Ribaltare le politiche economiche sul randagismo sarebbe l’inizio di una diversa gestione del fenomeno

Pensare di ribaltare le politiche economiche sul randagismo, passando da una gestione che non produce effetti a un effettivo contrasto del fenomeno. Capace di trasformare centinaia di milioni spesi ogni anno senza ottenere risultati in un investimento di periodo, capace di arginare in modo significativo il problema. Percorrendo una strada di cambiamento che sarebbe tanto auspicabile in un periodo come questo. Dove le risorse economiche sono poche e andrebbero canalizzate in modo intelligente.
Del resto volenti o nolenti per i randagi si spendono molti soldi, senza contare quel valore non misurabile dato dalla sofferenza che molti animali subiscono. Per mancanza di cure idonee, per essere confinati in spazi spesso inadatti o semplicemente per dover passare una vita in strada, che non è certo l’ideale per animali domestici.
Il costo economico del randagismo non dovrebbe essere calcolato solo sulle spese di mantenimento degli animali nelle strutture sanitarie o nei rifugi, ma nel suo complesso. Costituito dagli indennizzi in caso di morsicature o incidenti stradali, dai rimborsi agli allevatori per gli attacchi al bestiame e dall’impatto sulla fauna selvatica.
Le attuali politiche economiche sul randagismo alimentano spesso il malaffare e la criminalità
Visto che non saranno i canili o altre strutture di ricovero a risolvere il problema, non potendo arginare le riproduzioni indesiderate che stanno a monte del fenomeno, occorre mettere in campo scelte più coraggiose. Obbligando la sterilizzazione dei cani meticci di proprietà e di tutte quelle razze che una volta entrate in un canile difficilmente riescono a trovare adozione. Come accade per la maggioranza dei molossoidi. Obbligo che dovrebbe essere esteso a tutti i cani e i gatti che abbiano possibilità di vagare liberi, indipendentemente dalla razza.
Vietando la pubblicizzazione e la vendita di cani, gatti e di animali in genere sulla rete. Prevedendo che i negozi di animali possano proporre solo cani e gatti provenienti da rifugi, come sta avvenendo in molte parti del mondo. Intensificando i controlli sull’anagrafe canina, formando e creando persone che possano replicare le funzioni degli ausiliari del traffico. Controllando e sanzionando maggiormente i proprietari che non abbiano provveduto a iscrivere i cani e gatti nelle anagrafi regionali.
La possibilità di accogliere nella propria vita un animale non dovrebbe essere considerato come un diritto per tutti, ma come il risultato di un percorso. Per evitare che acquisti di impulso, regali non richiesti e nemmeno voluti siano poi la causa di futuri abbandoni o di ingressi nei rifugi. Una persona davvero motivata nella decisione di vivere con un animale non si fermerà certo di fronte all’obbligo di seguire qualche lezione formativa. E se così non fosse allora vorrà dire che le motivazioni non erano quelle giuste.
Chi non ha mai avuto un cane o un gatto dovrebbe essere formato, senza possibilità di acquisti o adozioni al buio
Capita di leggere spesso sui social di cani che vengono adottati sulla rete e che una volta a destino vengono rifiutati dai nuovi proprietari. Appare evidente che qualcosa non abbia funzionato da ambo le parti: affidi fatti male, decisioni prese senza ponderazione. In mezzo, strattonato come uno straccio, resta però il cane con tutto quello che questo comporta. Eppure se le persone fossero formate prima, dovessero impegnarsi per poter tenere un animale, si potrebbero evitare tante situazioni subite dagli animali.

Animali non voluti, cani che vivono sul terrazzo o rinchiusi sempre in giardino senza mai uscire. Animali adottati come passatempo per i bambini e poi, al primo intoppo considerati solo come un problema. Sono tantissime le situazioni dove le condizioni di custodia non costituiscono un giuridicamente maltrattamento, ma sono lontane dal benessere psicofisico di un animale. E se è vero che un’adozione è sempre una speranza per un animale chiuso in un rifugio, è altrettanto vero che questa possa trasformarsi in una condanna.
Occorre evitare che la collettività subisca i costi, gli animali le sofferenze, di scelte sbagliate. Occorre educare le persone alla responsabilità e al rispetto. Facendo informazione e usando i fondi risparmiati per mettere un vero freno al randagismo. Che non può essere attuato solo con strutture di ricovero.