randagismo toccato il fondo della mancanza di risorse

Il governo ha stabilito che per il triennio 2015/2017 stanzierà al capitolo 5340 (Finanziamento interventi in materia di animali di affezione e prevenzione randagismo) la cifra complessiva di 929.000 euro, vale a dire 310.000 euro l’anno. Una briciola inutile; si potrebbe dire, senza tema di smentita, soldi buttati al vento per manifesta inutilità.

I tagli lineari di bilancio, eseguiti senza individuare le aree in cui è utile realizzare un risparmio, quelle in cui occorre eliminare gli sprechi e quelle che devono avere maggiori finanziamenti, sono il modo più semplice per fare amministrazione, il peggiore per ottenere dei risultati.  Il risanamento deve essere fatto eliminando gli sprechi, battendo la corruzione, rimodernando e snellendo architetture di organismi oramai obsoleti, snellendo la burocrazia e velocizzando i processi decisionali. Invece si sceglie di mettere in atto solo le cose più semplici, ad effetto, nelle cui pieghe però si celano effetti devastanti come la cementificazione del Paese, la soppressione del Corpo Forestale dello Stato e l’inefficacia di stanziamenti che serviranno a dare un sollievo economico immediato, maggiorando esponenzialmente i costi che il paese dovrà pagare.

Lo stanziamento di 300.000 Euro per combattere il randagismo, dopo i tagli dei fondi alle Regioni che certo non finanzieranno ulteriormente questo capitolo, significa ottenere un risparmio immediato e dimostrabile, salvo poi dover pagare maggiori costi per far fronte ai danni di un fenomeno completamente fuori controllo, specie nelle zone centro meridionali d’Italia. Del resto basterebbe considerare la spesa che l’amministrazione pubblica sostiene per il mantenimento di tutti i cani custoditi nei canili, talvolta ancora purtroppo in condizioni pietose, per comprendere che diverse, più articolate e complesse, devono essere le strade da percorrere per ottenere una reale contrazione dei costi e del fenomeno, ottenendo un risultato di buona amministrazione ed uno di civiltà e di grande valore educativo: la costante riduzione dei randagi e la diminuzione, conseguente, degli animali presenti nei canili.

Stanziare 300.000 euro da parte dello Stato significa trasferire, l’un per l’altra, circa 15.000 euro ad ogni Regione ed un cifra di questo genere risulterebbe inutile anche alla Val d’Aosta, notoriamente regione non particolarmente colpita da questo fenomeno. Continuando su questa strada il randagismo, non solo quello canino ma anche quello felino, resteranno sempre più fenomeni endemici e radicati sul territorio, contribuendo a far pensare che si tratti di realtà invincibili, ineluttabili, da accettare, con tutto il loro carico di sofferenze, ma questo è un falso grossolano perché si tratta di animali domestici, in alcuni casi rinselvatichiti, la cui riproduzione incontrollata dipende in massima parte da fattori umani, che niente o poco hanno a che vedere, ad esempio, con le dinamiche di popolazione degli animali selvatici.

randagismo toccato il fondo della mancanza di risorse

Le associazioni devono alzare la voce con il governo, con il Ministero e con il Ministro della Salute, perché proseguire su questa strada significa continuare a far soffrire centinaia di migliaia di animali senza ragione alcuna, ma anche sperperare i soldi pubblici per perpetuare un problema, non per risolverlo. La lotta al randagismo deve essere considerata un’emergenza e una priorità, sotto ogni angolo di visione, compreso quello economico: per fare economie di medio periodo è necessario investire subito, non rimandare ancora una volta attività di contrasto davvero irrinunciabili.

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