Cani in attesa di essere soppressi a Bucharest

Cani in attesa di essere soppressi a Bucarest (Romania)

Il fenomeno del randagismo è una problematica causata dall’uomo, dalla cattiva gestione dei cani domestici, lasciati incontrollati e liberi di riprodursi. I cani randagi, con numeri più o meno consistenti sono presenti  in molti paesi del mondo, Europa compresa: diverse sono però le modalità con cui viene gestito il problema.

In questi anni abbiamo assistito a gestioni “assurde” di un fenomeno che non sarebbe invincibile, se solo non si cercasse dapprima di non vederlo e successivamente di individuare la strage come unico metodo risolutivo. In questi giorni la mattanza si sta ripetendo, con particolare virulenza, in Romania dove associazioni come Save the Dogs si stanno battendo da anni per combattere il randagismo in modo intelligente e costruttivo, ma questo non è servito ad arginare l’arroganza dei politici rumeni, come si può leggere su questa pagina (attenzione che la descrizione è forte, con foto e filmati). In questi giorni bande di accalappiacani scorrazzano per Bucarest, facendo anche irruzione in canili privati come quello di Four Pawns / Vier Pfoten, portando via i cani, compiendo azioni indegne e maltrattando gli animali. Questa cosa avviene per un bieco calcolo politico: fra poco ci saranno le elezioni presidenziali ed i cani sono diventati uno strumento di lotta politica. Sarebbe sbagliato accusare di questa barbarie, dello sterminio dei randagi, tutto il popolo romeno, che con sempre maggior consapevolezza e partecipazione si sta schierando contro gli aguzzini: il problema è una classe politica inadeguata, la rete di connivenze fra politica e poteri forti, la corruzione, l’atteggiamento pilatesco della Comunità Europea e l’indifferenza di quanti potrebbero intervenire e hanno invece lasciato sole le associazioni, che da anni sono in prima linea con pochi aiuti e tanto lavoro da fare. I rumeni sono giustamente stanchi di essere visti come degli aguzzini da riempire di insulti: non lo meritano.

Negli studi scientifici fatti  dall’Organizzazione Mondiale di Sanità (O.I.E.), che possono essere scaricati qui, viene ribadito ancora una volta come l’uccisione di animali, realizzata come unica attività di contrasto al fenomeno, sia del tutto inutile nella lotta contro il randagismo: non lo dicono le organizzazioni che si occupano di tutela degli animali ma un’organizzazione sovranazionale che si occupa di sanità e benessere degli animali. Questi studi dovrebbero essere sufficienti per far prendere una netta presa di posizione nei confronti di quegli Stati, che hanno fatto dell’inutile sterminio la loro cifra stilistica per combattere il randagismo.

Occorre che anche in Italia si apra un serio e costruttivo dibattito per arrivare, finalmente, a una politica efficace di contenimento del randagismo. Non possiamo continuare a rinchiudere gli animali nei canili, spesso lager, oppure a realizzare costanti trasferimenti da un’area all’altra del paese, in genere dal sud Italia verso il nord, nella speranza di risolvere un problema. Deve essere fatto un piano concreto, che operi su più fronti in un contesto multidisciplinare, che analizzi realtà e bisogni e dia vita ad un’attività coordinata di lungo periodo. Il randagismo si può combattere, serve la volontà reale di farlo e la lungimiranza di capire che la gestione economica del fenomeno grava sulle casse pubbliche, ben più di quanto non graverebbero i piani per debellarlo, peraltro in modo risolutivo.

Nel nostro paese da tempo, per fortuna, non si vedono scene violente di cani strozzati con i lacci o buttati in gironi della morte come avviene in Romania, ma il benessere degli animali è troppo spesso inesistente nei nostri canili, mentre in altri paesi la morte è sempre in agguato, come accade in Spagna, paese che dovrebbe vergognarsi più di altri delle modalità di gestione del randagismo che ha scelto di adottare in quasi tutta la nazione, con l’eccezione di alcune regioni virtuose.

 

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