Bloccata l’esportazione di trenta elefanti verso la Cina

E’ stata bloccata l’esportazione di trenta elefanti dallo Zimbabwe alla Cina, grazie alla CITES, ma anche alla Comunità Europea. La recente decisione della Conferenza delle parti della CITES ha infatti stabilito, anche su pressione dell’Europa, di vietare il commercio di elefanti di cattura, salvo ragioni eccezionali.
Così lo Zimbabwe non ha fatto a tempo a ottenere le licenze per esportare i trenta giovani pachidermi, catturati appositamente per essere destinati ai giardini zoologici cinesi. La Cina infatti sta ripetendo i tragici errori del vecchio mondo, replicando la costruzione di parchi divertimento con animali e di zoo.
La Comunità Europea, che da tempo ha vietato il commercio di molte specie esotiche se provenienti da prelievi in natura, si è spesa molto per ottenere questa nuova restrizione al commercio. Unitamente agli stati africani che fanno parte dell’AEC (African Elephant Coalition) che da tempo si battono per la protezione assoluta degli elefanti africani.
La notizia rilanciata dalla Fondazione Weber sta facendo il giro del mondo e rimbalza sulla rete, in siti come ModernGhana che riprende integralmente l’articolo. Aprendo grandi interrogativi non solo sulla conservazione ma anche sulla cattività degli animali selvatici nei parchi zoologici.
Gli elefanti africani sono stati decimati dal bracconaggio
Il declino costante degli elefanti africani è principalmente causato dal bracconaggio causato dal traffico di avorio, legale e illegale. Che nonostante gli impegni assunti da moltissimi paesi continua ad essere il perno su cui ruota il rischio di estinzione dei pachidermi.
Per questa ragione occorre almeno contrastare in modo efficace il prelievo legale di animali da destinare agli zoo o ad altre forme di cattività. Senza poter dimenticare la caccia, che alcuni stati permettono ancora, ma anche la costante erosione del loro habitat.
Non ci sono solo buone notizie sugli elefanti, purtroppo, considerando che alcuni paesi, come Cina, Kenya, Tanzania, Uganda e Thailandia, hanno abbandonato il Piano Avorio della CITES. Questi paesi che da soli rappresentano circa il 50% dei volumi di traffico illecito di avorio.
La Cina e ora anche il Vietnam rappresentano i più importanti crocevia del traffico illegale di zanne, mentre Kenya, Tanzania e Uganda sono i paesi dai quali l’avorio illegale proviene in massima parte. Un fiume di oro bianco in grado di produrre un fiume di dollari insanguinati.
La mancata esportazione di trenta elefanti verso la Cina non risolve ma è un segno
I cinesi hanno una presenza molto importante nel continente africano, che da sempre è stata terra di conquista per le nazioni più industrializzate. L’ecosistema africano per contro è sempre più debole, messo continuamente sotto assedio e non adeguatamente difeso, pur rappresentando una culla della biodiversità.
Non sarà sufficiente a proteggere la popolazione degli elefanti africani nemmeno il bando dell’avorio. Come per l’Amazzonia anche una parte dell’Africa deve essere considerata un patrimonio dell’intera umanità. Ma se ci sono beni collettivi che vanno tutelati nell’interesse del pianeta è evidente che anche i costi vadano suddivisi fra tutti i suoi abitanti.
I paesi più ricchi e industrializzati sono i maggiori responsabili di uno sfruttamento intensivo del capitale naturale mondiale. Per questo dovrebbero essere in prima linea, non solo a parole, nella tutela ambientale del continente africano, e non soltanto.