Trasferito l’orso M57 in Ungheria, in uno zoo che fa spettacoli con lupi addestrati, in uno spazio davvero piccolo nel quale non è dato sapere quanti orsi siano ospitati. Una sistemazione inadatta a un orso selvatico di recente cattura, costretto a subire la convivenza con altri orsi e la pressione del pubblico. Lo zoo di Medveotthon, in Ungheria si presenta sul suo sito come una fattoria degli orsi, con lupi addomesticati, procioni e coati.
Nulla a che vedere con un santuario, né con un centro di custodia di animali in difficoltà. Soltanto una dei tanti parchi tematici con animali, che organizza spettacoli con il branco di lupi addomesticati a beneficio dei visitatori. Uno zoo che non risulta essere iscritto all’associazione europea dei giardini zoologici (EAZA), probabilmente in quanto non rispetta i parametri minimi per poter appartenere al sodalizio. Una soluzione che ha consentito alla Provincia di Trento di liberarsi di un altro orso, dopo aver trasferito l’orsa DJ3 in Germania.
Una storia completamente diversa quella di M57, sia sotto il profilo giudiziario che del benessere degli animali. Questo giovane maschio infatti è stato catturato recentemente e rinchiuso nel centro di Casteller, dopo una scaramuccia con un carabiniere in vacanza ad Andalo. Un plantigrado selvatico, che per poter subire la cattività è stato trattato con farmaci e castrato. Un orso, infatti, ha grandi difficoltà nell’adattarsi a piccoli spazi, da dividere con altri coospecifici. Un animale che non doveva essere catturato, ma semplicemente munito di radiocollare e trasferito in un luogo più idoneo. Ipotesi recentemente ribadita dal Consiglio di Stato.
E’ stato trasferito l’orso M57, in Ungheria in uno zoo non adatto a custodirlo in condizioni di benessere accettabili
Il Consiglio di Stato aveva infatti stabilito che l’orso potesse essere liberato, qualora ISPRA avesse dato parere favorevole. Smontando pezzo a pezzo la decisione dell’amministrazione trentina di catturarlo. Però oramai l’orso aveva conosciuto la sofferenza della gabbia, era stato sterilizzato e gli enti che avrebbero potuto stabilire diversamente, assumendosene il rischio, hanno deciso che non fosse liberabile. Fine della strada di M57 verso la libertà e inizio di un nuovo calvario. Forse sarebbe stato più coraggioso e pietoso praticargli l’eutanasia, che non condannarlo all’ergastolo.
Ma si sa che il coraggio è merce rara, che la politica ne ha sempre di meno. Specie quando le scelte possono influire negativamente sull’immagine di chi le adotta. Ma in questa vicenda, oltre alla sofferenza di M57, si è rotto l’equilibrio. Nella storia degli orsi trentini si sono mescolate troppe volte le carte, talvolta truccandole, talvolta facendo leva sulla paura. Senza che né la magistratura né altri organi si impegnassero per ottenere il rispetto della legge.
Qui non si parla più di animalismo, di difesa a oltranza di un orso. Questa storia parla di diritti calpestati, di leggi non applicate, di silenzi assordanti. Per concludersi, poi, con scelte inaccettabili sul destino di un orso. Una vicenda che ha reso il maltrattamento di un animale selvatico, particolarmente protetto, una situazione legale, non perseguita. Sia per M49 che per M57, costretti a vivere in un centro inadatto, sottoposti a condizioni afflittive, rivelate anche dai Carabinieri Forestali. Il rapporto è rimasto in un cassetto della Procura di Trento, al momento sembra senza né indagini né indagati. Nonostante le proteste, i ricorsi delle associazioni e le pronunce della magistratura amministrativa.
Non dovrebbero esistere zone franche, nemmeno quando si parla di animali, e la legge dovrebbe essere sempre applicata
Così non è stato, sino dall’inizio di questa storia della reintroduzione degli orsi in Trentino. Un’idea scientificamente fantastica che si è rivelata una trappola per gli orsi. Che si sono trovati, loro malgrado, in un’area fortemente antropizzata, priva di corridoi faunistici che consentissero lo il loro spostamento. Senza aver considerato, evidentemente, la filopatria delle femmine, che rende molto difficili i loro spostamenti. Le orse difficilmente si allontanano dal territorio dove nascono. E i maschi non si disperdono in modo efficace se non trovano femmine sull’arco alpino. Un progetto finanziato dall’Europa che molto probabilmente era sbagliato nei presupposti, sicuramente nei risultati.
Questo però non giustifica prendere un animale e rinchiuderlo in condizioni di maltrattamento, a causa degli errori umani. Non dovrebbe consentire agli amministratori di passare attraverso le maglie della legge, perché il maltrattamento di animali è un reato. Non spiega perché un rapporto stilato dai Carabinieri, dal quale si evince il maltrattamento, resti lettera morta. Così come sono rimasti lettera morta gli interventi, seppur illegali, dei ragazzi del Centro Sociale Bruno di Trento e le inchieste delle Iene. Per arrivare a questo tristissimo epilogo, dove l’orso, di notte per evitare contestazioni, viene portato in Ungheria, in un centro che di fatto è un luna park degli animali.
Dare il permesso al trasferimento di M57 nella fattoria degli orsi ungherese è un atto incomprensibile
La sensazione che si ricava da questa scellerata operazione è duplice: che le leggi sono uguali per tutti ma che, come diceva Orwell, non tutti sono uguali davanti alla legge. La seconda idea è che le amministrazioni, quando si tratta di difendersi a vicenda ci sono sempre, anche andando incontro a comportamenti che stridono con quanto indicato dalla magistratura amministrativa.
Questa storia, a ben pensarci, non ha soltanto mandato all’ergastolo un orso senza colpe, perché semmai bisognava rimuovere chi aveva lasciato i cassonetti dei rifiuti senza protezione. Contribuendo in modo determinante all’avvicinamento del plantigrado, che solo per questa ragione si era scontrato con un carabiniere imprudente. La decisione di deportare M57 in Ungheria è stato l’epilogo di una storia che ha mandato in frantumi il concetto di legalità e di correttezza. Sotto il profilo morale sarebbe stato discutibile, ma sarebbe stato molto più coraggioso se Maurizio Fugatti, l’attuale doge del Trentino, avesse ordinato, a suo tempo di sparare all’orso.
Si sarebbe risparmiata tanta sofferenza, qualcuno si sarebbe assunto responsabilità reali in questa orrenda tattica, che in campo calcistico verrebbe definita come una spregevole melina. L’orso avrebbe sofferto molto meno, qualcuno sarebbe magari finito sotto processo, si sarebbero chiariti molti aspetti e ci sarebbe stata un’utilità nel sacrificio dell’ignaroM57. In questo modo invece abbiamo perso proprio tutti e questo è davvero inaccettabile in uno stato di diritto.
ARTICOLO MODIFICATO IN DATA 23/12/2021
L’articolo è stato modificato nella parte relativa al parere della commissione CITES italiana, che non risultava essere obbligatorio per l’esportazione dell’orso M57. Quindi è stato rilasciato un certificato, essendo l’orso bruno in Appendice II della Convenzione CITES, ma il parere sull’idoneità del luogo di destinazione viene rilasciato dall’ente di gestione ungherese della CITES. Quindi il tipo di valutazione sull’idoneità viene assunto per quanto riguarda l’Italia solo dall’amministrazione provinciale del Trentino. Mi scuso dell’errore con i lettori e con gli interessati.
Ho più volte espresso il parere che l’eutanasia fosse la strada migliore. Per gli Orsi detenuti. Mi rispondevano che tutte le vite vanno salvaguardate. Per la prima volta leggo una presa di posizione per l’eutanasia, ma ormai è tardi. Con coro di inutili recriminazioni.❤️
Il problema è un po’ più complicato di come potrebbe sembrare, perché la decisione non è semplice. L’eutanasia è l’ultima scelta, mai la prima. Se dobbiamo però fare un discorso di tutela dalla sofferenza di un animale è un’opzione che va messa sul tavolo, senza rigettarla a priori. E’ un discorso molto lungo, che riguarda tanti aspetti, non ultimo il fatto che non si tratta di una scelta dell’individuo che la subisce ma di una decisione presa, seppur responsabilmente, da terzi nell’interesse di un soggetto che non può decidere ne esprimersi in merito.
Difficile da affrontare quando si parla di un animale sano, pericolosa perché potrebbe aprire strade di comodo non accettabili. Argomento spinoso, complesso e sfaccettato che bisognerebbe però avere il coraggio di affrontare, non in solitudine ovviamente. La mia era una provocazione, ma su questo argomento sarebbe bello poter aprire un confronto tanto coraggioso quanto temo ineludibile.
Certo è sempre più facile fare i paladini della vita che parlare di morte, ma se dobbiamo pensarci come tutori del benessere di un individuo dobbiamo avere il coraggio di fare delle riflessioni.
Questa storia orribile deve fare riflettere sull’uomo, sui difetti più che sugli errori. Ridurre i tanti spunti offerti da questa vicenda ad una discussione sull’ipotetica soluzione è riduttivo e significa continuare con la presunzione dell’uomo di avere il diritto di decidere della vita di chiunque. Così non dovrebbe essere.
Non è quello che ho scritto infatti. E non è nemmeno la soluzione del problema orsi in generale o animali selvatici. Ho sintetizzato il concetto che quando un animale diventa un involucro vuoto, destinato a una vita infelice bisogna farsi delle riflessioni. Gli abbattimenti non sono mai una chiave di risoluzione del problema ma questo è altro discorso. Qui si stava affrontando un problema etico che riguarda un singolo animale, e non certamente un metodo o una strategia. Io credo sempre che sia opportuno leggere con attenzione, perché diversamente le risposte poi non sono attinenti.
Appunto, mi riferivo più alla risposta che all’articolo.