Pastore abbandona vacca ferita

Pastore abbandona vacca ferita, caduta sulla strada mentre pascolava su una collina. E’ accaduto in Val Vigezzo, in Piemonte, dove l’uomo stava portando al pascolo animali di proprietà di un’azienda agricola bresciana.
L’uomo è stato multato per aver violato il Codice della Strada, creando un pericolo per gli automobilisti e per il reato di abbandono di animali. Alla fine non una gran cosa, rispetto al gesto che non trova alcuna giustificazione.
L’uomo, un pastore di Legnano che portava al pascolo le vacche per conto di un’azienda agricola bresciana, è stato rintracciato grazie ai Carabinieri. Che hanno avvisato i veterinari del Servizio Sanitario che hanno fatto macellare l’animale sofferente, secondo quanto pubblica un giornale dell’Ossola.
La vacca ferita ha fatto notizia, ma si tratta di una storia di ordinaria indifferenza
Abbandonare un animale ferito è un comportamento grave, al di là della reale punizione e della considerazione: denota indifferenza, mancanza di empatia, ma anche disinformazione. Su procedure da seguire e conseguenze per il responsabile.
Inutile prendersela con il pastore, probabilmente una persona con limitati mezzi culturali: bisogna invece prendersela con chi permette di affidare animali a persone che non sono state formate. Certo se il mondo fosse vegano questo non sarebbe successo, ma non è questoil punto, visto che così non è.
Occorre essere realisti, non dovrebbe essere più possibile una gestione approssimativa e maltrattante degli animali considerati da reddito. Deve cambiare la sensibilità del legislatore, ma anche quella delle persone. Se al posto della vacca ci fosse stato un cane la rete sarebbe insorta. Ma la sofferenza animale non conosce specie e fra una vacca e un cane la differenza non esiste. Se non negli occhi di chi osserva.
La sensibilità verso gli animali ha due velocità e molte e diverse soglie
Certo è difficile sentirsi coinvolti emotivamente da animali che la maggioranza delle persone vede solo nel banco carni del supermercato. Eppure sotto il profilo etico non può essere questa la ragione, perché questo comportamento rappresenta il risultato di una distorsione della sensibilità.
Cani e gatti e in genere gli animali con cui dividiamo la nostra vita sono considerati in modo diverso. Nessuno berrebbe un bicchiere di latte di cane, ma possiamo accettare che si maltrattino i bovini con più indifferenza. Basta non soffermarsi, basta giustificarsi dicendo che sono animali diversi. Che il cane è il miglior amico dell’uomo da sempre e che con la vacca non si è mai creata questa sintonia. Per una sfortunata serie di NON coincidenze.
Come se bastasse il fatto di non avere una vacca in salotto per poterla considerare diversa, per non soffermarsi a pensare che possa provare sofferenza, dolore, paura. Queste non sono sensazioni esclusive dell’uomo ma nemmeno del cane o del gatto. Sono stati emotivi che provano la maggior parte degli animali: negarlo non alleggerisce la nostra responsabilità.
Questo diverso sentire è quello che ha consentito, specie negli ultimi cinquant’anni, di originare situazioni orrende negli allevamenti. Situazioni delle quali solo ora i consumatori iniziano ad accorgersi, con enorme ritardo. Che ha fatto sprofondare nell’abisso dell’indifferenza le atroci condizioni nelle quali facciamo vivere gli animali.
La vacca caduta almeno era sul pascolo, è morta vivendo
La gravità sta nell’indifferenza del pastore, nell’insensibilità verso l’altrui sofferenza ma, almeno, questo animale stava conducendo una vita degna. Quella che dovrebbe condurre ogni erbivoro, stando al pascolo, compiendo le azioni tipiche della sua specie.
Mangiando erba come dovrebbe fare ogni animale erbivoro. Un’ovvietà potrebbe pensare qualcuno, senza sapere che l’erba e il pascolo, il profumo della terra bagnata sono cose che gli animali degli allevamenti intensivi non conoscono. E non conosceranno mai.