Contrasto al randagismo

Pensare di attuare politiche di contrasto al randagismo senza neanche conoscere la consistenza dei cani sul territorio. Pensando che tutto si possa risolvere, molto banalmente, con la cattura dei randagi.

Succede a Gela, in Sicilia e lo rende noto, in un articolo comparso sul giornale online locale visionedioggi.it, Liliana Blanco che ha intervistato, a questo proposito, l’assessore del Comune di Gela Florinda Iudici deputata a occuparsi del problema.

Ma probabilmente l’assessore non ha ben presente come affrontare la questione visto che sembra non ricevere dati dal territorio. Dichiarando come l’impresa incaricata di risolvere il problema abbia già catturato più di ottanta cani. In un contesto dove, secondo il comune, i randagi sono tantissimi e fuori controllo, senza però avere un censimento.

Nell’intervista non c’è una sola parola che parli della necessità di sterilizzare, di fare una gestione accorta dei rifiuti, della necessità di far rispettare l’obbligo di iscrizione in anagrafe dei cani e quello di non farli girare da soli. Come se il randagismo fosse un problema senza cause, che si genera in modo autonomo e imprevedibile, sicuramente incomprensibile.

Il Comune di Gela sembra non saper cosa fare

“Risolvere il problema del randagismo non sarà cosa facile” dice l’assessore Iudici all’intervistatore, facendo un’affermazione davvero disarmante. Che non sia cosa semplice è una certezza, come lo è anche che il problema non si risolverà mai mettendo i randagi nei canili. Senza fare null’altro.

Se il Comune di Gela piange pare evidente che anche il servizio veterinario dell’ASP di Caltanissetta non rida, visto che sembra sia stato affermato che “il problema del randagsmo non si può risolvere dall’oggi al domani“. Dimenticando che sono passati invano una settantina di anni, da quando nel 1954 si misero le basi per contrastarlo.

Di fronte a questo tipo di affermazioni parrebbe purtroppo chiaro che il randagismo in quella zona ben difficilmente potrà trovare risoluzione, che certo non abbia le ore contate. Senza politiche complessive, senza dati, senza conoscenze e politiche territoriali. Individuando come unico problema il fatto che, gelesi compassionevoli, alimentino i randagi. Che così non si riescono a catturare.

Con questo tipo di atteggiamento e di inconsapevolezza gestionale non si potrà mai arrivare a un efficace contrasto al randagismo. Le amministrazioni devono imparare prima di tutto a non improvvisarsi, a cercare risoluzioni basate su cognizioni scientifiche, seguendo linee guida che esistono già.

I servizi veterinari devono costituire un supporto operativo e gestionale e non costituire un freno o, peggio, creare alibì all’inefficienza. Non si possono continuare a rilanciare concetti vecchi e logori, luoghi comuni che oramai sono fuori dal tempo.

Diverse sono state in questi anni le questioni, anche giudiziarie, che hanno coinvolto i cani randagi e la gestione del randagismo. Questo non sembra però aver fatto fare molti passi in avanti verso la risoluzione dei problemi.

Continuando così si fanno solo arricchire le aziende coinvolte negli appalti per la gestione di strutture e catture. Perpetuando nei decenni metodiche che non potranno mai essere risolutive, con danno per animali e collettività.

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