Animali, temi etici e violenza: quando la tifoseria da stadio non aiuta la convivenza

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Animali, temi etici e violenza: quando la tifoseria da stadio non aiuta la convivenza ma aumenta la diffidenza delle persone attente verso l’argomento significa aver già perso. Chi usa i social per comunicare ben conosce quanto sia respingente una comunicazione ostile e quanto spesso si debba rinunciare a rispondere malamente alle provocazioni. Sia chiaro non per buonismo, non sarebbe proprio il caso di usarlo con chi è arrogante e maleducato, ma solo per evitare che la contrapposizione verbale porti le persone normopensanti ad abbandonare il terreno. Trasformando i social da luoghi di comunicazione a teatri di lotta libera.

Le note vicende degli orsi trentini sono un esempio tristissimo, ma perfettamente calzante, dei danni compiuti dalle tifoserie emotive. Se ancora qualcuno riesce a credere che con qualche insulto a Fugatti la questione sia risolvibile forse la colpa è anche di chi non cancella questi commenti. Parimenti se vogliamo difendere la convivenza non si può dire “non toccate gli orsi”, ma bisogna anche argomentare la questione. Per non lasciare campo libero a quanti pensano che difendere un singolo orso sia inutile e controproducente perchè bisogna salvaguardare la popolazione ursina e non il singolo individuo.

Bisogna provare a ccontrastare le idee, non a combattere le persone, ma per farlo occorre un minimo di preparazione. Quando manca, e non possiamo essere informati sull’intero scibile, sarebbe meglio non lanciarsi in elucubrazioni fantasiose e, men che mai, in insulti. Personalmente non concordo che la via intelligente sia la rimozione di un orso, salvo casi davvero estremi che non rientrano fra quelli accaduti. Questo pensiero si basa sulla convinzione che la rimozione sia solo un palliativo e non insegni la convivenza. Rende concreta l’idea di un uomo padrone, che sposta e risolve, non che convive e cerca di comprendere come evitare il danno.

Animali, temi etici e violenza: certi interventi portano più acqua ai mulini degli intolleranti che non alle buone cause

Ci sono temi che scaldano gli animi più di altri e quelli che riguardano i grandi carnivori, come lupi e orsi, sono certamente fra questi. Io ne scrivo spesso, per proporre un angolo di visione, che difenderò con tenacia, ma senza avere la presunzione di avere la verità in tasca. Ho illustrato i motivi per cui ritengo che l’ipotesi di Fugatti e del ministro Pichetto di trasferire gli orsi altrove sia surreale. Spingendomi anche a dire che la competenza non pare star proprio di casa nelle due istituzioni. Come appare evidente quando affermano, per esempio, che il numero massimo di orsi previsto dal progetto LIFE Ursus fosse di 50 esemplari. Un dato smentito da tutte le altre istituzioni e dagli addetti ai lavori.

L’incompetenza porta alla supponenza, al contrario di quanto facciano conoscenza e intelligenza: non è un caso che Socrate affermasse l’importanza del “so di non sapere”. Avere il senso del limite aiuta le cause etiche, riducendo il rischio di dire o scrivere stupidaggini, specie se dette per giunta con l’arroganza dell’ignoranza. Un vero peccato poi quando questo atteggiamento scomposto, che è anche un poco urticante, viene usato anche da persone di spessore. Causando danni inutili e ben pochi vantaggi se non quelli che possono derivare dalla bulimia del proprio ego.

Bisognerebbe capire anche da che parte stia la violenza e in cosa si traduca effettivamente. Un esempio molto attuale: le attività messe in atto dalla squadra di Ultima Generazione. Che possono sembrare violente ma che in realtà sono soltanto il grido disperato che cerca di toccare il cuore delle persone, contro una politica sorda alle grida della realtà del nostro tempo. Colorare con una sostanza innocua l’acqua di una fontana non è un gesto di violenza, solo l’ultima risorsa contro scelte irresponsabili. Mettendoci la faccia, senza violenza contro le persone e senza fare danni alle cose, anche se certo si può obiettare che ripulire la fontana o il portone del Senato costa.

Bisogna saper dividere la violenza degli atti e dei contenuti dalla manifestazione, seppur colorita e colorata, di un dissenso pacifico

Sono certo che qualcuno troverà inquietante questo doppio binario, ma credo che ci sia più violenza in certi atti compiuti dai pubblici amministratori che nelle proteste di Ultima Generazione. Apprezzo sempre il coraggio di chi non si nasconde, né dietro le istituzioni che rappresenta né dietro maschere o travisamenti. Francamente vorrei che si capisse la differenza della disperazione giovanile, perché vien fin troppo facile etichettarli come pericolosi delinquenti. In un mondo dove pochissimi detengono la ricchezza e moltissimi pagheranno a caro prezzo le scelte irresponsabili fatte da altri.

Per cercare di fare buona informazione, per gettare uno spunto di riflessione sul tavolo non è detto che non si possano fare scelte di campo discutibili. Come questa di difendere le scelte barricadere dei ragazzi di Ultima Generazione, che certo può non essere condivisa, ma almeno è motivata, civilmente illustrata e pronta anche a essere rifiutata in toto. Credo però che sia importante saper riconoscere la violenza, dividerla dalla protesta civile senza usare uno spiacevole doppiopesismo. Diversamente sarebbe come spegnere la possibilità di protestare e di manifestare. Al massimo si può chiedergli conto dei costi causati dalla protesta, a patto poi che lo stesso sia fatto con tutti, a cominciare dai danni causati dalle tifoserie calcistiche.

In un tempo in cui poco è l’ascolto e ancor meno la partecipazione popolare l’importanza dell’informazione è fondamentale. L’importanza di tutto quello che fa deviare dal pensiero unico, lasciando spazio al ragionamento e alla coscienza civile. Un mondo senza valori etici, senza persone che combattono per questi valori, sarebbe davvero un brutto mondo. Peggiore di quello che abbiamo creato, noi delle generazioni che protestavano per tutto e poi si sono assopite sul divano della comodità, facendo attivismo sui social, credendoli spesso una palestra di arti marziali piuttosto che una piazza virtuale.

Nutrie e istrici: identificati i pericolosi responsabili delle inondazioni, ma è solo l’ultima barzelletta

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Nutrie e istrici: identificati i pericolosi responsabili delle inondazioni, secondo l’ultima barzelletta nostrana, assecondata anche da alcuni presunti tecnici. Gli animali sarebbero colpevoli di scavare le loro tane negli argini dei fiuni, causandone lo smottamento sotto la pressione dell’acqua. Chi avesse pensato che dietro i disastri che periodicamente devastano il nostro paese ci fossero motivazioni dovute all’incuria nella gestione del territorio e i cambiamenti climatici quindi sbaglia? Ancora una volta i veri responsabili sono gli animali e non gli esseri umani?

Quindi la frana che quindici anni fa ha devastato le aree del comprensorio di Sarno saranno state causate dalle tane scavate dai selvatici sulle pendici delle colline. Lo stesso si potrebbe ipotizzare per la rovinosa frana che pochi mesi fa ha colpito l’isola di Ischia per non parlare dei numerosi eventi calamitosi, costati la vita a decine di persone? Decisamente no, i responsabili di questi disastri non sono gli animali ma l’incuria e il fatto che divoriamo territorio senza preoccuparci delle conseguenze. Costruendo sugli argini dei fiumi, canalizzando, asfaltando, disboscando e eliminando la vegetazione di ripa, che con le radici consolida gli argini.

Siamo noi umani i responsabili di morti e devastazioni, di frane e dissesti e dei cambiamenti climatici indotti dall’Antropocene. Noi sempre sordi ai richiami che il territorio ci lancia, ma sempre pronti a scaricare responsabilità e colpe su altri, che in genere non possono obiettare. Colpevoli di un ritardo epocale nel mettere in sicurezza i territori, contando più sul valore effimero della speranza che nulla accada rispetto alla certezza di aver ben operato per evitarlo.

Non sono nutrie e istrici i pericolosi responsabili del dissesto idrogeologico italiano, ma decenni di incuria e sfruttamento intensivo

Secondo Legambiente “Da gennaio a settembre 2022 l’Italia è stata colpita, senza considerare il prossimo autunno che aggraverà ulteriormente il bilancio, già da 62 alluvioni (inclusi allagamenti da piogge intense) contro le 88 del 2021. Preoccupante anche il dato complessivo degli ultimi anni: dal 2010 ad oggi (settembre 2022) nella Penisola si sono registrate 510 alluvioni (e allagamenti da piogge intense che hanno provocato danni)“.

Dati che devono far riflettere. Cercando di non nascondere colpe e responsabilità poltiche ma, soprattutto, agendo in modo rapido e concreto. Per interrompere questa catena annunciata di disastri. Per non distruggere ulteriormente il nostro territorio, già duramente provato. Smettendo di cementificare e asfaltare ovunque, privilegiando il recupero al consumo di suolo.

Sembra che in questi tempi complessi, caratterizzati da grandi mutamenti climatici, solo pochi abbiano compreso l’importanza di guardare il pianeta come un unico ambiente. Dove uomini e animali devono poter convivere per poter mantenere gli equilibri che hanno consentito alla nostra specie di scendere dagli alberi, non certo per distruggere tutto. La progressiva scomparsa della cultura contadina ci ha trasferito in un’epoca arrogante, senza rispetto né attenzione verso l’equilibrio.

Convivere con gli orsi richiede ponti da costruire non gabbie da riempire

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Convivere con gli orsi richiede ponti da costruire non gabbie da riempire, che non servono all’uomo e creano inutili sofferenze. Non si tratta di essere dalla parte degli orsi, ma soltanto dalla parte del buon senso che richiede di trovare la giusta via alla convivenza. Senza pensare che l’uomo abbia più diritti degli altri animali, perpetuando una visione miope che ci ha portati a vivere nell’Antropocene, con pochi vantaggi all’orizzonte. Non si tratta di due tifoserie contrapposte, di fazioni che non potranno mai trovare un punto d’accordo ma di un interesse comune da riconoscere. Non possiamo trattare con gli orsi, dobbiamo imparare a ragionare con gli uomini.

Se la politica usa spesso lo strumento della disinformazione e della paura, specie per coprire inadeguatezze e colpevoli omissioni, la persone devono far sentire la propria voce. Non consentendo che affermazioni prive di senso, come la traslocazione di una settantina di orsi, possano avere credito e cittadinanza. Affermazioni fatte per incompetenza oppure scelte competenti fatte per interesse, per cavalcare la tigre dell’oggi senza sapere come affrontare il futuro di un progetto mal gestito? Dove verrebbero traslocati gli orsi, scelti secondo il criterio scientificamente improponibile del “sono troppi”?

Il progetto Life Ursus è della fine degli anni ’90 del secolo scorso e praticamente la politica ha perso un quarto di secolo, baloccandosi alla ricerca del consenso. Senza occuparsi in modo costruttivo di creare ponti per agevolare la convivenza, facendo crescere una comunità consapevole dell’importanza degli equilibri naturali. Ora che il tempo è passato i nodi vengono piano piano tutti al pettine e li pagano gli orsi ma anche le persone, come il runner Andrea Papi, morto in un incidente probabilmente evitabile. Un prezzo pagato anche da quanti gli hanno voluto bene e non sano darsi pace.

Convivere con gli orsi richiede ponti da costruire nell’interesse della nostra specie

Morte forse evitabile, se ci fosse stata un’informazione chiara, con consigli utili per convivere, invece di anni spesi a cercar di far grigliate con le zampe d’orso per lisciare il pelo ai trentini? Occorre che la politica, che come compito primario dovrebbe avere il bene comune, smetta di indossare i panni di Rambo, calandosi maggiormentei nel ruolo che la Costituzione gli assegna. In un momento dove serve poco affilare le spade, ma dove occorre saper spiegare alle persone quanto la nostra salute sia interconnessa a quella dell’intero pianeta. Promuovendo una visione a tutto tondo della vita sul pianeta.

L’approccio One Health, scientificamente ritenuto l’unico perseguibile, consiste nel considerare importante la salute globale del pianeta al pari di quella dei singoli. Il benessere individuale passa attraverso azioni collettive di convivenza responsabile, che devono essere capaci di creare percorsi virtuosi. In questi percorsi, ineludibili, non possiamo più permetterci di ragionare come fossimo i soli padroni dell’universo, ma come la parte di un tutto molto più grande. Un percorso in cui non c’è spazio per affermazioni in cui si dice che lupi e orsi sono troppi, dimostrando un’ignoranza inescusabile per un amministratore, non di un piccolo condominio ma di uno Stato.

Gli orsi in Trentino sono stati oggetti di una reintroduzione e ora conviene fare proposte ragionevoli per conviverci, anche perché i problemi non derivano dal loro numero. Come raccontano ancora una volta pessimi cantori della paura. Andrea Papi non è morto perché gli orsi sono troppi, anzi quanto accaduto è la dimostrazione opposta di questo concetto. Se non si è informati su come comportarsi frequentando zone in cui vivono anche orsi un solo esemplare è più che sufficiente per creare incontri rischiosi. Proprio come trovarsi in mezzo fra il mirino di un cacciatore e un cinghiale, come purtroppo è spesso accaduto.

La responsabiltà dell’amministrazione trentina è nell’aver promosso lo scontro fra uomini e animali

La natura sarebbe già in se armonica, una macchina perfetta per garantire una coesistenza basata sull’equilibrio che è amministrato secondo le esigenze della vita e non del denaro. L’uomo ha scelto, invece, di mettere al primo posto le questioni economiche e solo al secondo posto l’equilibrio naturale. Opzione che poteva avere un senso sino a quando le conoscenze scientifiche e l’esame delle diverse situazioni non ci avessero restituito esiti impietosi su questo modello di sviluppo. Che non può più permettersi di seguire modelli muscolari né sugli orsi, né su ogni altra questione ambientale.

Probabilmente la verità sta nel fatto che il nostro percorso sulla strada della convivenza è ancora molto impacciato, a causa di cattivi maestri e di una politica senza coraggio. Cercare di contribuire al cambiamento, senza poter fare promesse o proclami, è una via nuova quanto obbligata, che richiederà una mutazione profonda nel DNA dei nostri amministratori. Chiedere sacrifici, presentare la realtà e la complessità di questi momenti non porta subito consenso, anzi fa perdere voti. Questo è il motivo per il quale si fanno promesse roboanti, sapendo di non poterle mantenere, invece che chiudere il libro delle favole e comportarsi secondo realtà.

Il futuro è un’ipotesi, occorre cambiare perché sia veramente una certezza

La convivenza con gli orsi del Trentino è soltanto un piccolo assaggio di una lunga serie di ripensamenti, di correzioni necessarie in quel viaggio che la nostra specie sta compiendo, con alterni successi e non poche sconfitte. Il futuro non potrà essere lasciato in mano a persone come Fugatti, non per colore politico, ma per incompatibilità con la nostra presenza sul pianeta. Per vedere futuro servono statisti, non cacciatori d’orsi che sperano di fare come il pifferaio magico, portandosi dietro elettori che, grazie a una bassa qualità dell’informazione, ancora non si rendono conto dei pericoli. Diffidare da chi suscita paura, identificando sempre altri esseri viventi come responsabili di ogni problema.

Orsi del Trentino, deportazione di massa possibile secondo il ministro dell’ambiente

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Orsi del Trentino, deportazione di massa possibile secondo il ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto, secondo quanto comunicato dopo una riunione congiunta con PAT e ISPRA. Un’ipotesi quella della deportazione che si potrebbe definire fantasiosa, visto che non si capisce come, ma soprattutto dove, potrebbero essere traslocati gli orsi in esubero. Passa quindi un concetto di gestione del progetto basato sui numeri dei plantigradi e non sulla pacifica convivenza.

Da quanto emerge dalle comunicazioni appare chiaro come si voglia scaricare sull’orso ogni responsabilità, sacrificandolo sull’altare della difesa di una gestione pessima. Senza fare una valutazione sulle responsabilità della Provincia Autonoma di Trento che ha completamente omesso di fare informazione e educazione. Un brutto precedente, considerando anche il coinvolgimento di quello che una volta era il ministero dell’ambiente, che aggiunge nuove indicazioni sulla modalità di tutela faunistica scelte da questo governo.

Questo tipo di gestione ambientale sembra più mutuato dal gioco del Risiko che da reali competenza sul problema affrontato. Come dimostra l’idea di far autorizzare lo spray urticante anti orso per darlo in dotazione alle forze dell’ordine! Sembra una barzelletta ma questa decisione emerge chiaramente dal comunicato stampa della PAT, che riporta questa decisione come innovativa. Ignorando che questo tipo di dotazione sarewbbe decisamente utile agli escursionisti piuttosto che ai poliziotti, come avviene in altre parti del mondo.

Orsi del Trentino a rischio di deportazione oppure utili strumenti per creare disinformazione?

Escludendo che possa essere la sola incompetenza a gestire il flusso di informazioni che stanno circolando in questi giorni sul tema orsi, speculando su una disgrazia probabilmente evitabile, cosa resta? La volontà di utilizzare un momento di tensione, creato dall’incidente, per potersi sottrarre alle responsabilità politiche di un fallimento, che non è certo imputabile agli orsi. Sono anni che la giunta guidata da Maurizio Fugatti non muove un dito per agevolare la convivenza pacifica fra uomini e orsi. Stimolando nei trentini la diffidenza verso gli orsi, senza creare le condizioni per vivere il territorio in sicurezza, comprendendo l’importanza dell’orso.

Il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, ha incontrato questa mattina il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti. (…) Il presidente Fugatti ha evidenziato al Ministro la necessità di portare il progetto di reintroduzione dell’orso in Trentino, risalente al 1999, al suo obiettivo originario. Il ministro ha confermato la piena collaborazione del Ministero dell’Ambiente e ha raccomandato al presidente Fugatti la massima condivisione con Ispra delle procedure che porteranno all’individuazione dei soggetti ritenuti potenzialmente pericolosi per l’uomo, già responsabili di atteggiamenti aggressivi, nei confronti dei quali il presidente della Provincia ha la facoltà di adottare misure di abbattimento.

Tratto dal comunicato stampa della Provincia Autonoma di Trento

Dalla riunione emergono le due linee principali: abbattimenti e trasloco degli orsi in esubero verso una destinazione tanto sconosciuta quanto di improbabile realizzazione. Il fatto sorprendente, seppur non nuovo, è che il ministero dell’ambiente sia schierato inopinatamente dalla parte dell’amministrazione trentina. Andando contro a ogni logica di tutela ambientale che vede nell’insegnamento alla convivenza il principale strumento di protezione. Ministro che quando parla di ipotesi come quella di traslocare gli orsi dovrebbe indicare, per serietà politica, anche dove pensa di poterli trasferire. La storia di questi orsi è iniziata con una favola per svoltare in tragedia e ora qualcuno sembra volerla far finire in farsa.

Sovranità alimentare e carne coltivata vietata per legge: interessi di pochi coltivati dalla politica

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Sovranità alimentare e carne coltivata vietata per legge: interessi di pochi coltivati dalla politica a scapito di ambiente e diritti degli animali. Una battaglia economica, basata sulla volontà di avere consenso da categorie sempre molto riconoscenti nei confronti di chi li difende. Raccontando all’opinione pubblica che questa scelta radicale è stata presa per tutelare la salute dei consumatori, alterando dolosamente concetti e procedimenti. Senza contare il danno causato all’ambiente e agli animali, con pesanti ricadute sul futuro di un paese con sempre meno risorse idriche.

La decisione del governo di vietare determinati cibi parte da un’alterazione semantica: la carne coltivata non è un cibo sintetico ma è il frutto di una moltiplicazione cellulare. Che anziché avvenire in un essere vivente viene replicata in una fabbrica di proteine animali, senza sofferenza, crudeltà e morte. La definizione di “cibo sintetico” serve solo a cercare di conquistare consenso su un provvedimento assurdo, alterando la percezione nel pubblico meno informato. Sfruttando pregiudizi e disinformazione, due concetti molto cari agli allevatori e non soltanto e facendo leva sull’ipotetca tutela della salute.

Il ministro della sovranità alimentare, un termine orrendo che andrebbe sostituito con quello di equità alimentare, Francesco Lollobrigida si vanta di essere stato il primo in Europa a far passare questo divieto. Deciso nell’interesse della salute degli italiani, che però possono essere imbottiti di antibiotici usati negli allevamenti e dei pesticidi impiegati in agricoltura. Ma non devono consumare cellule animali coltivate in ambienti sterili, privi di contaminanti. Un’assurdità solo a sentirne parlare, una falsità rassicurante prodotta alterando la realtà.

Sovranità alimentare e carne coltivata: usare la paura suscitata dal cibo sintetico per ottenere consenso politico

Gli allevamenti intensivi costituiscono un caso di Pandora che dovremmo cercare di chiudere definitivamente, nell’interesse della nostra vita sul pianeta e dei diritti degli animali. Produrre carne nelle fabbriche di proteine genera una sofferenza ingiustificata ma anche una produzione che non è più sostenibile. Su un pianeta dove vivono più di 8 miliardi di persone e dove ogni anno vengono allevati, secondo i dati di CIWF, circa 87 miliardi di animali l’anno. Che consumano acqua, proteine vegetali utilizzabili per l’alimentazione umana, suolo per le coltivazioni di alimenti a loro destinati e che causano l’emissione di gas clima alteranti. Una realtà decisamente ben più preoccupante della replicazione cellulare.

Il ministro Lollobrigida, non pago di aver addomesticato malamente la semantica, si lancia anche nella difesa delle nostre tradizioni gastronomiche. Un patrimonio da salvaguardare a ogni costo. Ovviamente anche pagando il prezzo della sofferenza animale, ammesso che esista un patrimonio culturale che possa rimanere immutato nel tempo. Senza ricevere contaminazioni, influssi e innovazioni. Davvero è credibile che l’avvento della carne coltivata possa far estinguere la dieta mediterranea? Come se questo, poi, rendesse più importante la costata alla fiorentina del fatto di avere un futuro sul pianeta!

La carne coltivata, peraltro, non è ancora un prodotto disponibile in modo massivo e ci vorranno, purtroppo, anni per avere un’industrializzazione dei procedimenti che consenta di abbassare i costi. L’Italia quindi è davvero così avanti da esssere capace di vietare persino quello che ancora non è sul mercato. Senza nemmeno aspettare le decisioni degli enti regolatori europei, con un comportamento che non ha precedenti. Si può quindi tranquillamente affermare, senza tema di smentita, che fra le priorità nazionali il divieto di commercializzazione della carne sintetica sia un colpo di teatro!

Momento storico difficile, se ciò che è naturale, come il lupo, da fastidio e quello che è inquina e deforesta viene difeso

Oramai tutti sanno cosa sia l’Antropocene, quest’era geologica nella quale viviamo in cui l’uomo, in poco più di mezzo secolo è riuscito con le sue innovative tradizioni a smontare l’equilibrio planetario. Alterando il clima, generando una diseguaglianza planetaria inaccettabile, erodendo le risorse dei più deboli, distruggendo l’ambiente, Dando luogo alla più grande e devastante bomba ecologica, che quando deflagrerà per intero darà vita a fenomeni epocali, come carestie, inondazioni di terre emerse e migrazioni mai viste nella storia dell’uomo. In questo contesto decisamente non roseo, qualcuno può preoccuparsi davvero per la carne coltivata?

La salute degli italiani è in pericolo per la carne coltivata o per le farine di insetti, peraltro abbondantemente sdoganate dall’Europa, oppure altri sono i temi che aggrediscono il futuro? Continuare a stimolare la paura parlando di invasioni, di attacco alle tradizioni non risolverà i problemi, non aiuterà a percorrere la strada obbligata verso il cambiamento. Un percorso che passa proprio da un cambiamento delle nostre abitudini alimentari, che devono vedere decrescere fino a scomparire le proteine degli allevamenti.

Per questo è importante fare il possibile per aumentare la consapevolezza, facendo informazione per non farci anestetizzare da una narrazione falsa. Non fermiamoci ai titoli, non diamo per scontati contenuti, cerchiamo di essere attivi per contrastare quest’ombra buia che sembra ci stia sopravanzando.

Animali a rischio investimento sulle strade: se ne parla tanto ma si fa troppo poco

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Animali a rischio investimento sulle strade: se ne parla tanto ma si fa troppo poco per mettere in sicurezza le nostre strade. Dopo la morte dell’orso Juan Carrito, investito e ucciso da un auto in Abruzzo, il tema torna prepotentemente alla ribalta. Ma l’esperienza insegna come su questo argomento i riflettori restino accesi per poco tempo, senza riuscire a far mettere in atto le azioni necessarie per prevenire queste collisioni, che hanno quasi sempre esito fatale per gli animali e spesso anche per le persone.

Il nostro paese è molto arretrato, rispetto a altre realtà europee, nell’adozione di provvedimenti concreti per tutelare gli animali selvatici. Costretti ad attraversare le nostre infrastrutture come strade, autostrade e binari ferroviari mettendo a repentaglio la sicurezza dei conducenti e la loro vita, per mancanza di adeguati corridoi ecologici. Una strage silenziosa sulla quale esistono pochi dati: se non si verificano collisioni importanti auto/animale i continui investimenti non fanno notizia. Specie quando riguardano animali di piccola taglia come volpi, tassi, ricci, faine o altri animali di taglia medio piccola.

Eppure queste collisioni sottraggono al nostro patrimonio naturalistico un numero consistente di animali, un’impressione non corroborata da dati certi, ma dai cadaveri di animali che si osservano percorrendo molte strade. Per evitare questi incidenti esistono soluzioni immediate, come una drastica riduzione della velocità quando si attraversano aree naturalistiche, specie nelle ore notturne, e la creazione di attraversamenti sicuri. La riduzione della velocità non può essere lasciata alla scelta del singolo automobilista, che spesso ignora i cartelli di pericolo, ma può essere ottenuta con controlli automatici della velocità. I proventi di queste sanzioni potrebbero essere destinati alla messa in sicurezza delle strade mediante la creazione di attraversamenti sicuri.

Animali a rischio investimento sulle strade: servono più controlli automatizzati

L’assenza di strutture per l’attraversamento sicuro delle strade da parte degli animali è un problema serio e non soltanto per garantire la sicurezza della circolazione. Le barriere, spesso invalicabili, costituite dalle nostre reti viarie rappresentano ostacoli fisici che impediscono il libero spostamento degli animali sul territorio. Con conseguenze che impattano anche sulla loro distribuzione e sulla tutela della biodiversità, così importante per mantenere l’ambiente in equilibrio.

La morte dell’orso Juan Carrito ha privato la popolazione degli orsi marsicani, che è di circa una settantina di esemplari, di un giovane maschio che non aveva ancora raggiunto la maturità sessuale. Un danno importante quando colpisce una popolazione così piccola, di una sottospecie unica che vive in un areale molto piccolo. Ma sulla stessa statale dove è stato investito Carrito negli anni precedenti erano stati investiti e uccisi già tre orsi, mentre altri due erano rimasti soltanto feriti e qualche giorno fa è stato investito un lupo.

Una situazione di pericolo che ha costretto il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, con l’aiuto dell’associazione Salviamo l’orso, a fare interventi per la messa in sicurezza di quel tratto stradale. Pur non avendo una competenza diretta ma con il solo intento di evitare altre morti in un tratto di strada molto pericoloso. Purtroppo il giovane Juan Carrito, sempre in cerca di nuovi percorsi, ha superato le reti arrampicandosi per poi balzare sulla carreggiata, un comportamento con conseguenze fatali. Del resto gli animali sono imprevedibili e i mezzi di dissuasione, seppur indispensabili, non possono fornire certezze assolute. Mentre la riduzione della velocità resta sempre la miglior prevenzione contro gli incidenti.

Tutte le nuove infrastrutture devono prevedere corridoi per garantire attraversamenti sicuri agli animali selvatici

Occorre che sul tema delle collisioni con la fauna e sulla necessità di creare corridoi che consentano agli animali selvatici attraversamenti sicuri si passi dalla teorizzazione alla concretizzazione. Mettendo in campo normative e risorse che consentano di tradurre in realtà i mille impegni sempre annunciati e mai attuati. L’amministrazione pubblica deve concentrare i suoi sforzi futuri in massima parte sulle attività di tutela ambientale e per il contrasto al cambiamento climatico. Magari sottraendo risorse a quella gestione venatoria della fauna che ha portato zero risultati sotto il profilo pratico.

Sarebbe bello fra qualche tempo poter affermare che la morte di Juan Carrito, che tanto ha colpito l’opinione pubblica, abbia fatto da spartiacque, facendo diventare concreta l’attenzione sulla sicurezza degli animali selvatici. In questo un grande aiuto lo possono fornire i cittadini, rallentando la velocità quando si percorrono strade che attraversano ambienti naturali e evitando di fornire cibo, anche involontariamente, ai selvatici. Per evitare di condizionarli e renderli così confidenti, mettendoli in pericolo e facendo perder loro il timore nei nostri confronti, che è invece indispensabile per la loro salvezza.

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