Chiudere la caccia quest’anno è un gesto di responsabilità che gli italiani aspettano dal governo e dalle regioni, dopo un’estate caratterizzata da una fortissima siccità e da devastanti incendi.
Il 2017 sarà ricordato come il peggior anno per l’ambiente del nostro paese a causa di incendi che hanno distrutto migliaia e migliaia di ettari di bosco, percorrendo la penisola per tutti i mesi estivi. Appiccati da piromani, provocati da irresponsabili e agevolati da una siccità senza precedenti gli incendi hanno causato la morte di decine di migliaia di animali e distrutto interi ecosistemi.
Così quest’anno le associazioni di protezione ambientale hanno chiesto a gran voce (leggi qui) che non si apra la stagione venatoria, per dar tempo alla fauna e all’ambiente di riprendersi da un estate davvero devastante. Lo stesso ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha inviato una lettera a tutte le regioni italiane e al Ministero dell’Ambiente perché vengano attuate misure a tutela della fauna.
Considerando che il rapporto fra ISPRA e ambientalisti non è certo idilliaco e che lo stesso istituto è stato più volte messo sotto accusa, proprio per pareri che hanno agevolato il mondo venatorio, questa volta ISPRA si è schierato senza tentennamenti a tutela dell’ambiente e di una fauna duramente provata dalla lunga e calda estate 2017.
I dati meteoclimatici indicano che il 2017 è stato caratterizzato, già a partire dagli inizi dell’anno, da una situazione meteorologica decisamente critica, caratterizzata da temperature massime assai elevate e prolungati periodi di siccità, che ha determinato in tutta Italia una situazione accentuata di stress in molti ecosistemi. Tale situazione, anche aggravata da una drammatica espansione sia del numero degli incendi sia della superficie percorsa dal fuoco (+260% rispetto alla media del decennio precedente; dati European Forest Fire Information System – EFFIS) in diversi contesti del Paese, comporta una condizione di rischio per la conservazione della fauna in ampi settori del territorio nazionale e rischia di avere, nel breve e nel medio periodo, effetti negativi sulla dinamica di popolazione di molte specie. (Fonte: nota inviata da ISPRA a tutte le regioni italiane)
Questa situazione, ben fotografata in poche righe dall’istituto, richiede un gesto estremo di responsabilità che coinvolga tutte le istituzioni del paese, in primis la politica che troppo spesso vede nel mondo venatorio un serbatoio di voti da preservare, anche promuovendo provvedimenti illogici pur di non scontentare una lobby potente e ben finanziata come quella che gravita intorno alla caccia e al suo indotto.
I dati scientifici però costringono all’angolo anche le associazioni venatorie che dovranno decidere se comportarsi in un modo responsabile, scontentando una gran parte dei loro associati ma tutelando il patrimonio faunistico che è dell’intero paese e della comunità internazionale, oppure cavalcare comunque la strada che porta a un’apertura della stagione venatoria a ogni costo. Percorso quest’ultimo che rappresenterebbe un ulteriore strappo con l’opinione pubblica, da sempre schierata in via maggioritaria contro il mondo venatorio.
Come già evidenziato in passato da questo Istituto, in presenza di eventi climatici particolarmente avversi per la fauna, si ritiene che, seguendo il principio di precauzione, in occasione della prossima apertura della stagione venatoria vadano assunti provvedimenti cautelativi atti a evitare che popolazioni in condizioni di particolare vulnerabilità possano subire danni, in particolare nei territori interessati da incendi e condizioni climatiche estreme nel corso dall’attuale stagione estiva. (Fonte: nota inviata da ISPRA a tutte le regioni italiane)
Sulla scorta proprio della necessità di applicare provvedimenti cautelativi, suggeriti anche da ISPRA, le associazioni ambientaliste ma anche quelle venatorie, se vogliono dimostrare coerenza con la figura di difensori dell’ambiente con la quale hanno sempre tentato di auto accreditarsi presso l’opinione pubblica, devono unire gli sforzi con un’alleanza di scopo, ferme restando le nette differenze, che porti alla chiusura della stagione venatoria 2017/2018 su tutto il territorio nazionale.
Un anno di fermo biologico, peraltro di un’attività ludica e come tale non necessaria, che possa ridare fiato e consistenza al nostro patrimonio faunistico nazionale. Un gesto di responsabilità che, per una volta, dovrebbe vedere tutti uniti.
Almeno due anni . E poi ben programmata
Bene un anno di fermo biologico