La gallina non stimola empatia quanto un cucciolo di cane
La gallina non stimola empatia quanto un cucciolo di cane. Qualcuno potrebbe dire che questa è la scoperta dell’acqua calda. Forse. Resta indubbio che i diritti, il rispetto e l’attenzione rappresentano un patrimonio comune di cui dovrebbero godere tutti gli esseri viventi. Ma non è così.
Se parliamo di cani maltrattati, di cuccioli randagi l’attenzione è molto alta. A scrivere solo di quello si guadagnerebbero molti più follower. E i giornali l’han capito.
Ci sono temi che infiammano le persone più di altri: cani e gatti randagi, la caccia e anche i lupi. Ci sono temi troppo spesso sottovalutati che invece farebbero la differenza per molti animali se fossero affrontati, indagati. Come la detenzione di specie selvatiche in cattività solo per il nostro diletto o le condizioni, orrende, in cui vivono le galline negli allevamenti.
Semplificare il nostro rapporto con gli animali non sempre funziona
Il punto, forse, è che molto spesso noi parliamo attraverso la semplificazione di concetti. Un errore che talvolta facciamo anche con gli umani. Dire “io sono felice perché sta con me” è un’affermazione che si può applicare a un uomo, a un cane o a un pappagallo in gabbia. Che non corrisponde sempre a una realtà speculare.
Le semplificazioni ci fanno stare bene, non ci chiedono di indagare nella nostra anima, non ci parlano di rispetto, non ci fanno porre domande. Ma sono anche la chiave di volta della violenza, quella ultimativa che coi nostri conspecifici può portare all’omicidio oppure quella che viene agita nei confronti di molte specie animali non umane, che spesso non vogliamo considerare.
Se scrivo che le razze di cani brachicefali come i bulldog o i carlini andrebbero vietate, tutti quelli che ne hanno uno insorgono, ben prima di chiedersi se è vero che questi cani facciano fatica a respirare. In fondo non importa, non perché credano che siano “affari” del cane, ma semplicemente perché amano quel cane, molto più di quanto lo rispettino.
Quando parlo di animali che seppur riprodotti in cattività non dovrebbero essere considerati domestici e, men che meno stare nelle nostre case, come pappagalli, criceti e conigli, ricevo le critiche di molti che li hanno in salotto e li adorano come reliquie. Senza occuparsi del loro reale benessere, tanto da fargli affermare che in cattività stanno benissimo.
Uno vale uno: ma un cane vale più di un maiale
Se parlo di galline, vacche, maiali l’attenzione scende ancora, come se non fossero esseri senzienti, come se non fossero animali. In questo caso non ci sono né amore, né possesso a stimolare l’interesse. Certo un po’ dispiace, ma non vale la pena di soffermarsi sui diritti negati, sulla sofferenza. Dovremmo poi porci delle domande. Non lo vogliamo fare quasi mai.
Se invece provassimo a soffermarci di più sulla sofferenza che sull’esistenza in vita, sulla violenza che si nasconde troppe volte dietro il possesso e l’amore, sarebbe diverso. Cambierebbe l’angolo di lettura, ci troveremmo costretti a interrogarci. Certo sarebbe faticoso ma rappresenterebbe anche un modo per costruire le fondamenta di una società migliore.
Non possiamo progredire se non ci mettiamo anche nei panni degli altri esseri viventi, se il nostro ombelico diventa il centro del mondo. Proviamo a pensare cosa significhi vivere con una costante paura, con il disagio di vivere, nell’impossibilità di poter mettere in atto comportamenti normali. Di non poter respirare, di saper volare e di non poterlo fare, di essere costretto a trascorrere una vita dietro le sbarre.
La gallina non stimola empatia quanto un cucciolo di cane? Forse il nostro sentimento nei confronti dei viventi ha qualche ganglio vitale interrotto. Abbiamo delle connessioni logiche che non funzionano correttamente, non dialogano. Non solo per le galline, ma anche per dei pesci rossi (leggi qui)
Questa è l’empatia, il miglior sentimento che possiamo allevare, il miglior modo per relazionarci con il mondo, con la vita e anche con la morte. In fondo siamo stati tutti, magari solo per brevi periodi, giorni, anche solo attimi, un poco prigionieri, spaventati, rifugiati, non ascoltati, non rassicurati. Individui soli. Per questo non dobbiamo smettere mai di farci domande.
La gallina non stimola empatia quanto un cucciolo di cane, questo non è un problema ma deve essere visto come un sintomo.