Ma il punto, il nocciolo del problema non è certo Vladimir Putin, la sua dittatura, la sua megalomania o la sua indifferenza per l’altrui sofferenza. Il problema siamo noi, sono gli stati e i governi dei paesi democratici, sono le federazioni sportive dei paesi democratici, è l’Europa nel suo complesso. La nostra economia è intimamente legata con la Russia e le sue riserve di gas, con gli oligarchi russi che rivitalizzano il nostro turismo: questo fa passare in secondo piano tutto il resto, uomini e cani compresi.
Lo spirito olimpico sta alla Russia, a Sochi, quanto la democrazia ed i diritti umani stanno a Guantanamo. Avere accettato di svolgere le olimpiadi invernali in Russia è stata una scelta basata soltanto sull’economia, senza nessun rispetto per ogni tipo di scelta e posizione etica. Quindi possiamo quantomeno smettere di stupirci e anche smettere di credere che qualcuno possa fare davvero qualcosa, al di là di qualche protesta, per i poveri cani di Sochi, vittime dell’indifferenza umana e dell’eterno tradimento del patto che li lega indissolubilmente a noi.
- Un cane randagio guarda il simbolo delle olimpiadi a Sochi
Nessuno boicotterà le olimpiadi di Sochi veramente, nessuno ha rifiutato, che io sappia, di inviare le proprie squadre, solo qualche coraggioso atleta ha deciso di non partecipare per ragioni etiche.
Una volta spenti i riflettori, peraltro, i cani di Sochi continueranno ad essere massacrati, come avviene in tantissimi stati del mondo e pochi faranno veramente qualcosa per loro: certo non le organizzazioni governative, la politica, l’Europa.
Se puntiamo il dito sui cani di Sochi rischiamo però che tutti guardino i cani, mentre è sulle nostre coscienze, sulle nostre scelte etiche che occorre puntare il dito: quando noi cambieremo l’approccio con l’etica cambierà qualcosa davvero. Solo allora uomini e animali saranno sollevati dal subire crudeltà vergognose.