Difendere i diritti degli animali

Difendere i diritti degli animali non è una patologia contagiosa, non ha controindicazioni e non è un segno di instabilità. Né un eccesso di emotività.

La tutela dei diritti degli animali ha fondamentalmente due nemici: chi non vuole capire e chi esagera nei modi e nei concetti. I primi non vogliono comprendere per non cambiare, i secondi credono che l’insulto sia la chiave di volta.

Queste due categorie si auto alimentano vicendevolmente. La seconda contribuisce a stimolare la prevenzione dei detrattori dei diritti animali, mentre la prima stimola e alimenta invettive degli animalisti estremisti.

Ma operando come si fa con la grappa e tagliando i due estremi, che spesso si toccano, resta vivo il cuore del problema. Un centro importante fatto di conoscenze e di competenze, di studi scientifici e di considerazioni importanti, spalmate dal pratico al filosofico. Che non relega certo la tutela degli animali a un campo di battaglia per esaltati.

Del resto su qualsiasi tematica si confronti il consorzio umano finisce sempre che ci siano due opposti, caratterizzati spesso da emotività eccessiva e scarsa propensione verso la cultura. Non deve essere però la presenza delle frange estreme, spesso illogiche, a rendere meno importante la difesa dei valori.

Infatti sono proprio i valori dei quali bisognerebbe parlare, senza sminuire, senza esagerare, senza insultare. I valori sono il punto centrale su cui fanno perno le culture, il cardine su cui ruotano gli equilibri delle comunità e bisognerebbe fare il possibile, mai come ora, per cercare di tenerlo presente.

La difesa dei diritti degli animali, quelli non umani perché animali siamo tutti, è un dovere e questo dovrebbe essere facile da comprendere. La tutela dei diritti dei deboli, delle categorie fragili rappresenta uno dei punti importanti, fondanti di una civile e democratica convivenza. Senza difesa dei deboli prevarrebbe la legge del più forte, odiosa caratteristica comportamentale da zittire.

Se su questo punto fossimo tutti d’accordo, potremmo agevolmente condividere che questa tutela deve riguardare tutti. Tutti gli esseri viventi in grado di provare sofferenza ed emozioni. Negli uomini viene considerata la sofferenza psichica ed è considerata una violenza la deprivazione dei cicli vitali e dei rapporti sociali fra conspecifici. Come possiamo negare che questa sia violenza anche per gli animali?

Come mai sugli animali un diffuso sentire considera come maltrattamento solo una scudisciata, un atto violento ma non una privazione di rapporto? E ancora perché non viene considerato un maltrattamento tenere un animale in uno stato di perenne timore? Oppure in isolamento continuato come avviene per il vitello della foto?

Su questa base di mancata considerazione dei bisogni si fonda il giudizio che chi tutela i diritti degli animali sia un estremista, una persona psichicamente disturbata. Questo pregiudizio spesso colpisce l’intera categoria. Che è innegabile che al suo interno, come ogni comunità umana, abbia anche soggetti instabili ed estremisti. Che nulla tolgono al dovere di tutelare i diritti degli animali.

La strada di liquidare chiunque si occupi di difendere i diritti degli animali, con vari gradienti e molte sfumature, come un soggetto quantomeno eccessivo è diventata la scorciatoia per sminuire un concetto. Se chi porta avanti una battaglia è un esagitato, la sua battaglia è priva di valori in quanto esasperata nei concetti come il difensore nei comportamenti. Ma non è così.

Bisogna però lavorare molto per tenere ai margini e isolare quanti contribuiscono solo a ridicolizzare queste battaglie di civiltà, con modi, considerazioni e comportamenti decisamente inappropriati. Non ci sono animali migliori delle persone e viceversa, ci sono soltanto esseri viventi differenti, non sovrapponibili, ma tutti meritevoli di tutele.

Così come non è vero che tutti gli uomini si debbano estinguere, ma è vero che se non cercheranno di ragionare gli uomini, tutti gli uomini al di la delle loro qualità personali, rischieranno di arrivare molto vicino all’estinzione. Ma questo è altro discorso.

Una società rispettosa, informata, educata e formata da individui consapevoli è l’unica via per migliorare il mondo. Le altre rischiano di essere facili scorciatoie che illudono, ma non risolvono i problemi. Specie quelli delle componenti più deboli, degli ultimi nei diritti che sono poi i primi nel disagio.

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