Negli allevamenti di suini continuano gli orrori

negli allevamenti di suini continuano gli orrori

Come mai negli allevamenti di suini continuano gli orrori? Per quale ragione queste situazioni emergono quasi sempre grazie alle inchieste delle associazioni?

Queste domande restano senza risposta ma appare chiaro che i controlli siano pochi e inefficaci. Con servizi veterinari pubblici senza ricambio per il blocco delle assunzioni.

Dopo ogni scoperta di allevamenti lager la politica rassicura promettendo più severità, ma i risultati non si vedono e i maltrattamenti agli animali continuano. La situazione degli allevamenti intensivi pare essere completamente fuori controllo.

Nonostante le indagini di Essere Animali , nonostante le inchieste di diverse testate giornalistiche e televisive. Come appare chiaro dall’ultima realizzata dal TG2 della RAI in collaborazione con LAV.

Non è bastato lo scandalo che ha coinvolto il consorzio del Prosciutto di Parma, che ha fatto fuoco e fiamme per chiamarsi fuori, e non sono bastate le inchieste. Appare evidente che il problema sia nei controlli: per qualità e frequenza.

Potrebbe forse essere sufficiente una modifica della legge, realizzabile senza costi e problematiche: vengano equiparati i veterinari degli allevamenti a incaricati di pubblico servizio. In questo modo non potranno esimersi dal denunciare le irregolarità. Se non vorranno essere corresponsabili anche sotto il profilo penale.

Quando i maltrattamenti diventano una costante significa che è presente una patologia

Dove non basta il giuramento di Ippocrate e quando spesso latitano gli ordini professionali che almeno valga la norma penale. Del resto gli animali di questi allevamenti sono destinati all’alimentazione umana e quindi, chi li cura, può ben essere considerato un incaricato di pubblico servizio. Vigilando sulle condizioni degli allevamenti e sulla sanità degli animali, ma anche forzosamente sulle condizioni minime di benessere.

Occorre poi modificare le modalità di controllo che dovrebbero prevedere verifiche integrate fra veterinari pubblici, ispettori delle ASL sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, per impedire condizioni ambientali come quelle che si vedono nell’inchiesta, e Carabinieri Forestali o dei NAS. Appare evidente infatti che l’attuale sistema di controllo non sia in grado di fornire garanzie.

I controlli sugli allevamenti sono già sotto la lente della Commissione Europea, che rimprovera all’Italia il mancato rispetto delle normative comunitarie poste a tutela degli animali da reddito. Non sono sufficienti quindi le assicurazioni del ministro della Salute Grillo, che promette maggiori verifiche. Una promessa fatta da diversi ministri di vari governi, mai tradotta davvero in pratica.

Il lato economico non giustifica il maltrattamento degli animali

Questi sono i risultati di decenni di scarsa considerazione del benessere animale da parte di molti veterinari pubblici che, nel tempo, hanno contribuito a costruire errati convincimenti negli allevatori. Dando l’idea che, in nome della produzione e del profitto, gli animali potessero essere fatti vivere in modo da negare anche le seppur minime condizioni di benessere.

Del resto se il 70% degli antibiotici prodotti sono venduti in Italia nel settore zootecnico, creando non pochi problemi di antibiotico resistenza, un motivo ci deve essere. Sono proprio le condizioni di vita, talmente degradate, che impediscono agli animali di sopravvivere se non supportati da una copertura antibiotica. Sovraffollamento, stress, scarsa igiene danno origine a patologie che per essere curate necessitano di un uso massiccio di farmaci e di antibiotici.

Al di là di quello che ognuno mette nel piatto occorre che tutta l’opinione pubblica si mobiliti per ottenere migliori condizioni di vita per gli animali. Che passano anche attraverso una drastica riduzione del consumo di carne.

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