Papa Francesco e circo con animali: ancora una volta l’apparenza inganna e sul discorso del circo il Papa sembra rimasto fermo al secolo scorso. La compassione universale che tante volte ha dimostrato, l’attenzione verso l’ambiente e in minima parte verso gli animali non è sufficiente a tenerlo lontano dal circo.Se su molti argomenti, considerando la sua figura, ha avuto incredibili aperture sui diritti degli animali inciampa spesso, balbetta nel concetto, non evolve. Una visione antropocentrica che culmina, non certo per la prima volta, nello spettacolo di un circo con gli animali offerto ai poveri e ai senza fissa dimora della capitale.
L’obiettivo era certo lodevole: come non essere dalla parte di chi aiuta gli ultimi, gli invisibili e i meno difesi offrendogli un sorriso. Peccato che la strada percorsa per raggiungere l’obiettivo abbia trasformato, ancora un volta, il valore dei diritti degli animali facendoli diventare da reali a invisibili. In fondo due aspetti dello stesso male rappresentato dall’incapacità di troppi di voler capire sino in fondo la sofferenza. Non tutto quello che sembra un momento di giocoso e gioioso spettacolo corrisponde alla realtà. Proprio come la finzione della fotografia, tanto plausibile da richiedere una spiegazione.
La storia del circo ha un trascorso ottocentesco di esposizione delle deformità, di creazione e esaltazione di figure mostruose, talvolta false come il Papa della foto, talvolta vere nel loro mancato rispetto della dignità umana. Papa Francesco, attraversando il suo complesso magistero, si è mai soffermato su empatia, rispetto, compassione ma verso gli animali non umani?Si è accorto, per esempio, che tanti profughi in fuga dalla “martoriata Ucraina” avevano al seguito i loro animali? In una situazione drammatica, di sofferenza palpabile, spessa come una coltre di morte, le persone non lasciavano i loro animali. Non è cosa sulla quale riflettere?
Papa Francesco e circo con animali: infliggere sofferenza per divertimento dovrebbe essere una colpa grave
Ha destato stupore che il cardinale Konrad Kraiewski, fidato elemosiniere del Papa, si sia prestato a fare un numero da circo: gettarsi per terra ai piedi di un elefante che lo ha evitato nel suo incedere. Da laico irredimibile potrei dire che quanto accaduto dovrebbe far propendere sul fatto che i pachidermi siano creature di Dio: se fossero stati governati dal demonio probabilmente il cardinale avrebbe rischiato grosso. A quanto si narra il maligno non perde occasione per vendicarsi su chi lo combatte.
Spogliandosi della visione antropocentrica e guardando all’enciclica “Laudato Sì” Papa Francesco parla dimostra un’attenzione importante verso la tutela dell’ambiente. Una scelta oramai obbligata che dovrebbe evitare di mettere mettere sempre e solo l’uomo al centro, con un diritto di dominio che, in realtà, non possiede. Sempre più si comprende l’importanza del principio “un pianeta, una salute”, che sotto il profilo pratico, per essere attuato, richiede la perdita del primato umano sulla natura. Con un concetto che deve essere attraversato dall’armonia, non da un’ingiustificata supremazia.
Proprio per la sua dignità unica e per essere dotato di intelligenza, l’essere umano è chiamato a rispettare il creato con le sue leggi interne, poiché « il Signore ha fondato la terra con sapienza » (Pr 3,19). Oggi la Chiesa non dice in maniera semplicistica che le altre creature sono completamente subordinate al bene dell’essere umano, come se non avessero un valore in sé stesse e noi potessimo disporne a piacimento. Così i Vescovi della Germania hanno spiegato che per le altre creature « si potrebbe parlare della priorità dell’essere rispetto all’essere utili ».
L’enciclica Laudato Sì parla di armonia ma mantenerla passa da un cambio culturale
Il Papa sembra dimenticare che lo sfruttamento di un essere senziente per puro divertimento, obbligandolo ad avere comportamenti innaturali, rappresenta una crudeltà. Molto più laicamente è stato proprio il Trattato di Lisbona a riconoscere che gli animali sono esseri senzienti, prima dell’enciclica papale. Entrambe gli scritti hanno in sé una colpa: avere fatto grandi enunciazioni che non sono state tradotte in azioni concrete. Iniziative come la promozione del circo con animali sono antagoniste non solo verso i diritti degli animali, ma contro la crescita di una diversa coscienza basata sul rispetto.
La Chiesa cattolica, realtà importante per la diffusione dei suoi fedeli, avrebbe il dovere di mettere al centro di ogni azione il rispetto verso l’intero creato. Unico sentimento capace di abbattere muri e di creare ponti. Per questo ferisce l’indifferenza nei confronti della sofferenza, la mancata comprensione del fatto che un elefante non dovrebbe trovarsi sotto uno chapiteaux di un circo. Un affronto commesso non solo nei confronti delle persone che provano empatia verso gli animali, ma contro ogni sforzo che cerca di far prevalere il rispetto alla sopraffazione, la condivisione invece dell’esclusione.
Un brutto messaggio quello che è passato: aiutare i dimenticati e gli ultimi attraverso l’indifferenza verso la sofferenza di altri dimenticati, di altri ultimi. Inaccettabile nei fatti, incomprensibile leggendo l’enciclica Laudato Sì dove si riporta un passaggio sul pensiero di San Francesco, in cui è scritto che anche le creature più piccole sono da considerarsi come fratelli e sorelle. Tempo di cambiare visione sui diritti degli animali, perché talvolta i pastori di anime dimenticano quanto sia ampio il gregge che vien loro affidato, a torto o a ragione a seconda del proprio credo.
Tutela degli animali e giardini zoologici: le contraddizioni di istituzioni e associazioni che scelgono di svolgere attività nei luoghi in cui gli animali sono sfruttati. Una situazione eticamente paradossale, che crea imbarazzo nel fronte di quanti a vario titolo si occupano di tutelare i diritti degli animali. Le notizie di stampa riportano con grande risalto un’iniziativa promossa da Zoomarine -il giardino zoologico con annesso delfinario e molte altre aree tematiche- che promuove la campagna “Se Cupido ci mette lo zampino” con collaborazioni insospettabili. Non soltanto di un’associazione che dichiara di occuparsi di vigilare sul benessere animale ma anche con la partecipazione dell’Assessorato Ambiente di Roma Capitale.
Scopo dell’iniziativa sarebbe quello di trovare famiglia e casa per i cani e gatti ospiti del Rifugio Muratella e dell’Oasi Felina Porta Portese. Sotto l’occhio vigile delle Guardie Zoofile di Agriambiente Lazio che avranno il compito di istruire le famiglie sul rispetto delle necessità degli animali domestici. Questa iniziativa viene portata avanti in una struttura che usa gli animali per fare spettacolo, attività del tutto legale ma che indubbiamente costringe gli animali in cattività per scopi commerciali. In tutto il mondo occidentale si chiede la chiusura di circhi, delfinari e anche di questo tipo di parchi tematici che, fra le altre cose, consentono interazioni con lemuri, pinguini, pappagalli e petauri.
In questo periodo le strutture di cattività per gli animali sono oggetto di critiche, da quelle più aspre nei confronti dei circhi con animali a quelle che riguardano delfinari e luoghi in cui si fa spettacolo. Lo sfruttamento degli animali per divertimento non è ritenuto eticamente accettabile, anche se i parchi tematici continuano, purtroppo, a essere molto attrattivi per il pubblico. Grazie al fatto che l’attenzione nei confronti degli animali e dei loro diritti ha diverse intensità, che variano non soltanto a seconda della specie ma anche del contesto in cui gli animali vengono tenuti.
Tutela animali e giardini zoologici sono realtà incompatibili, specie quando si fa spettacolo
I gestori di giardini zoologici come Zoomarine o Zoom sono stati molto attenti alle coreografie e alla narrazione delle loro attività. Raccontando di bioparchi immersivi o di giardini zoologici utili se non indispensabili a difendere ambiente e biodiversità. Ricreando ambientazioni che impediscono al visitatore poco informato di comprendere le reali condizioni degli animali, prigionieri in piccolissimi territori. Nella realtà i messaggi educativi e l’attenzione verso la biodiversità annegano in un contesto che diventa una macchina per fare soldi. Legittima, legale, criticabile sempre ma non denunciabile, non arrestabile sino a quando la normativa non cambierà radicalmente.
Nell’attesa di norme nuove bisogna cercare di aumentare la divulgazione su quanto queste strutture siano inutili, per far conoscere il comportamento degli animali o per contribuire alla loro conservazione. Questi parchi tematici rappresentano un vantaggio soltanto per le società che li possiedono, con ricadute davvero minime se non inesistenti sulla conservazione. Servono purtroppo, questo si, a riempire gli enormi buchi lasciati dallo Stato per quanto concerne il soccorso di determinate specie e la custodia degli animali in sequestro.
La difficoltà di collocare anche temporaneamente gli animali selvatici e esotici sequestrati rende spesso questi parchi una componente necessaria, ma soltanto a causa delle decennali carenze dell’ente pubblico. Le strutture per il ricovero e la cura degli animali pericolosi, esotici e selvatici dovrebbero essere attività separate da quella di società che utilizzano gli animali per intrattenimento. Per non consentire alibi alla cattività e per non diventare un traino, più o meno consapevole, di realtà quasi esclusivamente commerciali. Aziende capaci di utilizzare al meglio il marketing, veicolando azioni di greenwashing, che generano nei visitatori l’idea di contribuire ad aiutare il pianeta.
Associazioni e amministrazioni pubbliche devono mantenere comportamenti in linea con il loro ruolo
Se stupisce vedere il Comune di Roma coinvolto in attività che in qualche modo regalano visibilità a Zoomarine, altrettanto stupisce quando le associazioni utilizzano queste situazioni per promuoversi. Dovrebbe esistere una linea etica di separazione fra mondi che possono talvolta interagire per necessità ma che non devono sovrapporsi. Un esempio di questa confusione di ruoli sta nelle situazioni alle quali capita di assistere con maggior frequenza: le raccolta di cibo o di fondi che alcune associazioni fanno in negozi dove vengono venduti animali.
Se è vero che il pubblico che li frequenta si identifica quasi sempre con quanti credono di essere sensibili ai diritti degli animali è altrettanto vero che la presenza delle associazioni nei negozi diventa una giustificazione al commercio degli animali vivi.
Il commercio degli animali nasconde grandi aree grigie e poco indagate di maltrattamento ed è un fenomeno contro il quale viene fatta poca educazione. Proprio a causa di quella zona intermedia che collega commercio con gli amanti degli animali e con chi li difende. Una zona grigia che bisogna cominciare a infrangere, raccontando in modo molto chiaro che avere in casa animali selvatici non significa amarli e che non può esistere amore quando non si rispettano esigenze e caratteristiche etologiche. Se non cerchiamo di far vedere davvero questi prigionieri per quello che sono, vittime del nostro modo distorto di considerarli. le cose non cambieranno mai.
Circo e animali, proteste a Brescia delle associazioni contro il Circo di Maya Orfei che porta in città lo spettacolo Madagascar, esibendo oltre cento animali. Fra i motivi delle proteste anche il luogo di attendamento del complesso circense, che si è insediato su una spianata di cemento. Con gli animali costretti a passare dagli spazi angusti dei carrozzoni da trasporto a recinti esterni allestiti sul cemento del piazzale. Uno spazio non adatto a consentire un seppur minimo benessere alle numerose specie che il circo si vanta di ospitare. Per correttezza, però, bisogna dire che gli spazi dove attendarsi non li scelgono i circensi ma i Comuni e in questo caso la città di Brescia.
L’unica legge che regolamenta la materia degli spettacoli circensi risale al 1968 e non è mai stata svecchiata, lasciando che le scarse regole diventassero una via di fuga per amministrazioni e circhi. I Comuni hanno per legge l’obbligo di indicare un luogo dove i circhi, se in regola con le norme sulla sicurezza degli spettacoli, possono attendarsi e Brescia, da sempre, mette a disposizione questo spazio, che è una distesa di cemento, come accade in quasi tutte le città. La responsabilità delle amministrazioni comunali è quella di dare le autorizzazioni obbligatorie, valutando il circo nel suo complesso. Verificando con attenzione tutti gli aspetti, dalla sicurezza degli spettatori alle condizioni di vita degli animali.
Circo e animali, le proteste di Brescia devono essere rivolte al Comune che ha consentito l’attendamento
Quasi sempre quando vengono fatti i controlli preventivi della commissione provinciale di vigilanza, composta fra gli altri anche da personale del servizio veterinario pubblico, tutto sembra essere in regola. In base a valutazioni fatte senza tenere conto delle esigenze degli animali, potendo i Comuni dare ai circhi prescrizioni vincolanti. Se i circensi sono responsabili di usare ancora gli animali negli spettacoli i Comuni hanno la responsabilità dei controlli fatti secondo il metodo “così fan tutti”. Con verifiche eseguite puntualmente, applicando alla lettera le poche norme, sarebbero ben pochi i circhi in grado di ottenere il nulla osta.
Esistono diverse norme che i Comuni possono utilizzare, anche se sono sprovvisti di un regolamento sulla tutela degli animali. A cominciare dalle regole che il Sindaco può imporre, come autorità di pubblica sicurezza, nel momento in cui vi è presenza di animali pericolosi. Pretendendo, per esempio, che i recinti che ospitano gli animali all’esterno, obbligatori secondo le prescrizioni della Commissione Scientifica CITES, abbiano una doppia cinta. Una precauzione che eviterebbe, come spesso accade, che gli animali evadano dai recinti per darsi alla fuga nelle strade cittadine.
La seconda possibilità che hanno è di subordinare la concessione del nulla osta allo spettacolo al puntuale rispetto delle direttive CITES, che prevedono una serie di criteri. I recinti esterni, ad esempio, devono essere dotati di arricchimenti ambientali, per consentire agli animali di non patire la noia. Inoltre devono avere vasche idonee per consentire il bagno a tutte le specie con consuetudini acquatiche, come tigri e ippopotami. Un ippopotamo che sia tenuto in condizioni che non gli consentano di potersi immergere a piacimento deve essere considerato in una situazione di maltrattamento. Per queste specie galleggiare sull’acqua significa scaricare il peso dalle zampe e questo è un bisogno irrinunciabile.
Gli zoo viaggianti non devono essere autorizzati per le visite del pubblico
I servizi veterinari e la polizia locale hanno degli obblighi che sono relativi anche all’accertamento del benessere animale. Che devono e possono verificare nel corso delle verifiche preventive, vincolando il parere favorevole della commissione al rispetto effettivo delle, poche, norme. Peraltro ci sono sentenze della Cassazione che hanno riconosciuto limiti nell’esclusione dall’applicazione della legge 189/2004, che tutela gli animali dai maltrattamenti. Una sorta di salvacondotto limitato, possibile solo sino a che vengono rispettate le leggi speciali in materia. Considerando che la legge di riferimento per i circhi è solo la 337/1968, che nulla stabilisce in materia di benessere animale, la tutela dai maltrattamenti resta quindi pienamente operativa.
I Comuni devono poi espressamente vietare l’esibizione degli animali negli zoo itineranti perché l’attività espositiva non rientra in quella circense, salvo che non sia intestata a diversa personalità giuridica. Ma se così fosse le autorizzazioni devono essere separate e distinte e gli animali della mostra faunistica non dovrebbero essere quelli usati negli spettacoli. Analogo discorso e verifica devono essere compiute sulle modalità di detenzione degli animali pericolosi, che richiedono un’espressa autorizzazione rilasciata da una Prefettura. Nell’autorizzazione dovrebbero essere allegate anche le planimetrie delle strutture di detenzione autorizzate. Queste licenze, obbligatorie, non vengono quasi mai verificate.
Il mondo del circo è complesso ma troppo spesso i controlli vengono realizzati seguendo la logica che al circo tutto, o quasi, sia permesso, ma non è così. In attesa che si arrivi a una dismissione degli animali nei circhi, un percorso lento ma oramai ineluttabile, i cittadini hanno il diritto di pretendere controlli efficaci. Capaci di garantire l’incolumità di animali e spettatori e condizioni di vita che rispettino almeno le prescrizioni stabilite dalla Commissione CITES, proprio per garantire un benessere minimo.
Morta Kohana, un’orca prigioniera del Loro Parque a Tenerife, uno dei tanti parchi tematici del mondo che tengono imprigionati animali per profitto. Con la morte del grande cetaceo, che aveva solo vent’anni, salgono a tre le orche morte prematuramente nel parco negli ultimi 18 mesi, suscitando le proteste delle associazioni. Da anni esiste un movimento di opinione che si oppone alla detenzione dei cetacei nei parchi acquatici, ritenendo che la cattività di questi animali rappresenti un maltrattamento inaccettabile. Tanto da costringere i grandi tour operator a smettere di promuovere gli spettacoli con animali in genere, escludendoli dai pacchetti di viaggio.
Kohana proveniva dal famigerato Sea Wold di Orlando (USA), dove era stata separata dal suo gruppo familiare per essere venduta al Loro Parque. Questi grandi cetacei vengono sfruttati nelle esibizioni, che continuano a attirare un pubblico decisamente poco attento ai diritti degli animali. Trascorrendo la loro vita fra la noia di vasche disadorne e piccolissime e gli addestramenti necessari alla loro esibizione. Una realtà davvero mortificante per mammiferi intelligenti abituati a vivere in gruppi famigliari, denominati POD, con una gerarchia e sempre in costante movimento per procacciarsi il cibo. Una vita ben diversa da quella trascorsa dentro le piccolissime vasche dei parchi acquatici.
Le conoscenze etologiche raggiunte sui cetacei portano a concludere che queste strutture, anche se ancora legali, siano contrarie al concetto di benessere animale. Eppure fra i soggetti responsabili di questi maltrattamenti, oltre alla politica e ai proprietari degli impianti, ci sono proprio gli spettatori. Garantendo con il pagamento di costosi biglietti che la sofferenza diventi spettacolo, per giunta diseducativo, per grandi e bambini. Grazie all’illusione, del tutto estetica, che gli animali imprigionati siano tenuti bene e trascorrano una vita serena. Non esistono delfini che ridono o orche che baciamo gli addestratori, ma solo finzione e sofferenza.
La morte di Kohana, orca prigioniera di un parco acquatico dovrebbe far riflettere sulla sofferenza degli animali in cattività
Per capire meglio la sofferenza di Kohana, proviamo a cercare, sulla rete, qualche dato sulle orche, ad esempio sui loro rapporti e sulla capacità di elaborare strategie complesse. Una ricerca facile facile, per la quale non occorre essere degli esperti, ma solo banalmente dei curiosi. Una volta trovate con facilità queste informazioni la relazione da costruire è fra la vita libera e quella in una gabbia vuota, dove un’orca come Kohana potrà solo girare in cerchio sino alla prossima sessione di addestramento e negli spettacoli. Che paradossalmente sono gli unici momenti di attività che strappano questi animali a una noia mortale.
Aggiungiamo che le vasche dei cetacei sono piccole, disadorne e prive di diversivi, non per un capriccio ma per cercare di evitare le malattie, che potrebbero esaurire il rendimento che questi animali garantiscono ai loro carcerieri. I cetacei, l’ordine al quale appartengono delfini e orche, stenelle e tursiopi, oltre a molte altre specie che popolano i mari del mondo, possono prendere malattie gravi o ferirsi in cattività. Per questo vengono fatti vivere in prigioni vuote, con acqua trattata chimicamente. Ma le orche sono superpredatori e, al pari dei lupi, sono in costante movimento percorrendo miglia e miglia. Potranno mai vivere bene in una vasca di un parco acquatico?
Rispettare gli animali significa chiedersi se pagare il biglietto per vederli tenuti prigionieri sia moralmente accettabile
La risposta al quesito posto nel titolo è che non esiste una sola ragione che possa portare a giustificare l’ingresso in un parco con animali prigionieri. Fra le tante forme di maltrattamento che noi sapiens infliggiamo agli altri animali le più odiose sono proprio quelle ludiche. Far arricchire chi sfrutta gli animali guadagnando grazie al nostro divertimento è un comportamento eticamente inaccettabile: facendoci diventare i responsabili morali di quella sofferenza, che senza visitatori paganti non avrebbe luogo. Ogni biglietto venduto si trasforma infatti in un mattoncino per costruire e mantenere quella prigione.
Per questo i turisti non devono cedere al fascino apparente e alla spensieratezza che trasmettono parchi acquatici e zoo, sempre più attenti a coreografie che diano al visitatore l’illusione di trovarsi in un ambiente naturale. Sparite le vecchie gabbie sono state inventati nuovi sistemi di contenzione, capaci di eliminare illusoriamente quell’effetto di separazione che esiste fra visitatore e animale. Creando recinti apparentemente ampi, che spesso non possono essere completamente sfruttati dagli animali e che sono inferiori ai loro bisogni. Per diventare un luogo di divertimento apparente una prigione necessità di qualche trucco scenico, che nasconda noia e privazioni, lasciando gli ospiti ben visibili.
Si stanno spendendo molte parole sulla difesa dei diritti animali, ma sono davvero poche le azioni concrete messe in atto per trasformare concetti ridondanti in realtà che garantiscano davvero il loro benessere. Ogni Stato dovrebbe fare la sua parte, con leggi adeguate e controlli accurati, ma chi ha in mano le leve del potere in questo caso sono i cittadini. Esercitando la possibilità, ma anche il dovere, di mettere in campo scelte etiche, basate su empatia e rispetto. Non su quell’amore cieco per gli animali che talvolta produce effetti quasi peggiori dell’odio. Facendo chiudere queste strutture, togliendogli l’ossigeno che le tiene in vita: il nostro denaro e la nostra superficialità.
Elefanti e leoni per il film di Moretti scatenano molte polemiche contro il regista. Accusato giustamente di non tenere in considerazione la sofferenza degli animali che vengono usati, senza motivo, per fare da comparse. Il famoso regista sta girando a Roma le scene per il suo ultimo film “Il sol dell’avvenir”, usando anche animali selvatici come elefanti e leoni. Animali che, seppur detenuti legalmente, sarebbero stati facilmente sostituibili. Usando le tecnologie a disposizione che permettono di realizzare scene con animali senza che siano in carne e ossa.
La scelta di Nanni Moretti di usare animali veri per girare ha fatto infuriare le associazioni. Che giustamente si interrogano sulla necessità di fare scelte del genere quando esistono alternative. Roma sta dimostrando davvero molto poca attenzione nei confronti degli animali, dei loro diritti e delle problematiche causate da scelte poco attente. Sindaco dopo sindaco si ripetono proclami, dichiarazioni di attenzione e promesse. Regolarmente non attuate.
Il sindaco Roberto Gualtieri, succeduto a una inconcludente Virginia Raggi su animali e ambiente, non ha certo preso in mano il timone della città, sotto questo aspetto. I rifiuti attirano in città i cinghiali, con tutte le conseguenze del caso, la gestione dei canili convenzionati fa acqua da tutte le parti e le botticelle trainate dai cavalli sono sempre lì. A completare il quadro di un disastro costante, indegno di una capitale europea, mancavano solo gli elefanti e i leoni di Moretti.
Elefanti e leoni per il film di Moretti sono soltanto l’ultima dimostrazione di un’amministrazione capitolina che ignora i diritti degli animali
Gli uffici comunicazione di molti Comuni italiani fanno dichiarazioni di grande attenzione verso i diritti degli animali, destinate a restare lettera morta nella pratica. La politica è sempre attenta a cavalcare quello che piace agli elettori, salvo poi non essere in grado di mantenerlo nella pratica. Rimediando inevitabili brutte figure ed esponendosi a critiche, queste si davvero feroci, sicuramente più dei leoni usati da Moretti. Il problema di questi mancati diritti poggia su due pilastri: ignoranza e convenienza. Che rappresentano poi i presupposti di molte scelte errate su questi temi, non solo a livello municipale.
Risulta inconcepibile che ai nostri tempi, con climi peraltro sempre più caldi, ancora si peni di poter usare veicoli a trazione animale in una città come Roma. Eppure poche centinaia di addetti, ai quali si potrebbe dare una licenza di taxi, riescono di fatto a condizionare le scelte delle varie amministrazioni, facendo schiattare i cavalli sotto il sole, in un traffico impossibile.
Roma non è una città per animali e non ha risolto un disastro ambientale causato dalla pessima gestione dei rifiuti
Gli elefanti e i leoni usati da Nanni Moretti, che dovrebbe provare vergogna per aver fatto questa scelta, sono l’ultima punta di uno dei tanti iceberg che galleggiano nel mare magno romano. Gli uffici comunai hanno dato i permessi, senza pensarci troppo, del resto li chiede una star del calibro di Moretti. Che in questo caso si dimentica non solo di dire una cosa di sinistra, ma anche di fare una scelta intelligente, al passo con i tempi. Verrebbe da dire che forse è un regista troppo vecchio per usare tecniche relativamente recenti. Ma sarebbe una scusa sin troppo facile.
La capitale dell’Italia rappresenta, forse, lo specchio di quello che è il nostro meraviglioso paese, che fatica a stare al passo con i tempi, che arriva sempre tardi sulla transizione ecologica, che separa nettamente il mondo della parola da quello dell’azione. Lasciando spesso i cittadini più attenti smarriti da tanta mancanza di coraggio. Una capitale che manda centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti all’estero perché in anni non ha saputo come risolvere, come affrontare un’emergenza ambientale. Dopo aver inquinato con le discariche ora inquina per far viaggiare camion stracarichi di immondizia per le strade d’Europa, ma la luce di un’idea nuova pare ancora non essersi accesa.
Così il problema diventano i cinghiali, che dovrebbero essere visti invece come le conseguenze di un problema. Se in città non ci fossero tonnellate di rifiuti lasciate in giro, che creano un supermarket per tutti gli animali in cerca di cibo a basso costo energetico, non ci sarebbero neppure loro. Ma siccome un colpevole serve sempre eccolo qua. Ma se parliamo di porci i veri suini quadrupedi questa volta, ancora una volta, sono solo vittime. Proprio come i leoni e gli elefanti di Moretti.
Sterilizzare i randagi non basta per sconfiggere il randagismo, può contribuire a contenere il numero dei randagi ma non a risolvere un’emergenza. Come avviene per tutti i fenomeni complessi una sola azione non può essere sufficiente a risolvere, servono strategie articolate e di lungo periodo. Diversamente i risultati saranno parziali e deludenti, in particolar modo … Leggi tutto
Il circo senza animali rappresenta un percorso obbligato, per eliminare la sofferenza da sotto i tendoni, per compiere un’evoluzione inevitabile. Così il famoso circo Ringling Brothers e Barnum & Bailey riapre i battenti dopo averli chiusi nel 2017. La scelta era stata presa dopo anni di proteste delle organizzazioni per i diritti degli animali, che avevano portato a un drastico calo degli spettatori. Per questo il circo aveva deciso di chiudere i battenti e sembrava che questo fosse in modo definitivo.
Invece il circo forse più famoso del mondo ha percorso la strada del cambiamento, ha capito che non era più tempo di certi spettacoli. Una decisione che prende spunto anche dal Cirque du Soleil, il circo canadese che da anni mette in scena spettacoli senza animali, con grande successo. Dimostrando che il cambiamento non solo è possibile, ma che è anche redditizio per chi abbia il coraggio, e le qualità, per affrontarlo.
Il circo senza animali è il futuro, mentre la schiavitù sotto il tendone appartiene a un passato destinato a scomparire
Mentre diversi paesi europei hanno fatto scelte molto radicali, vietando l’uso degli animali nei circhi, in Italia evidentemente ci aspettiamo che questo avvenga per consunzione. Sembra che si stia aspettando che, una dopo l’altra le imprese circensi, nonostante i finanziamenti dello Stato, chiudano per mancanza di spettatori. In questo modo però peggiorano anche le condizioni di detenzione degli animali, visto che i circhi non investono certo in nuove strutture sapendo che, nonostante i proclami, il destino è segnato.
Peraltro essendo cambiata la sensibilità delle persone si moltiplicano anche le condanne per maltrattamenti inferti agli animali. Magari con processi troppo lenti e pene non adeguate alla sofferenza causata, ma restano comunque fatti che dimostrano un seppur tardivo cambio di attenzione. Se in Italia molti circhi continuano a esistere è anche perché troppe amministrazioni e troppi servizi veterinari pubblici hanno preferito chiudere gli occhi. Sulle condizioni di detenzione, sui maltrattamenti psicofisici subiti dagli animali, ma anche sui pericoli che queste strutture possono rappresentare per il pubblico.
Mancati controlli, omissioni e scarsa capacità di individuare la sofferenza negli animali hanno perpetuato il circo con animali
Le condizioni di vita degli animali nei circhi costituiscono la negazione di ogni diritto, per le caratteristiche intrinseche proprie dello spettacolo viaggiante. Lo capirebbe chiunque avesse la volontà di voler vedere che spazi ristretti e condizioni di vita sono incompatibili con il benessere animale. Una regola alla quale anche i circhi sono costretti a sottostare, perché nonostante quello che si crede, anche queste strutture hanno degli obblighi da rispettare. Il primo dei quali dovrebbe essere quello di garantire a ogni animale presente la possibilità di soddisfare le proprie necessità etologiche.
Mentre esiste una legge che regolamenta gli zoo, anche loro sempre più sotto il tiro dell’opinione pubblica e anche della comunità scientifica, per i circhi nulla viene stabilito sugli animali. Se non fosse per un tentativo di rimediare al vuoto normativo messo in atto dalla Commissione Scientifica della CITES. Che per cercare di riempire di contenuti questo vuoto ha stabilito delle condizioni minime per il benessere animale, travalicando forse i suoi poteri, ma surrogando sicuramente l’assenza della politica.
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