovenia convivono con mille orsi e ne abbattono circa il 10% ogni anno. Non hanno problemi di convivenza perché gli orsi stanno quasi sempre fuori dagli abitati. Grazie a una gestione oculata di cibo, rifiuti e di cani da guardiania.
La Slovenia ha un’estensione territoriale che è meno del doppio del Trentino, ma ha una popolazione ursina dieci volte maggiore. Eppure si parla di circa 50 anni senza episodi di aggressione verso gli umani e sono 150 che non ne avvengono in Italia. Tranne quattro episodi tutti concentrati in Trentino. Non bisogna essere etologi per comprendere che la gestione degli orsi in Trentino è stata condotta in modo pessimo.
Rifiuti e risorse trofiche sono il problema che la PAT sembra non voler capire, mettendo un’ipoteca sulla capacità di risolvere
La gestione Slovena è discutibile, ma indubbiamente non crea problemi sul territorio la presenza di un numero di orsi dieci volte superiore. La creazione di una doppia economia basata su principi opposti gestione: venatorio e turistico. Che nulla toglie al fatto che pur abbattendo 115 orsi all’anno gli sloveni convivano, nel doppio del territorio con una popolazione di orsi cinque volte superiore a quella trentina. Senza incidenti!
Per questo motivo il Re è nudo, non esistendo giustificazioni per una gestione che dopo vent’anni non è stata ancora capace di mettere in sicurezza i rifiuti. Creando le occasioni per far avvicinare gli orsi, come è successo per il giovane M57, che aveva trovato nei cassonetti il fast food capace di soddisfare i suoi bisogni. Quelli che lo hanno portato a scontrarsi con un carabiniere in vacanza, intorno alla zona di raccolta dei rifiuti. Per poi essere immediatamente catturato e recluso a Casteller.
L’amministrazione trentina non è stata capace di trasformare gli orsi né in risorse turistiche, come avviene ovunque, né, per fortuna, in trofei. In compenso questi amministratori sono diventati gli ambasciatori del Trentino nel mondo, raccontando del poco rispetto per la tutela del capitale naturale. Un esempio d’alta scuola di come avere un tesoro e riuscire a trasformarlo in una montagna di… critiche.
Per gli orsi catturati in Trentino tutto è immoto. Certo il momento è incredibilmente complesso, ma visto che, nonostante la pandemia, sembra che il tempo non manchi per le attività futili, appare ovvio che bisognerebbe dare priorità a quelle utili. Come sottrarre gli orsi selvatici di Casteller a una detenzione in condizioni insostenibili. Questa questione passa sulle teste degli animali ma è eminentemente politica e, come sempre, finisce che per questo siano i più deboli a pagare.
Un esempio è l’assessora Giulia Zanotelli, titolare della delega per la Provincia di Trento su agricoltura, foreste, caccia e pesca, che trova il tempo per occuparsi (male) degli orsi. Rilasciando un’intervista a Il Dolomiti nella quale espone teorie e progetti per la loro gestione. Sostenendo come l’abbattimento degli orsi problematici possa essere un “modo funzionale di gestione del progetto“. Una teoria che non è la prima ad agitare, sostenendo che l’eliminazione di alcuni orsi, che hanno avuto un normale comportamento ursino ma hanno creato danno all’uomo, sarebbe utile alla gestione del progetto.
Su questa ipotesi si scontrano da sempre due opposte fazioni, nelle quali militano anche persone titolate per parlare del problema. Non il politico di turno per intenderci. Omettendo di considerare però, senza per questo andare alle origini del piano di reintroduzione degli orsi, che questa non era una scelta obbligata per la Provincia di Trento e che questo tipo di azioni dovrebbero essere considerate l’ultima spiaggia. Dopo aver perseguito ogni strada possibile e eliminato le cause che sono alla base dei comportamenti indesiderati.
Per gli orsi catturati in Trentino c’erano altre alternative alla detenzione in un centro inadeguato
D’altro canto trovare delle soluzioni strutturali comporta dei costi con investimenti che la Giunta non pare intenzionata a sostenere, così la via comoda è quella del fucile: “Queste soluzioni sono molto impegnative in termini di costi – commenta Zanotelli – e non costituiscono una soluzione nel lungo periodo. In questo senso è necessario prendere in considerazione sin da subito anche l’abbattimento quale strumento funzionale alla rimozione di esemplari problematici o pericolosi”.
Tratto dall’articolo de Il Dolomiti dell’8 novembre 2020
L’assessora Zanotelli dimentica di citare una serie di colpevoli omissioni che l’amministrazione trentina ha compiuto dalla partenza di questo progetto sino ad ora. Mancanze che, per correttezza, non hanno riguardato solo la parte politica che governa in questo momento, ma anche i predecessori di diverso orientamento politico. Cosa che in fondo interessa poco sia agli orsi che ai cittadini che hanno a cuore la loro sorte. Il progetto è stato, dal mio punto di vista, carente nella parte logistica (centro detenzione orsi) e comunicativa. E i danni conseguenti a queste carenze, nel medio periodo, stanno affiorando tutti.
Un amministratore pubblico dovrebbe avere un concetto diverso della fauna, una parte del capitale naturale del paese da proteggere
Le aggressioni alle persone da parte degli orsi in Trentino sono tutte, nessuna esclusa, provocate da azioni umane sbagliate. Fatto che non stupisce considerando che neppure gli stessi operai forestali sembrano essere stati istruiti su come comportarsi incontrando un orso. Eppure basterebbe davvero poco per evitare problemi: non andare con i cani liberi nei boschi, avere una fonte di rumore come un campanellino sullo zaino, non frequentare le zone dove si sa che ci sono orse con piccoli e vietare l’ingresso alle persone, in determinate aree e in particolari periodi, come avviene in Abruzzo. Oltre alla gestione corretta dei rifiuti urbani.
Quando qualcuno si lamenta che in questo modo si viene a limitare la libera fruizione della montagna, anche se per tutelare un animale che non solo è un simbolo ma un importante componente dell’ecosistema, bisognerebbe ricordar loro i limiti che impongono i cacciatori durante la stagione venatoria. Quando un grandissimo numero di persone non sono più libere di passeggiare tranquillamente in mezzo alla natura. Per evitare il rischio, non così improbabile, di prendersi una fucilata. Sono molti di più morti e feriti per cause di caccia di quante siano le persone ferite, anche solo lievemente, da animali selvatici (escludendo le punture di api, vespe e calabroni).
Bisogna separare la gestione faunistica e quella ambientale da caccia e pesca, eliminando una contraddizione in termini
Il capitale naturale costituito dalla fauna e dalle risorse ambientali non deve continuare essere gestito da chi ha come punto di riferimento i cacciatori e i pescatori. Sarebbe come se venisse creato un ministero destinato a occuparsi, contemporaneamente, della tutela dell’ambiente e di quella dell’industria delle energie fossili. Una scelta decisamente irrazionale e illogica ma anche molto, molto poco credibile.
La prima attività dello Stato dovrebbe essere la difesa dell’ambiente nella sua interezza, per preservare un patrimonio che appartiene a ogni singolo cittadino. Senza privilegiare invece il depauperamento delle risorse per motivi ludici: la caccia non deve più essere considerata il metodo con cui regolare le dinamiche di popolazione della fauna e non deve venire anteposta alle azioni di tutela.
Una contraddizione riconosciuta da tempo in ambiente scientifico e dimostrata in modo empirico da decenni di fallimenti nel contenimento degli animali ritenuti dannosi. Soltanto che gli interessi politici e quelli economici troppo frequentemente si sovrappongono, creando danno ma anche impedendo una gestione corretta della politica faunistica nazionale.
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