
I protagonisti della neonata onda giovanile verde, e non solo loro, devono stare molto attenti alle trappole dei ladri di futuro.
Ora tutti identificano Greta Thumberg come il simbolo della lotta contro i cambiamenti climatici, propongono di darle il Nobel per la pace. Ma non sempre quello che appare sulla superficie dell’acqua corrisponde al vero. Troppo spesso tutto deve cambiare perché nulla cambi realmente e in questa direzione potrebbero muoversi interessi molto grandi. Un rischio che bisognerà saper evitare.
In questo momento nessuno può sottrarsi dall’assecondare la protesta, per non amplificarla ancor di più e per non essere costretto a svelare le motivazioni, certo non nobili. Appare chiarissimo che le richieste dei giovani come Greta vogliano far comprendere agli adulti che il nostro modo di vivere non sia più sostenibile.
Non si può continuare a ritenere legittimo che la ricchezza sia concentrata su poche persone e la povertà diffusa su troppe. Non si può continuare a credere che per fare profitto tutto possa essere considerato moralmente lecito: inquinare, deforestare, sfruttare.
Ma non possiamo illuderci che sarà facile domare l’economia, sottometterla alla ragione e riportarla ad essere uno strumento utile per il bene collettivo. Non sarà affatto semplice perché chi la manovra controlla le leve del potere e per certo non intenderà farsele sottrarre. Nemmeno dalla volontà popolare, nemmeno dalla cosciente presa di posizione dei giovani che protestano in tutto il mondo nei #FridaysForFuture.
La proposta di dare a Greta Thumberg il premio Nobel per la pace sembra quasi un tranello
Il tempo ci ha insegnato come in molte occasioni sia più facile immobilizzare i cambiamenti fingendo l’adesione a una legittima richiesta, piuttosto che cercando di contrastarla. Nel nostro paese siamo davvero facili prede delle fascinazioni, senza poi arrivare a chiedere l’incasso delle cambiali elettorali. Promesse che restano vuote o, in troppi casi, si realizzano addirittura in modo opposto a quanto enunciato.
Già sulla rete circolano gli hashtag #NoGreta, molti minimizzano l’importanza di tutelare l’ambiente e molti altri, come sempre accade, vedono Greta manovrata da oscuri complottisti, per torbide ragioni. Dimenticando che ai tempi dei social la comunicazione vola, si diffonde, coagula e coinvolge con tempi impensabili anche solo dieci anni fa.
Il rischio di questa protesta non è cosa nasconda al suo interno, ma cosa farà l’esterno. Il vero punto è far si che questa protesta diventi proposta e che non si esaurisca. Tante volte le piazze si sono riempite per poi svuotarsi, rimettendo argomenti importanti a impolverarsi nei cassetti. Il pericolo “cambiamenti climatici” non è di oggi e la comunità scientifica è stata inascoltata, sicuramente dalla politica ma anche dalla gente. Battuta da una ragazza di 16 anni, che senza volere ha creato l’effetto valanga. Più social sicuramente di climatologi e scienziati.
Il cambiamento, per arrivare davvero a una limitazione dell’inquinamento e del riscaldamento del pianeta, non sarà un passaggio indolore. Per arrivare a questo bisognerà modificare lo stile di vita del le società dei paesi occidentali, cosa che comporterà la richiesta di molti sacrifici, che non potranno essere piccoli. Inutile farsi illusioni su questo. Inutile credere che questa strada non sarà costellata di tranelli, di trappole costruite per impedire il cambiamento. Ma anche di resistenze degli individui, non disponibili a ipotecare il livello di benessere raggiunto. Persone che saranno aizzate contro un nuovo o vecchi nemico, per distoglierle dal vero problema.
Non si sta cercando di salvare il pianeta, si sta cercando di salvare gli uomini
Questo concetto dovrebbe essere molto chiaro perché la Terra e i suoi abitanti non umani, con alterne vicende e successi di alcuni a danno di altri, continuerebbero lo stesso il loro percorso. Come è stato in passato con le glaciazioni, le estinzioni di massa e i tutti processi evolutivi che hanno interessato i viventi. Chi rischia è l’homo sapiens e nessun altro in realtà. Noi non stiamo difendendo il pianeta, stiamo scegliendo se avere un futuro.
I cambiamenti climatici, il riscaldamento globale non solo porteranno all’estinzione gli orsi polari, fatto che qualcuno potrebbe definire poco significativo, ma porteranno alla riduzione delle terre emerse. Milioni di chilometri quadri di coste saranno sommersi per effetto dello scioglimento dei ghiacci e le persone dovranno trasferirsi altrove.
Miliardi di persone saranno costrette a ripensare dove abitare, come sopravvivere, come poter fare ad avere un futuro. Questo non sarà solo un problema ambientale, ma rischia di diventare la madre di tutte le guerre.
Se non iniziamo, subito, con una decarbonizzazione massiccia, con la drastica riduzione di uso delle fonti fossili come petrolio e carbone potrebbe essere una via senza ritorno. Occorre ripensare agli errori del presente per vedere il futuro: agricoltura, allevamenti, uso del suolo, inquinamento, produzione industriale vanno condotti verso la green economy.
Le tre R dell’economia circolare devono diventare il pilastro su cui poggia l’intero sistema produttivo: recupero, riuso, riciclo. Senza possibilità di deroghe, con un tempo che non consente più proroghe.
Non rappresentano un gesto di altruismo i giovani catalizzati da Greta Thumberg, ma solo un disperato grido di dolore lanciato da chi sa di rischiare di non aver futuro. “Se non ora quando?” recitava un vecchio slogan. Bisogna cercare di non dover arrivare a rispondere: mai più.
Stiamo attenti alle trappole dei ladri di futuro, perché stanno rubando la vita di troppi per profitto, per egoismo, per mancanza di visione. Non lasciamo che i #FridaysForFuture diventino solo degli happening, ma contribuiamo tutti a dargli sostanza, concretezza, visione e programmi. Che siano una spinta incredibile, una nuova Rivoluzione Francese.