La violenza sta divorando l’empatia

La violenza sta divorando l'empatia

La violenza sta divorando l’empatia. Boccone dopo boccone si sta mangiando le basi del nostro vivere comune. Del nostro sentire.E’strisciante come un nemico pericoloso, subdola perché entra nei gangli della società. Interrompendo rapporti, creando nemici e lasciando sul campo la condivisione.

Non ce ne siamo accorti, non abbiamo voluto vederla e lei piano piano ha riempito gli spazi vuoti. Trasformando il senso di appartenenza in paura. Violenza contro le persone, violenza contro gli animali, violenza verbale e violenza agita. Una violenza che si sta mangiando il tempo della discussione, dello scambio. Lasciando il posto a concetti scomposti, a insulti senza senso.

Dobbiamo ripensare se alimentarci di questa comunicazione, che produce facili consensi ma poche riflessioni oppure fare altri ragionamenti, aprire altri orizzonti. Restare fermi sui principi ma accoglienti nei modi. Senza verità da vendere ma solo con argomenti da proporre.

Non ci sarà comprensione in chi si sentirà attaccato e insultato.

La cultura della violenza sta producendo contrapposizioni, ci sta impedendo di analizzare le questioni. Sta facendo divorare i ragionamenti dagli insulti. Che come termiti divorano il legno delle nostre impalcature sociali. Difendere cause eticamente di valore non è possibile se per farlo usiamo i peggiori stereotipi dell’aggressività verbale. Che spesso nasconde l’incapacità di discutere, la carenza di concetti da esporre. In questo tranello comunicativo non devono cadere le persone che difendono i diritti dei più deboli. Il nostro dovere è creare consenso non rigetto.

Abbiamo bisogno di essere i promotori di una società diversa e migliore. Un gruppo sociale responsabile, attento all’ambiente, ai diritti delle categorie fragili e a difendere principi etici che sono mille volte lontani da arroganza e prevaricazione.

Se la violenza divora l’empatia si rischia di arrivare all’implosione.

Una lotta fra poveri e senza diritti, alimentata da un’economia senza etica che spesso manipola la verità. Banalizzando molto con i titoli che non corrispondono ai contenuti. Non per fare informazione ma per fare click che portano entrate pubblicitarie.

Difendere gli animali dalla violenza, dal bracconaggio, dagli abusi non passa attraverso l’estinzione della nostra specie e nemmeno dall’insulto verso cacciatori o maltrattatori. La società diventa migliore quando i valori diventano comuni, quando la cultura cresce, quando la conoscenza è un patrimonio da condividere.

Personalmente non scrivo per sentirmi dire bravo da chi ha il mio stesso sentire. Scrivo per parlare a chi la pensa diversamente, per cercare di creare un ponte fatto di riflessioni e di attenzioni. Proponendo visioni diverse che possano catturare l’attenzione.

Se così non fosse, conoscendo il mestiere e la natura umana, ben diversi sarebbero titoli e contenuti. Con la consapevolezza che comportandosi in modo corretto le entrate pubblicitarie non serviranno nemmeno a coprire i costi. Non riusciranno a permettermi di considerare il mio impegno un’attività remunerativa con la quale vivere. Ma solo un impegno sociale che, non producendo reddito, esisterà sino a quando riuscirò a sostenerlo.

Vorrei tanto che le persone che si occupano di animali riuscissero a comprendere che combattere la violenza e la prevaricazione usando gli stessi strumenti, violenza e prevaricazione, soddisfa solo il loro ego. Senza spostare di un grado l’ago della bilancia.

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