La crudeltà non si giustifica neanche su una mosca

La crudeltà non si giustifica neanche su una mosca, nemmeno se questa crudeltà è un’opera d’arte e l’artista e Damien Hirst.

Recentemente inaugurata a Milano nella nuova torre della Fondazione Prada un’installazione di Damien Hirst, dove migliaia di mosche continuano a nascere per andare a morire.

Fulminate, da una zanzariera elettrica che le fa precipitare su un quadro dove restano attaccate sull’olio di vaselina.

Certo qualcuno potrebbe dire che esistono cose molto più importanti che non quello di occuparsi della vita e dell’incolumità delle mosche e da questo punto di vista si potrebbe anche essere d’accordo. Almeno seguendo una scala di priorità, considerando che gli uomini da sempre uccidono gli insetti fastidiosi e che le griglie elettrificate per l’eliminazione degli insetti sono uno dei tanti mezzi che vengono usati per difendersi da mosche e zanzare.

Damien Hirst è da sempre al centro di polemiche ed è fissato con le mosche, se vogliamo anche in un modo abbastanza ripetitivo secondo quanto pubblicato dal sito Finestre sull’arte che riferisce di un articolo pubblicato sul sito Artenet (qui) che stima, per difetto, che Hirst abbia usato nella sua carriera più di 913.450 animali.

Naturalmente tutto questo utilizzo di animali, vivi e morti, impagliati o in decomposizione non risulta gradito a quanti si occupano dei diritti degli animali, che ritengono ci siano dei limiti che deve porsi anche l’arte. Ma tornando alle mosche, animali che pervadono la produzione di Hirst, può essere accettabile, sotto il profilo etico, incrudelire su di loro?

In quest’opera gli animali nascono imprigionati in una grande teca di vetro con l’unico scopo di cadere fulminati su una griglia elettrica di quelle che si usano appunto, per liberarsi degli insetti volanti durante i mesi estivi. Ma se l’utilizzo all’aperto di questi congegni rappresenta una difesa considerata necessaria, non c’è proprio nulla di necessario nel far nascere e fulminare mosche in una teca.

Certo non è un quesito che si può fare a Hirst, che ha usato vacche, squali, galline, migliaia di farfalle e tantissime altre specie nelle sue opere e, forse, nemmeno alla sensibilità dei curatori della Fondazione Prada. Ma resta il fatto se sia eticamente corretto mettere in atto la rappresentazione della crudeltà e quanto questo sia educativo.

Qual’è il limite che un artista si deve porre? Esiste una linea che non dovrebbe essere travalicata oppure nel nome dell’arte tutto diventa lecito, morale, accettabile? Personalmente credo che l’espressione di qualsiasi arte debba essere libera e non soggetta a censure, ma con alcuni limiti e uno di questi è l’esaltazione, lo sdoganamento della crudeltà.

Certo stiam parlando di mosche, se fossero altri animali ci sarebbe stata una sollevazione popolare, ma l’esibizione della crudeltà fatta passare per arte la trovo intollerabile e diseducativa. Un esempio da biasimare, non un artista da elevare solo per la sua capacità di irritare, comportamento peraltro che può venire facile a chiunque, dal genio al perfetto idiota. La capacità di irritare è traversale nella nostra specie, purtroppo.

 

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