Empatia ad assetto variabile

Empatia ad assetto variabile verso esseri umani e animali. Una caratteristica del nostro tempo che inquieta. Il riconoscimento dei diritti umani non è così istintivo, come invece molto spesso accade nei confronti degli animali. Anche se questo avviene quasi sempre solo verso cani e gatti.

Ci sono persone che riversano un amore incondizionato sugli animali, frequentemente con un grande coinvolgimento emozionale che porta anche a alcuni eccessi. Negando però gli stessi sentimenti e la medesima volontà di condivisione agli esseri umani.

L’empatia ad assetto variabile verso esseri umani e animali è un comportamento che a tratti sconcerta e che non può trovare una motivazione nella più facile delle scappatoie: gli animali sono migliori degli uomini.

Primo perché le generalizzazioni non sono mai un buon punto di partenza per un ragionamento e in seconda battuta perché non si possono mettere a confronto schemi di pensiero e valori che non sempre hanno tangenze.

I diritti peraltro non devono essere visti come una sorta di elastico mentale, che a seconda della convenienza si possa allungare e spostare a piacimento. I diritti fondamentali dovrebbero appartenere a tutti gli esseri viventi. Il non avere comportamenti crudeli dovrebbe essere un dovere inalienabile che riguarda esseri umani e animali.

Non serve la crudeltà, basta l’indifferenza per non provare empatia

La crudeltà è un’azione derivante dalle scelte di chi la pratica, non dai comportamenti di chi la subisce. Un essere umano crudele resta tale anche si dimostra compassionevole con gli uomini e crudele verso gli animali e viceversa. La crudeltà appartiene a quell’individuo, è un comportamento accettato nel suo personale pattern comportamentale.

Non siamo migliori se abbiamo sentimenti e modi variabili nel provare empatia, con scale di valori che variano a seconda che si parli di bambini, cani, famigliari, migranti. Abbiamo semplicemente adattato i nostri pensieri alle nostre convenienze, ai nostri bisogni. Comportandosi così resta tutto introflesso, all’interno del nostro essere, senza produrre reali vantaggi per gli altri viventi.

Dimostrarsi affettuosi e premurosi verso il proprio cane o il proprio figlio e costantemente indifferenti agli altrui bisogni non significa essere nel giusto. Dimostra l’incapacità di provare empatia per gli altri esseri viventi.

Così lupi e migranti sono accomunati dalla stessa sorte: qualcuno teme che gli portino via le sue cose, i suoi diritti, la sua quiete e il suo benessere. Il SUO, non il nostro! Da questo nasce, cresce e si ingigantisce ogni giorno la paura per il diverso.

La violenza sui social è diventata una normale irruenza priva di connotazioni negative

Sui social si leggono commenti e esternazioni di una violenza inaudita, quasi come se fosse un sentimento normale odiare qualcuno, non rispettarlo, umiliarlo seppur verbalmente come fanno abitualmente, purtroppo, i leoni da tastiera. Ci sono persone che mettono like sulle pagine che parlano di animali e poi si rivelano dei violenti che non rispettano altri diritti umani che non siano i loro.

Una parte dell’opinione pubblica è attenta ai diritti degli animali ma anche a quelli di tutte le categorie fragili, come bambini, anziani, donne, rifugiati, indigenti e così via. Ma un’altra parte di questa galassia che si definisce “animalista”, pur non essendo maggioritaria ma nemmeno trascurabile, è attenta alle sofferenze degli animali ma poi è razzista, xenofoba, intollerante e violenta e non solo verbalmente.

Questa vignetta riassume in modo tragicamente efficace questo doppio binario che è proprio di alcune persone, che dicono di amare gli animali ma che in realtà amano solo loro stessi, non il rispetto, non la vita, non la tolleranza. Persone che non rappresentano certo la parte migliore della società.

La separazione dei bimbi alla frontiera con il Messico fatta da Trump, i campi di concentramento creati dall’Unione Europea in Grecia, Turchia, Libia non sono che facce della stessa medaglia. La stessa medaglia insanguinata che vorrebbe nascondere le tante sofferenze inflitte a uomini e animali per profitto.

Ci sono ragionamenti che non seguono una logica, che confondono le priorità e il rispetto delle regole con la negazione dei diritti ad alcuni. Oggi dire “prima gli italiani” ha lo stesso senso di affermare “prima i canguri” o “prima i chiwawa”. Dobbiamo imparare, tutti, a rispettare diritti e doveri, in modo reciproco, cercando di essere abitanti attenti di questo pianeta.

Per fare un esempio spesso ci comportiamo proprio come il furbetto che compra il cane di razza sulla rete per pagarlo poco, senza preoccuparsi di alimentare un traffico criminale che produce sofferenze. Lo stesso furbetto che poi è subito pronto a trasformarsi in paladino degli animali sui social, specie se il cucciolo che ha comprato muore o si ammala dopo pochi giorni.

Sarebbe tempo di capire che “rispetto delle regole” non significa separare i bimbi dai genitori, essere indifferenti di fronte a morte e sofferenza oppure accettare che ci siano uomini e animali sottoposti a torture. Se non saremo capaci di scrollarci di dosso questo peccato di valutazione, di superficialità, resteremo una società incompleta. Un agglomerato di uomini soli.

Articolo modificato, aggiungendo la parte in grassetto, in data 21/06/2018 per meglio chiarire il pensiero.

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