Un cane è stato picchiato, trafitto con un forcone, messo in un sacco, cosparso di liquido infiammabile e bruciato vivo: il povero animale non è morto subito, ma ogni tentativo di salvarlo è stato vano. L’atroce episodio è accaduto al cane di Claudia Morandi, come si legge in un articolo su La Repubblica.
Stufo di essere ripreso dalla fidanzata per il continuo abuso di alcol e cocaina un cavaliere, tesserato FISE, le ha seviziato il cane, mentre partecipava a una competizione equestre. Ancora una volta un caso in cui le violenze contro gli umani e contro gli animali rappresentano un denominatore comune. Quello che appare davvero sconvolgente è il fatto che sembra che tutti conoscessero gli abusi da parte del fantino e che a nessuno fosse parso opportuno che una persona disturbata e tossicodipendente potesse avere ancora rapporti con degli animali.
Le associazioni protezionistiche sono insorte e si aspetta di conoscere l’atteggiamento della FISE, anche se per Gina ci potrà essere solo, forse, un po’ di giustizia in tribunale. Quelle sevizie dimostrano una grave pericolosità sociale del responsabile del gesto che in un altro paese sarebbe già in carcere, mentre da noi non ci finirà mai, non per la sua crudeltà e le atrocità inferte al cane.
Un altro esempio di come il maltrattamento animale sia spia di mentalità o comportamenti pericolosi per il prossimo. Quanti “bicchierini” o “piste” serviranno per oltrepassare la soglia e declassare ad oggetti anche gli esseri umani che gli stanno intorno? Per fermare questo criminale aspettiamo che picchi la fidanzata o come spesso accade per muovere qualcosa ci deve scappare il morto?
La coscienza è morta, la giustizia è in ferie: ci rimane solo la fortuna da invocare?