Canili non arginano randagismo

Canili non arginano randagismo, sono solo un male necessario fino a quando il randagismo sarà una piaga e il possesso di un cane non sarà un gesto fatto responsabilmente.

Pensare il contrario e credere che i canili siano il miglior modo per battere il randagismo è un ragionamento che mescola due problemi, che si intersecano ma non si sovrappongono. Sarebbe un po’ come dire che le carceri arginino la delinquenza per il solo fatto di esistere.

Continuo infatti a leggere sui giornali che adottare i cani nei canili serva a combattere il randagismo, come se il fenomeno si generasse all’interno dei canili e una volta svuotate le strutture il randagismo sparisca.

Per lo stesso motivo parrebbe anche che i Comuni,  che incentivano le adozioni dei cani offrendo bonus e sconti, siano in prima linea nel combattere il fenomeno del randagismo. In realtà stanno solo cercando di risparmiare i soldi del mantenimento degli animali, trasferendo una parte di questo risparmio sui cittadini in cambio dell’adozione di un cane ospite del rifugio.

Le adozioni devono essere fatte con responsabilità

In questo modo però stimolano adozioni irresponsabili, non ponderate che sono fra le principali cause del randagismo, ottenendo un risultato talvolta opposto a quanto dichiarato. Adottare un cane in un canile è un gesto estremamente positivo che denota generosità e sensibilità, a patto che sia un’azione messa in atto con molta ponderazione e non d’impeto.

Un gesto che cambierà letteralmente la vita a uno dei centinaia di migliaia di cani custoditi nei canili della penisola, anche se fin troppo spesso sarebbe meglio dire imprigionati.

I canili sono strutture che quando garantiscono il benessere degli ospiti vanno considerate un male necessario, partendo dal presupposto che per un cane avere un padrone che lo custodisca correttamente rappresenta il vero punto di svolta della sua vita. L’obbiettivo di fondo di ogni persona che abbia a cuore il benessere degli animali è quello di sperare che prima o poi i canili restino un lontano ricordo di un’epoca incivile, chiusi per mancanza di ospiti e di cani randagi sul territorio.

Per dar corpo al sogno, perché questo avvenga, è necessario prima battere il randagismo e questo risultato si può ottenere solo attraverso una massiccia opera di sterilizzazione, identificazione e corretta gestione degli animali di proprietà, troppo spesso lasciati liberi di vagare, specie nelle zone rurali, senza essere nemmeno sterilizzati.

Bisogna mettere in campo massicce campagne educative che stimolino adozioni responsabili, piuttosto che fare spot contro l’abbandono. Sicuramente è più utile avvisare i viaggiatori di un convoglio ferroviario della possibile presenza di borsaioli, piuttosto che lanciare messaggi di redenzione nei confronti dei malviventi: lo stesso principio dovrebbe valere in materia di adozioni e di abbandoni di animali.

Basta leggere le pagine dei giornali locali, con particolare attenzione a quelli del sud dove il randagismo è maggiore e l’attenzione delle amministrazioni decisamente minore, per rendersi conto come agli stessi giornalisti, spesso, manchino le informazioni di base per parlare del fenomeno, come se a un critico d’arte mancassero dati fondamentali sulle opere che deve valutare.

Grazie a questa scarsa conoscenza possiamo trovare titoli che nel 2016 parlano di lotta senza quartiere al randagismo, magari solo perché un’amministrazione comunale ha deciso di dotare di microchip i cani, con solo un quarto di secolo di ritardo rispetto alla normativa.

Possiamo anche trovare, sempre fra gli esempi di lotta senza quartiere al randagismo, Comuni che decidono, ora, di progettare la costruzione di un canile, con più di mezzo secolo di colpevoli ritardi e omissioni.

Come quelli dei Sindaci che dichiarano con candore di non avere un canile convenzionato per la gestione dei randagi a causa del costo. Dimenticando però che anche questa sarebbe un’attività obbligatoria e non un gesto di benevolenza verso i cani. Insomma un disastro sparpagliato a macchia di leopardo, fra inefficienza e immobilismo.

L’Italia è un paese che ha troppe leggi ma anche molti cavilli e vie di fuga, con mille interpretazioni e possibilità di eluderle: in questo modo l’amministrazione pubblica, siano i Comuni piuttosto che le ASL o le Regioni e lo Stato, riesce a non assolvere ai suoi obblighi senza che vi siano conseguenze.

Troppe volte sono i cittadini a avere obblighi e non gli amministratori, che fin troppo spesso approfittano di una posizione di privilegio e del fatto che ancor’oggi molte persone non conoscono a fondo né i loro diritti, né il miglior modo per esercitarli.

In fondo lasciare le persone in un limbo fatto di conoscenze opache rappresenta il miglior modo per schiacciare i loro diritti, senza avere troppe proteste. Questa purtroppo è un poco la fotografia del nostro paese, nonostante qualche inguaribile ottimista lo neghi. I canili non arginano il randagismo!

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