Accumulare animali come surrogati umani
Accumulare animali come surrogati umani è una patologia psichiatrica, definita nei manuali sui disturbi psichici come “animal hoarding”. In Italia troppo spesso siamo ancora abituati a liquidare queste patologie, gravi e invalidanti, come semplici inconvenienti igienici.
In questo modo salta tutta la rete di assistenza, non viene riconosciuta la malattia e intanto questa spirale avvolge persone e animali che rischiano di perdersi in un gorgo senza fine, che risucchia non solo i protagonisti, prime vittime della loro patologia, ma anche quanti ci si imbattono in un vergognoso rimpallo di competenze.
In tanti anni che mi occupo di diritti degli animali sono purtroppo arrivato a un’amara conclusione: tante sono le buone intenzioni ma pochi mettono poi le mani nel gorgo per i più svariati motivi: pigrizia, mancanza di fondi, ignoranza, insensibilità o solo perché “tanto certe persone non le puoi aiutare”.
Il problema però non si risolve girando la testa altrove, occorre valutare e riconoscere la sofferenza, che non è liquidabile come un bizzarro comportamento e attaccamento verso gli animali.
La malattia psichica non ha bisogno di giudizi, avrebbe bisogno di presenza, di assistenza e nulla intristisce di più che accorgersi che se pochi si occupano delle sofferenze animali, altrettanto esigua è la pattuglia che si occupa di certe sofferenze umane, in modo efficace e risolutivo, specie in assenza di una rete familiare di supporto.
L’accumulo compulsivo di animali è un disturbo psichiatrico
In anni di lavoro ne ho incontrati tanti e mi sono fatto un’idea, magari sbagliata ma forse figlia di questo periodo di crisi ma anche di dispersione delle risorse per ruberie e corruzione: le difficoltà d’intervento, l’attenzione, i fondi ma anche la sensibilità sono molto diminuite e, così, queste persone si trovano sempre più sole.
In fondo per molti la malattia psichiatrica è un fastidio, è una realtà triste con la quale non vogliamo avere a che fare. Così queste povere persone sono relitti in un mare in tempesta e per quanto sembri un assurdità è forse più facile mettere in sicurezza un animale che occuparsi e migliorare la vita di una persona in queste condizioni.
Non hai sponda, non trovi ascolto, sembra che il massimo ottenibile sia basato sulla buona volontà dei singoli, non su un dovere sociale di protezione dei fragili, degli uomini, degli animali, di quanti hanno bisogno di tutela. I servizi sociali sono fatti da poche persone, i medici dei CPS e simili troppo spesso, per carenza di mezzi, praticano la telemedicina.
Curano ma non vedono, assistono pazienti di cui sanno troppo poco perché troppi sono gli assistiti, poche le risorse, pochi i medici. Intanto però scopri che queste anime malate accumulano animali e sofferenza da decenni, nell’indifferenza generale. Tritano animali come peluche rassicuranti, attraversano una vita fatta di traumi, paure, sofferenza che inconsapevolmente infliggono a altri innocenti.
Ho visto persone che vivevano in condizioni disperate, con 30 gatti in casa e un canile dove nei box i cani erano morti di fame: restavano mucchi di ossa corrose dai vermi e preda dei topi. Non in un posto isolato e sconosciuto ma in un paese della Brianza.
L’accumulo di animali è sempre esistito, ma era liquidato come inconveniente igienico
Ricordo agli albori della mia attività di aver prelevato dei gatti in una casa dove il pavimento era costituito da circa un metro di sacchi di spazzatura raccolta dalla strada, che occupavano ogni centimetro libero, oppure il recupero di un cane nella casa di un alcolista che costruivava “altari” con le confezioni di Tavernello vuote.
Per non parlare delle contesse milanesi che accumulavano cani in un ex stabilimento farmaceutico, una bolgia dantesca poi sequestrata, in cui i cani per troppo amore soffrivano una segregazione senza speranza. Molte, tante, troppe situazioni di disagio mentale non assistito, poi risolte, troppo spesso con ritardo di anni..
Oggi devo dire che poco è cambiato, queste situazioni se possibile aumentano, come crescono paure, angosce e solitudine in una società sempre più asociale e sempre più incapace di fare rete. Non si smette mai di incontrarsi con la sofferenza, con un disagio senza fine, con la follia mista a malinconia e atroce solitudine. Persone sommerse di cose, di rifiuti, di animali, magari che convivono con minori e che oltre che da questo sono sepolte sotto l’indifferenza generale.
Con impegno e perseveranza forse si riuscirà a stabilire dei protocolli di intervento validi su tutto il territorio nazionale, che possano essere risolutivi per le persone e per gli animali, colmando un vuoto assistenziale rumoroso, che fa riflettere anche sui mille casi che non emergono, forse soltanto perché poi sarebbe necessario farsene carico, occuparsene.