Il più importante documento programmatico di #EXPO2015, la Carta di Milano, declina in modo approfondito il tema che dovrebbe essere il centro della mission di EXPO: nutrire il pianeta, energia per la vita. I principi sono sacrosanti, parlano dei diritti degli uomini, dei doveri verso l’ambiente e le generazioni future, ma non spendono una parola sui diritti degli animali.
Nel trattato di Lisbona del 2007 la Comunità Europea definisce gli animali come “esseri senzienti“, aggettivo che il vocabolario online di Treccani illustra così: senziènte agg. [dal lat. sentiens -entis, part. pres. di sentire «sentire»], letter. – Dotato di sensi, di sensibilità: esseri, organismi s.;i bambini e i primitivi concepiscono la natura tutta animata e s.; vuol dire che, comunque sia, io faccio parte dei soggetti s. e pensanti (I. Calvino). Un grande passo avanti di civiltà, non portatore nel concreto di reali diritti, però affermazione di un riconoscimento, di un valore etico che l’uomo afferma nei confronti degli animali. Comunque li vogliamo considerare, quale possa essere il valore che noi diamo a un cane, a una vacca o a un pollo nella scala della considerazione, abbiamo stabilito, mettendolo nero su bianco e aderendo alle cognizioni scientifiche che rendono innegabile questa realtà, che gli animali sono portatori di sensibilità, hanno capacità quindi di rapportarsi con il mondo circostante e, con diversi gradi e capacità, di relazionarsi con questo. Hanno capacità di soffrire e come tali dovrebbero essere portatori di diritti, almeno di quelli necessari a garantire l’assenza o la massima riduzione della sofferenza. Questo è quello che sancisce la Comunità Europea, tanto da volerlo inserire all’interno del trattato di Lisbona. Ma questo essere senzienti degli animali è stato integralmente dimenticato nella stesura della Carta di Milano, un documento totalmente antropocentrico, ma nato già vecchio quando dimentica gli animali e quando finge di scoprire i diritti degli uomini, senza interrogarsi troppo su cosa decreta la cancellazione di molti diritti a seconda delle latitudini.
L’accesso all’acqua pulita, un’equa distribuzione del cibo, la lotta allo spreco e ad un miglior utilizzo delle risorse alimentari, la riduzione degli imballaggi e la tutela dell’ambiente, la lotta contro la deforestazione e la tutela della biodiversità: questo in sintesi estrema costituisce il succo della Carta di Milano e, conseguentemente anche il messaggio che #EXPO2015 vorrebbe dare. Ma non una parola sulla sofferenza animale, sulla crudeltà degli allevamenti intensivi, sulla necessità di ridurre drasticamente il consumo di carne, anche soltanto valutando il rapporto sfavorevole fra acqua e proteine vegetali necessarie per produrre un solo kg di carne bovina, al netto della sofferenza. Questo evidentemente non è sembrato una contraddizione rispetto a #nutrireilpianeta, considerando che uno dei main sponsor di EXPO2015 sia proprio McDonald. L’azienda americana, forse la più grossa consumatrice di carne bovina al mondo, soltanto pochi giorni prima dell’apertura di EXPO2015 ha dichiarato che si impegnerà alla progressiva riduzione delle emissioni, al rispetto delle comunità locali e riducendo fino ad azzerarlo lo sfruttamento di foreste pluviali e torbiere. Ma non è finita qui perché l’impegno arriva ad includere la volontà di riduzione dell’impiego di olio di palma, degli imballaggi, l’utilizzo di energie rinnovabili e l’impegno di seguire il protocollo di Kyoto. Impegni, certo, che seppur tardivi e rientranti in quella politica di greenwashing compiuta da molte aziende per cercare di migliorare l’immagine, non toccano nemmeno lontanamente sia il benessere animale che lo spreco di risorse necessarie per produrre la carne. Quindi non entrano nel cuore del problema, anzi dei problemi: impronta ecologica, sostenibilità ambientale e sofferenza.
In un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista “Le Scienze” si legge, riferito ai dati sulla produzione di carne negli States : “Per avere un’idea più concreta del peso sull’ambiente degli alimenti di origine animale basti dire che la loro produzione richiede l’uso di 3,7 milioni di chilometri quadrati di terreno (il 40 per cento della superficie degli Stati Uniti, o 12.000 metri quadrati circa a persona), buona parte dei quali destinati alla produzione dei mangimi, che richiede a sua volta il 27 per cento di tutte le acque irrigue della nazione e circa sei milioni di fertilizzanti azotati all’anno (la metà del consumo totale nazionale), con una produzione di gas serra pari al 20 per cento di quelle del settore dei trasporti e al cinque per cento delle emissioni totali degli Stati Uniti.” Appare quindi evidente che #nutrireilpianeta non sarà un’attività praticabile continuando ad allevare manzi per farne hamburger.
Resta poi quel silenzio assordante sui diritti, che vengono riconosciuti agli esseri umani con la consapevolezza che poco si farà per dare realmente corso a un cambio radicale dei nostri stili di vita, ma che non sono estesi, nemmeno parzialmente, agli animali. Tutti gli impegni partono dall’uomo e sono destinati all’uomo, compresa la salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità che sono, in via primaria, ancora una volta basilari per la nostra specie. Se fossimo eticamente sinceri dovremmo dire che al punto di non ritorno vicino al quale ci troviamo oggi ci siamo giunti proprio per non aver avuto rispetto di nulla, uomini compresi: per profitto il mondo occidentale ha deforestato, sottratto suolo agli indigeni, devastato l’ambiente con miniere ed attività estrattive, praticato un’agricoltura di rapina sottraendo terra alle popolazioni per piantare monoculture estensive come, ad esempio, la palma da olio. Non sarà la Carta di Milano a cambiare la vita degli uomini, come il Trattato di Lisbona non ha cambiato quella degli animali: il vero cambiamento avverrà solo quando si evolverà la nostra cultura, riaffermando il valore dell’etica sull’economia, riconoscendo che il valore di un uomo è uguale, indipendentemente da razza, sesso, religione. Prima di fare questo passo sarà però necessario riconoscere i diritti fondamentali agli animali, a partire da quello alla non sofferenza: così come la crudeltà verso gli animali rappresenta un addestramento alla violenza verso gli uomini, anche il rispetto può svolgere lo stesso compito all’inverso. Imparare a rispettare gli animali, assicurando diritti a chi sta più in basso nella piramide evolutiva, servirà a modificare la considerazione verso i diritti dei nostri simili.
Tutti i processi di modificazione delle culture sono lenti, ma dobbiamo renderli inarrestabili, per poter arrivare a modificazioni davvero importanti. Basti pensare che la schiavitù fu resa illegale negli Stati Uniti nel 1865, ma i danni e il razzismo restano ancor’oggi evidenti nella società americana, come dimostrano i recenti episodi di cronaca.
Non sono andato ad Expo perchè non è stato un evento volto a diffondere una cultura coerente e giusta del cibo ma un grande spot pubblicitario. I nomi dei main sponsor lo testimoniano in modo più che definitivo. Una occasione perduta per diffondere una saggia cultura del rispetto che, tra l’altro, sarà l’unica che potrà permettere all’uomo la vita futura. Troppi interessi dietro lo sfruttamento e la mancanza di sensibilità nei confronti degli animali. Ed è bene ricordarsi che chi non rispetta gli animali difficilmente rispetta l’uomo!
È iniziato con scandali e mazzette.
Dopo solo business, soldi e gironi infernali. E tutte quelle file all’ingresso sono state per me un continuo colpo. Delusione e disprezzo. Ecco.
E una vergogna non sono contro l’Expo ma dovevano oltre far conoscere le usanze e costumi ,cucina di altri paesi anche il rispetto proprio per ogni essere vivente!
E’ stata davvero una vergogna che all’Expo non si sia minimamente dedicato un pensiero o una parola a favore dello sfruttamento e trattamento atroce nei confronti degli animali. Vergogna agli organi di informazione, istituzioni varie e anche organizzazioni animaliste che non hanno avuto il coraggio di affrontare apertamente il problema, forse per non urtare i soliti interessi economici che sono al di sopra della pelle degli animali. Comportamenti tipicamente umani e calcolatori, diversamente dagli animali comunque vittime. Non vorrei che le organizzazioni animaliste quali che siano, siano come i sindacati per i lavoratori che difendono sì questi ultimi, ma prima guardano ai loro interessi.