Il lupo è un predatore

Il lupo è un predatore, questa è una certezza per chi conosca anche solo approssimativamente i ruoli della catena alimentare. Se questa è un’affermazione scientificamente inconfutabile dobbiamo chiederci quale sia invece il ruolo della nostra specie.

Gli uomini, i padroni della parola, hanno creato definizioni scientifiche suddividendo il mondo naturale in due macro categorie: le prede e i predatori. Come sotto categorie in queste due grandi raggruppamenti troviamo i parassiti, i simbionti e i trasformatori, come le api, che trasformano energie vegetali in zuccheri o come gli stessi uomini che da semplici cacciatori e raccoglitori diventano coltivatori. Se ci pensate la definizione “predatore” nell’accezione umana ha tutto sommato una considerazione negativa, quella di un ladro che ruba ad altri viventi vita e futuro. Incredibile pensare che questa definizione appartenga alla nostra specie, sia stata creata dall’uomo che, probabilmente grazie a un ego incredibilmente ipertrofico, è stato  portato a escludere qualsiasi onesta analisi comparativa.

 

Sarà questo il motivo per il quale i predatori, che forse con maggior proprietà scientifica dovremmo identificare semplicemente come i vertici della catena alimentare e i fautori dell’equilibrio naturale, vengono presentati come creature diaboliche, nate per rubare le nostre “cose”, la roba come diceva Verga. Ma come ora i predatori sono diventati i ladri? I lupi, i regolatori dell’equilibrio della natura, le creature che impediscono il sopravvento delle specie preda, sono dipinti come un pericolo, quasi che gli erbivori potessero, con il loro incessante brucare e strappare, essere migliori e più degni di loro, dei gestori dell’eterno equilibrio fra esseri viventi e risorse. Forse tutto questo assume valore di verità solo perché i predatori entrano, sempre con maggior forza, in un contrasto che vede opposti, in eterna ribellione con il mondo naturale. Natura fantastica fino a quando la dominiamo, pericolosa quando vuole seguire le sue regole. In fondo l’uomo, per illusione totipotente,  è costretto a confrontarsi con creature che ritiene piccole e poco importanti, dimenticando che l’apparentemente insignificante flora batterica del suo intestino è quasi sempre una delle chiavi del nostro benessere fisico.

L’uomo dimentica troppo spesso la sua essenza, nel suo bestiario immaginifico dove i veri nemici in fondo sono sempre e solo i predatori come lupi, iene, sciacalli, faine, volpi. Sono loro a minare la società umana, con la complicità di creature minori ma altrettanto disprezzabili, come i topi capaci di sottrarci il grano e di veicolare la peste. Verità romanzate e in parte reali, in periodi dove la sussistenza umana era molto più difficile: verità che ora hanno perso quasi completamente la loro ragion d’essere. Gli animali restano i nemici di sempre, quelli immaginifici dei racconti dei cacciatori che ora si fondono con quelli dei bracconieri e di molti speculatori. Ha forse ragione l’uomo di preoccuparsi del lupo, della volpe o dell’orso? Sono creature davvero temibili che potrebbero invadere le nostre proprietà, se non cacciate, avvelenate e bracconate? Ci sono davvero spazi infiniti, grandi foreste e steppe dove queste fiere potrebbero riprodursi a dismisura o ci sono invece equilibri venatori, agricoli e strettamente “umani” per i quali non vogliamo cedere nemmeno un centimetro quadro dei nostri possedimenti? Esistono pericoli per l’equilibrio naturale, già pesantemente compromesso, oppure nella realtà i predatori creano qualche problema al mondo della caccia, regolando gli erbivori in soprannumero e diventando così invisi a una lobbie potente?

Tante sono le domande che si possono identificare, poche sono quelle ragionevoli: un mondo in cui prede e predatori restano in equilibrio è un mondo sano, un mondo governato dagli uomini rischia di diventare un mondo sempre più alterato, avendo perso la nostra specie il rispetto verso la natura che viene invece vista come un’entità da sottomettere, sfruttare, gestire pur senza averne la capacità.

 

Formiche e api, ma non solo loro, sono creature piccole rispetto al sapere dell’uomo o almeno di fronte alla nostra presunzione, ma hanno comportamenti sociali molto più concreti e funzionali dei nostri rispetto alla difesa dell’interesse collettivo.

Gli stessi lupi hanno come primo interesse la tutela del branco, con un numero di elementi sufficiente per le opportunità offerte dal territorio che resterebbe stabile se non fosse per la continua destrutturazione dei branchi operata dall’uomo, che amplifica e crea tutte le occasioni per alterare un equilibrio che lasciato alla gestione naturale, senza influenze umane, è sempre rimasto fedele al suo compito: la perpetuazione. 

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