Comprare un animale non è salvarlo

Comprare un animale non significa salvarlo, servirà soltanto ad alimentare una catena economica utile a perpetuare un mercato che metterà in vendita centinaia di migliaia di vite.

Entrando in uno dei tanti garden che vendono animali, da quelli tenuti meglio ai più scadenti per quanto riguarda le condizioni di detenzione, ci si rende subito conto della quantità di specie presenti nelle vetrine e del fatto che lo spazio vitale a loro disposizione sia molto spesso esiguo, con un’igiene delle gabbie o delle teche che raramente da l’impressione di una grande attenzione al benessere degli animali.

Questo discorso vale anche per cani e gatti, ma decresce molto rapidamente quando si arriva a vedere le gabbie dei cosiddetti animali domestici non convenzionali: conigli, criceti, degu, cavie, pappagalli e delle tante specie insolite che servono da punto di attrazione della clientela: gufi, civette, tucani, cani della prateria, falchi di Harris per arrivare anche ai falsi bradipi. Per fortuna da tempo in Italia non sono più vendibili scimmie, grandi carnivori e tanti altri animali entrati nella lista di quelli pericolosi per l’incolumità pubblica, riducendo l’elenco delle specie commerciabili.

La strategia dei venditori però sembra chiara: avere in vetrina cuccioli, possibilmente molto piccoli anche se sarebbe proibito, ma purtroppo la determinazione dell’età non è mai una certezza inconfutabile, oltre ad altri che attraggono i clienti, specie se hanno dei bambini.  I cuccioli di cane e gatto servono per il loro aspetto tenero che stimola il senso di protezione, l’affetto istintivo e che costituiscono le principali cause degli acquisti di impulso; gli altri animali, che non possiedono la stessa attrattività dei cuccioli, devono far percepire al visitatore, sempre visto come un potenziale cliente, un po di disagio per le condizioni di cattività, in modo da stimolare l’empatia e la compassione verso di loro. In questo modo chi li acquista si sentirà protagonista di un’azione positiva per aver compiuto il loro salvataggio, mentre in realtà sarà soltanto l’involontario anello di una catena senza fine che alimenta il commercio. Le condizioni di vendita degli animali nei negozi sono tali  a causa di normative facilmente aggirabili, che prevedono pene esigue anche in caso di contestazione, con una generale disattenzione degli organi di controllo di fronte a queste situazioni e con la complicità del cosiddetto utilizzatore finale, che solo a posteriori e neanche sempre, si rende conto di aver contribuito ad alimentare un’attività che è fonte di costante esposizione degli animali a comportamenti innaturali, a una vita non compatibile con i loro bisogni etologici sino ad arrivare a veri e propri maltrattamenti.

Non è facile decidere di non comprare un animale in difficoltà, quando questa opportunità rappresenta l’unica possibile per poterlo magari curare, ma è altrettanto vero che questo stimolo è il motore di molti acquisti e uno dei volani che fa girare il commercio. La riduzione della domanda, il mancato ritorno economico derivante da comportamenti non virtuosi nei confronti degli animali è l’unica strada per arrivare ad ottenere una drastica riduzione del loro commercio. Per questo è importante fare delle scelte da parte del consumatore, alcune delle quali sono davvero a costo zero anche sotto il profilo emotivo: comperare cibo e accessori per gli animali di casa solo in negozi che non vendono animali e fate acquisti solo nei garden che non hanno un reparto con il piccolo zoo. In molti garden il reparto degli animali diventa meta di gite domenicali di famiglie che portano i bambini a vederli, trasmettendo così ai figli il modo peggiore per avere un approccio positivo con la natura, andando a vedere esseri viventi in cattività, tenuti in condizioni irrispettose, senza nessun contatto con la realtà comportamentale della loro specie, per quanto concerne gli animali non domestici. In questo modo i bambini impareranno che tenere un gufo reale in una gabbia sia una cosa normale, accettabile e passerà il messaggio diseducativo che l’importante è vedere un animale, non conoscere le sue esigenze e i suoi comportamenti naturali.

Abbiamo bisogno di avere regole diverse per la vendita degli animali che sono tenuti nelle nostre case, fatte di maggiori garanzie per il loro benessere, di maggiori informazioni agli acquirenti, ma anche di divieti che escludano molte specie oggi commerciabili dal novero di quelle di cui è consentita la vendita, per la loro difficoltà di essere tenute in modo almeno adeguato in cattività. Già è grave quello che accade in tantissimi negozi, ma nessuno sa cosa accade realmente nelle case di chi li ha acquistati e, in questo caso, gli animali hanno davvero poche possibilità di ricevere una reale tutela.

 

 

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