Un sottile filo lega tutte le categorie fragili: la violenza.
Per quanti sono lontani da questo problema potrebbe sembrare difficile individuare quale sia il minimo comun denominatore che unisce le categorie “fragili” fra di loro.
Specie se in queste una è rappresentata dagli animali: ma queste categorie hanno qualcosa in comune, purtroppo qualcosa di tragico: essere tutte possibili soggetti di violenza,
Spesso quella strisciante, viscida e per questo più pericolosa. Per questo vorrei contribuire a portare sotto la luce dei riflettori questo problema, in Italia troppo spesso non conosciuto e non correttamente valutato.
Una delle obiezioni più diffuse contro le quali deve combattere chi difende i diritti degli animali è che prima di pensare a loro, in fondo ritenuti buoni ultimi all’interno di una scala valoriale molto antropocentrica, bisognerebbe occuparsi di bambini e anziani. Questo pregiudizio cozza però con un dato di fondo, con una contraddizione, in fondo solo apparente: chi si occupa di animali difende anche i diritti dei “fragili” umani, non sempre chi si occupa di categorie deboli umane è capace di guardare oltre.
Gli animali infatti non sono solo vittime di abusi, come lo possono essere i bambini o gli anziani, ma costituiscono anche uno “strumento” per meglio conoscere il baratro delle violenze domestiche, quelle che emergono dall’abisso solo quando diventano eclatanti e che vengono spesso ignorate nella loro fase di latenza virulenta.
Vedere come una famiglia tratta gli animali che possiede è uno strumento di indagine indispensabile per comprendere certe dinamiche, per capire quanto abuso, trascuratezza, accumulo compulsivo e i conseguenti disordini mentali connessi, siano presenti in una casa.
Negli Stati Uniti il “link” è un fenomeno conosciuto da tempo e ci sono decine di studi scientifici e criminologici che dimostrano lo stretto legame fra violenza agita nei confronti degli animali e violenza subita dagli uomini, in particolar modo quando questo riguarda l’adolescenza, periodo altamente formativo per tutti i cuccioli, compresi quelli di uomo.
Da noi invece il fenomeno è rimasto sotto traccia, non indagato a sufficienza, rimasto senza analisi ma anche senza soluzioni e questo rappresenta il problema dentro il problema. La mancata conoscenza porta, inevitabilmente, a una grave carenza degli strumenti messi in campo per contrastare le violenze domestiche.
Paradossalmente noi ignoriamo che molte delle vittime non si vogliono allontanare da casa se non sanno di poter avere protezione anche per i loro animali e ignoriamo altresì, fatto altrettanto grave, che per i soggetti vittimizzati poter contare sull’affetto di un animale è come aver già percorso una rampa di una lunga scala, quella che può portare fuori dagli inferi della violenza.
ENPA Milano ha organizzato nell’ottobre 2014 un corso destinato alle forze dell’ordine per illustrare e fornire strumenti operativi per svelare questo “angolo buio” della nostra visione del rapporto fra uomini e animali, nel tentativo di far comprendere che solo una maggior conoscenza del problema possa essere uno strumento utile per una reale tutela delle categorie “fragili”.
Per questo motivo il 20 marzo 2015 lo stessa tema verrà proposto, da ENPA Milano, a una platea diversa, costituita da avvocati, assistenti sociali, veterinari ed educatori, ma con identico obiettivo: diffondere la conoscenza, aiutare la comprensione, indicare strumenti utili per contrastare il fenomeno.
Non bisogna mai dimenticare che la divulgazione, fare formazione e informazione, rappresenta l’unico modo per squarciare veli, abbattere pregiudizi e cercare di coagulare più forze possibili sulla strada che porta alla difesa dei diritti delle categorie “fragili”.
Ogni persona coinvolta, per lavoro o per attività collaterali, in attività che prevedano il contatto con bambini, anziani o animali deve diventare una sentinella per vigilare sulla violenza, per combattere la violenza.
Ci sono porte che si spalancano solo per un attimo e, se non sappiamo cogliere l’importanza di quello squarcio sulla realtà, rischiamo di condannare soggetti “fragili” a restare imprigionati nella spirale della violenza, domestica e non.
Questo deve diventare un impegno primario per le associazioni, per gli operatori, le forze dell’ordine e quanti sono interessati a risolvere il problema, che può essere affrontato solo grazie a un interscambio multidisciplinare. Ma non esiste un nemico invincibile, esiste solo, troppo spesso, l’ignoranza.