Petrolio in mare, catastrofe ambientale a Genova
Petrolio in mare, catastrofe ambientale a Genova, gravi se non gravissimi danni all’ecosistema, costi per la collettività e una buona probabilità che questo evento comprometta seriamente la stagione turistica della Liguria.
Questo il quadro provocato dalla fuoriuscita di greggio avvenuta domenica, poche ore prima della chiusura delle urne su un argomento che aveva ancora al centro il petrolio.
Nel torrente Pianega sono stati sversati, a causa di una frattura nel tubo di un oleodotto, 680.000 litri di petrolio greggio che seguendo l’orografia fluviale sono poi arrivati nel Rio Fegino che si butta nel Polcevera e da lì, nonostante gli interventi di Capitaneria, Vigili del Fuoco e Protezione Civile il greggio è arrivato al mare, come era prevedibile vista l’enorme quantità dello sversamento. Era il 2010 quando la Lombarda Petroli sversò nel fiume Lambro un misto di petrolio e gasolio che dalla Brianza, goccia dopo goccia, arrivò sempre attraverso l’orografia fluviale prima nel Po e poi a mare, quella volta in Adriatico.
Lo scenario è lo stesso, analoghe le conseguenze perché il petrolio causa sempre gli stessi danni. Con la sua vischiosità aderisce a tutto quello che tocca, in parte si emulsiona con l’acqua e si diluisce, arriva sui fondali e li impermeabilizza, impedendo la sopravvivenza della vita e avvelenando pesci e uccelli. I pesci sono i primi a morire, per la loro dipendenza con l’ambiente acquatico mentre gli uccelli restano invischiati, si ricoprono di petrolio, si intossicano sia attraverso la pelle, sia mettendo in atto l’estremo tentativo di sottrarsi all’abbraccio mortale: cercano di pulirsi e in questo modo si avvelenano irrimediabilmente. Ricordo grandi fatiche nel Lambro per recuperare cormorani e anatre imbrattate dal greggio, con grande impegno di persone e istituzioni ma con un tasso di sopravvivenza da zero virgola e poi qualche decimale.
Ancora una volta sento parlare di incidente, di disgrazia, di fatto imprevedibile, quasi come se si trattasse di un terremoto, di un meteorite che ha colpito improvvisamente la Liguria, ma non è così. Certo si è trattato di un fatto che ha prodotto danni ingenti, che avranno ripercussioni per anni sull’ambiente ma non credo lo si possa definire esattamente un incidente. Gli incidenti sono quei fatti che accadono al di là di ogni previsione, quelli che avvengono per un errore umano, una distrazione, un evento davvero imprevisto. Qui si sta invece parlando di un oleodotto, un lunghissimo tubo che attraversa chilometri e chilometri di territorio trasportando una delle sostanze più pericolose sotto il profilo del rischio ambientale, il petrolio.
In questo caso stiamo parlando di un oleodotto degli anni ’60 del secolo scorso, quando ancora mancavano le tecnologie di oggi e anche le conoscenze erano diverse. Era il periodo storico del boom e l’unica cosa importante era fare, cose e soldi, senza preoccuparsi troppo né di salute, né di ambiente. Forse per questo l’oleodotto corre vicino al fiume, certo è un pericolo ma è anche il percorso più semplice da tracciare. Allora sicuramente, ma poi sono arrivati altri disastri ambientali, si è capito il pericolo e però non si è fatto quasi nulla, perché nel nostro paese non bisogna creare troppi problemi all’industria, troppe pastoie, vincoli ambientali. Così arriviamo al paradosso che le caldaie per il riscaldamento di un appartamento devono essere revisionate ogni anno, un’automobile che abbia più di cinque anni deve fare la revisione ogni due ma un oleodotto vecchio di sessant’anni deve revisionare le tubature ogni 5 anni e per l’oleodotto della IPLOM questo sarebbe dovuto accadere fra qualche mese. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e fanno capire che ancora una volta qualcosa non va nella prevenzione, nella corretta gestione degli impianti. Sono i motivi per i quali era stato chiesto di mettere un termine alle concessioni per le estrazioni offshore, proprio per impedire che impianti estrattivi, alcuni dei quali fermi da anni, possano causare dei disastri ambientali, ma il risultato della consultazione referendaria ha vanificato la possibilità di cautelarsi da eventi come questo.
Sarebbe prudente che gli oleodotti fossero ispezionati con maggior frequenza e monitorati costantemente, messi in sicurezza facendoli viaggiare in doppia camera, per evitare dispersioni dal tubo principale. Questo darebbe nuovi posti di lavoro, certamente importanti, e non li farebbe perdere come invece potrebbe accadere dopo il disastro ambientale di Genova.