Gli occhi sono di rimprovero: occhi profondi come solo animali e bambini sanno avere, quegli occhi che racchiudono delusione e rimprovero, sofferenza e speranza. Quegli occhi che noi non vogliamo vedere, che ci ricordano i nostri doveri. Non dobbiamo fermarci ai lustrini, alle “palle”, non da gioco, che ci racconta la FIFA: i campionati di calcio del Brasile saranno televisivamente pieni di stelle brillanti, di samba, di gioia perché questo è quello che vogliono i potentati economici. La realtà brasiliana è diversa per animali e persone, per l’ambiente e per tutti quelli che da questo mondo di lustrini han ben poco da guadagnare.
Se ci fosse una prevalenza dell’etica noi occidentali non avremmo dovuto coinvolgere un paese, seppur emergente ma pieno di contraddizioni e con sacche di povertà imponenti, in una kermesse come i mondiali di calcio, sapendo che questo significa un maquillage forzato che inevitabilmente andrà a penalizzare gli strati più bassi della popolazione, comporterà l’invisibilità di bambini di strada, di favelas e di randagi: il Brasile dei mondiali deve presentarsi come un paese di una bellezza infinita, poco importa se le classi deboli vengono spazzate sotto il tappeto.
In questo momento noi stiamo investendo soldi non per compraci la foresta amazzonica, ultimo polmone di un mondo asfittico che ci soffocherà, non per dare un’alternativa ai garimpeiros che avvelenano le acque del Rio delle Amazzoni scavando miniere d’oro dove si usano tonnellate di arsenico e mercurio, ma solo per realizzare stadi e infrastrutture per questi campionati di calcio, vergognosi visti con gli occhi dei diseredati, specie in un paese che conta di centinaia di morti ammazzati fra quanti vogliono difendere il diritto dell’accesso alle terre, alla scolarizzazione, alla tutela dell’ambiente e dei diritti degli indios.
Noi occidentali non vogliamo sapere di “meninos de rua”, di “garimpeiros” e di squadroni della morte: noi vogliamo solo che i campionati di Brazil 2014 siano una festa, la festa del pallone, dell’economia che sovrasta ogni etica, che calpesta i diritti, che avvelena e disbosca l’Amazzonia a un ritmo inaccettabile. The show must go on, costi quello che costi.
Questo video racconta cosa e quanto sta costando all’Amazzonia e, di conseguenza, cosa e quanto sta costando a noi che sullo steso pianeta viviamo, pestando e calpestando lo stesso suolo.
Quando avremmo distrutto il più grande polmone del pianeta, quando avremo sradicato l’ultimo albero della foresta pluviale per coltivare soia e palma da olio, per allevare polli e maiali e per avere un olio alimentare a basso costo, ci renderemo conto che il tempo è diverso per ogni cosa: per abbattere una foresta pluviale ne basta davvero poco, per ricostruirla non basta la vita di una generazione di esseri presuntuosi come l’uomo.
I nostri avi erano più saggi di noi: “Panem et circenses”.
I signorotti moderni nella loro avida ignoranza hanno voluto dimenticare il “panem” perché a loro non interessa più governare con il consenso ma semplicemente prendere sempre e in ogni modo quello che vogliono.
Ci siamo assuefatti all’idea che un bravo calciatore valga milioni su milioni di euro ma riusciremo ad accettare che una sfera di cuoio valga più di tante vite umane?
Quanto è triste questa umanità, così fiera di essere la “specie dominante” da dimenticare di avere una sola terra, una sola vita e una sola anima.