Animal Equality ha realizzato un’inchiesta sugli abusi perpetrati in Spagna, ma non solo, negli allevamenti di conigli per usi alimentari. Lo sgomento derivante da questa investigazione è dovuto all’indifferenza verso la sofferenza. La mancanza di empatia e l’assenza di pietà verso le vittime della crudeltà credo sia un tarlo che mina non solo l’animo umano, ma anche gli equilibri sociali.
Non spero che debba essere soltanto il senso etico a muovere la comprensione dei diritti degli animali: in fondo l’etica è un concetto morale asettico che separa, con molte variabili, il giusto dall’ingiusto, quello che è un comportamento giustificabile da una realtà inaccettabile. In fondo esiste anche un sensazione più empatica che supera l’etica, quello che ci impedisce di assistere inermi a una sofferenza ingiustificata, a una violenza che non sia supportata da una ragione. Questo sentimento è quello che ci permette di assistere a un arresto, con la sua carica di coercizione, ma non al pestaggio di un arrestato ed è quello che ci porta, istintivamente, schierarci verso un soggetto, umano od animale ingiustamente vessato. Ripeterò all’infinito che la vera linea di demarcazione non è la morte, sono le sofferenze che si infliggono nella vita di un individuo a fare la differenza.
Per men che, per il mio lavoro a tutela degli animali, ho visto situazioni di maltrattamento verso gli animali molto dure da accettare, quello che ancora oggi mi crea enorme disagio non è solo la sofferenza dell’animale, terribile, ma l’indifferenza dell’uomo verso una situazione drammatica. Non è facile accettare l’indifferenza di fronte alla sofferenza, non c’è giustificazione per il profitto e non si possono accettare atti di crudeltà che diventano una quotidiana, quanto consapevole, routine. Questa accettazione significa mancanza di empatia, non immedesimazione nella sofferenza di un animale, che con tutte le sue differenze evolutive, è un mammifero come noi, con lo stesso sistema nervoso, con la capacità di provare dolore, emozioni, paura e sconforto.
Questo filmato realizzato da Animal Equality è duro, un vero pugno nello stomaco, ma deve essere visto, non per insultare, non per odiare, ma per capire. Abbiamo fatto diventare l’economia e il profitto i valori più importanti e questo è il risultato:
Gli allevamenti intensivi, il consumismo e la cecità del consumatore, che lo porta a non chiedersi a che prezzo gli animali arrivino sulla sua tavola comportano un prezzo che gli animali allevati per usi alimentari pagano con la loro sofferenza e che pagheremo noi con un crescendo di indifferenza. Questo non può continuare, la sensibilità è mutata ma le persone, anche quelle che consumano carne, devono sapere cosa significa, in termini di violenza, quel che arriva nel piatto.
Bisogna rendersi conto che la morte potrebbe essere un concetto accettabile, specie per chi consuma carne, ma nessuno vorrebbe essere responsabile delle atrocità che questo video mostra con tanta crudezza. Se qualcuno crede di non poter rinunciare alla carne cerchi almeno di rinunciare alla crudeltà: non un solo grammo di carne deve provenire da allevamenti intensivi. Almeno questo agli animali è dovuto.
Perchè non provenga da allevamenti intensivi bisogna che si ritorni ciascuno con la propria fattoria. Ma quanti di noi saprebbero uccidere un animale, scuoiarlo, etc? Pochi contadini ormai lo sanno ancora fare, come in un rito ancestrale, quando dare la morte era per sostentamento, non per profitto: in accordo quindi con la natura. Ma oggi non ha senso, ci sono milioni di informazioni e milioni di esempi, tra cui Umberto Veronesi e Margherita Hack, la dieta vegetariana o vegana non è per nulla impossibile, anzi è una via molto ben percorribile.
Qualora aumentasse la domanda di carne proveniente da allevamenti non intensivi (oggigiorno pochissimi) questi diventerebbero subito intensivi. Ho visto allevamenti biologici di galline per le uova: a parte l’alimentazione più sana, erano comunque stipatissime!!
Personalmente non sono vegano, ma non mangio carne da forse più di 25 anni, pur con grande sacrificio iniziale. Condivido che la strada non sia facile, ma sono anche convinto che la strada per il veganesimo sia lunghissima, se possibile: quindi credo che sia comunque opportuno praticare tutto quanto è possibile per la riduzione del danno. La perfezione è impossibile, la riduzione auspicabile perseguibile.
Ho letto altri post, ma questo mi tocca nella vivo della mia vita di tutti giorni…
Quasi due anni fa una coniglietta ha scelto me e mia moglie e ci ha chiamati dalla sua gabbia. Fra le varie persone che aveva intorno è venuta da noi e solo da noi, per questo dico che lei ha scelto noi e non viceversa. L’abbiamo comprata, so che è sbagliato alimentare il commercio animale ma allora avevamo una diversa comprensione del fenomeno, e da quel giorno è diventata la nostra bimba. L’ho vista crescere, affezionarsi, ho scoperto che oltre ad essere morbida e tenera è anche intelligente e sensibile. La confortiamo quando è spaventata o malata e lei ci si accoccola vicino quando lo siamo noi. Abbiamo adottato un compagno perché entrambi potessero essere felici insieme come lo siamo noi quando li vediamo correre per casa.
Ovviamente per me, carnivoro da sempre, il coniglio è diventato un compagno di vita al pari di cani e gatti. Non è più un piatto, un alimento. Ma la curiosità umana, l’empatia fanno brutti “scherzi” e mi sono chiesto quanto gli altri animali “da carne” fossero simili alla mia bimba. Ho iniziato a documentarmi, oggi in rete è possibile trovare tutto e l’ignoranza si è ridotta ad una scelta personale, e ho scoperto quanto siano eccezionali mucche, maiali, polli, pecore e tutti gli animali da allevamento. Ho scoperto anche quali atrocità questi poveri innocenti subiscono in nome della nostra fame e del profitto. Dopo aver letto e visto quello che subiscono sono stato male, mi son sentito in colpa per tutte le vittime della mia ignoranza.
Ho smesso. Ho smesso di uccidere per nutrirmi. Si può. Sentirti in colpa per la sorte di chi hai messo nel piatto cambia il sapore della carne: semplicemente non è più buona. A fine pasto non ti senti sazio e felice ma colpevole. Il prossimo passo? Diventare vegano.
Un mondo di vegetariani o vegani sarebbe bellissimo ma non mi illudo che possa avvenire a breve. Demonizzare i consumatori di carne non aiuta la causa, imporre con opportune leggi regole consone a ridurre la sofferenza degli animali destinati al consumo umano sono solo provvedimenti necessari ma non sono il fine ultimo. L’informazione, la conoscenza, la comprensione, la divulgazione sono i mezzi per riuscire ad ottenere il cambiamento che auspico. Perché dove la coscienza è completa non sono necessarie leggi, perché se tu sei convinto di quello che ti chiedo di fare non avrò bisogno di leggi e controlli per sorvegliarti ma potrò voltarti le spalle sicuro che farai la cosa giusta.
La maggior parte delle persone rifiuta la sofferenza e la violenza e su questo moto naturale dell’animo umano si deve puntare per ottenere finalmente la fine di questa barbarie, la fine dell’indifferenza. Chi ha a cuore gli animali dovrebbe informare e divulgare per convincere e non per giudicare i consumatori di carne. Solo informando correttamente e senza “pietose censure” possiamo ottenere quell’attenzione necessaria ad ottenere quelle leggi, prima, e quella coscienza, poi, che porteranno alla progressiva riduzione delle sofferenza animale proprio a partire dagli allevamenti intensivi. Non facciamo la guerra ai “carnivori”, non dobbiamo diventare agli occhi della gente dei “nemici”, degli “esaltati”, dei “fanatici”. Il nostro viso non deve avere gli occhi duri di chi condanna ma il sorriso di chi spiega un modo di stare in pace con se stessi e tutti gli esseri viventi che ci circondano.
Non facciamo muro contro muro, andiamo per gradi, un passo alla volta, ma non fermiamoci per fare una inutile “guerra ideologica” sul caso del momento. Non possiamo vietare il consumo di carne ma possiamo cercare di ridurre le sofferenze di questi poveri animali destinati alla morte.
Informiamo. Persuadiamo.
Pur non condividendo la possibilità di tenere i conigli in cattività come animali da compagnia, per le loro necessità etologiche che non possono trovare soddisfazione in una casa, trovo questo commento strapieno di buon senso e di intelligenza. Complimenti Mirko per l’analisi.
Grazie per la risposta.
Sono consapevole che una casa non è l’ambiente ideale per un coniglio, anzi credo che non sia adatta ad alcun animale compresi cani e gatti. In questo non condivido la base della concezione di “domestico” che tu abbracci, per me domestico è qualsiasi animale che per via della selezione umana ha poche possibilità di sopravvivere in natura, ma sono consapevole che “liberare” questi animali sarebbe semplicemente una condanna a morte. Un chihuahua e un coniglio nano abbandonati tanto in campagna quanto in città hanno entrambi ben poche probabilità di cavarsela. Quindi vista la situazione attuale una casa, per quanto inadeguata, è sempre meglio del randagismo o di una gabbia. Come purtroppo spesso accade si tratta di scegliere il male minore in attesa che il problema venga risolto alla radice. Ci vorrà tempo, forse le stesse migliaia di anni che ci sono volute per far entrare i lupi nelle nostre case, ma forse un mondo di animali liberi sarà possibile. Il nostro compito oggi è di porre le basi perché posso accadere.
Per il momento penso che il primo obiettivo sia tanto togliere i cani dalla strada quanto i conigli dalle gabbie, i pesci dagli acquari, i rettili dalle teche, ecc…
Anche in questo caso ridurre la sofferenza è solo il primo passo.