
Il canile di Palermo non trova pace, da anni, ma forse sarebbe meglio dire da sempre. Non trovano pace i cani in viaggio da Palermo verso destinazioni controverse, da sempre. La vecchia struttura di via Tiroasegno dovrebbe essere in ristrutturazione da tempo immemore, ma per un motivo o per l’altro tutto resta immoto e i progetti di ristrutturazione rimangono al palo. Purtroppo anche le condizioni di vita dei cani restano inaccettabili e l’unica soluzione pensata è quella del trasferimento. Che per qualcuno è deportazione.
Lo spostamento dei cani non è cosa nuova, ma anzi una soluzione reiterata nel tempo senza arrivare a provvedimenti in grado di superare questo permanente stato di emergenza. La questione randagismo del resto è sempre stata gestita con la logica emergenziale: tanti soldi, tante parole senza reale risoluzione. Nonostante inchieste, proteste, interrogazioni anche a livello parlamentare. Come quelle che vanno in scena in questi giorni per non far andare i cani di Palermo al canile Dog’s Town di Pignataro (Caserta). Una maxi struttura da 700 posti.
Ma che ci siano cani in viaggio da Palermo verso un maxi canile sembra un’ipotesi che al momento scongiurata, anche perché i mezzi per il loro trasporto, giunti dalla Campania, non sembrano essere a norma e sono stati bloccati ancora una volta. Lo si legge in moltissimi articoli di stampa, fra i quali quelli pubblicati da BlogSicilia.
Sul cani di Palermo in viaggio verso un canile fuori regione il dibattito è sempre vivace
Non mancano in rete scontri e battibecchi fra chi sostiene che sia meglio lasciar partire i cani verso un’altra destinazione, piuttosto che tenerli confinati dentro gabbie piccole in una struttura fatiscente. Altri che sostengono sia un’assurdità spostare i cani da una regione oppressa dal randagismo a un’altra in condizioni molto simili, quando non uguali.
Non bisognerebbe mai dimenticare che il fulcro della questione non possono essere i canili, non è il canile di Palermo, che mai potrà risolvere il problema se non cambiano le regole di ingaggio contro il randagismo, in Sicilia e non solo. Sono decenni che ci si occupa del randagismo senza mai trovare la chiave per risolverlo, forse perché nonostante tanto rumore non vi è l’effettiva volontà politica.
Non mancano i sostenitori e i detrattori del canile in provincia di Caserta: chi sostiene che si tratti di una deportazione e chi parla di una struttura che gestisce correttamente gli animali e li fa affidare. Insomma su temi di cani e canili la rete, come sempre, si divide in schieramenti opposti.
Un canile non dovrebbe avere numeri da allevamento intensivo
La struttura di Caserta ha 700 posti cane, che personalmente penso siano troppi, ben oltre il limite di una struttura ragionevolmente a misura di cane. Certo si possono realizzare una serie di economie di scala, diminuire i costi e aumentare la redditività dell’impresa in modo da poter offrire prezzi concorrenziali. Tanto contenuti da contribuire a sbaragliare molta concorrenza, specie quando gli appalti sono basati solo sul costo giornaliero.
In Lombardia la normativa regionale stabilisce che nelle strutture adibite al ricovero di cani e gatti non sia concesso avere più di 200 posti, un limite per il quale molti anni addietro si erano battute proprio le associazioni di tutela degli animali. Un limite che ritengo non dovrebbe essere valicato per garantire requisiti, anche di natura ambientale, che possano consentire il minimo benessere per gli animali ospitati. Questa mia considerazione è valida per chiunque sia il gestore e qualunque sia il suo lavoro.
Bisognerebbe che anche sui canili si stabilissero dei LEA (Livelli essenziali di assistenza) e che fossero questi a essere tenuti in considerazione e non solo le tariffe di mantenimento. Bisognerebbe vedere le statistiche sulle adozioni, sulla loro qualità, sui giorni medi di permanenza. Solo analizzando i dati in modo serio si passerebbe da una gestione del problema basata su dati certi, non su opinioni o leggende.
Non saranno i canili a sconfiggere il randagismo, a far cessare lo scandalo di strutture indecenti come quella di Palermo. La soluzione passa attraverso la gestione delle origini del fenomeno: la mancata sterilizzazione e il mancato contrasto a una gestione irresponsabile degli animali domestici. Il resto sono solo conseguenze del problema, che costano alla comunità e producono reddito per alcuni.
Sicuramente in tutto questo non c’è nemmeno un piccolo vantaggio per i cani.