Far adottare un cane sia gesto responsabile

Far adottare un cane sia gesto responsabile, fatto nell’interesse dell’animale senza diventare mai il tentativo di accasarlo senza garanzie, magari affidandolo a una persona in difficoltà pratica o emotiva: due disperazioni purtroppo non fanno una speranza, ma riaprono solo le porte di un canile.

Sono perfettamente consapevole che questo sia un argomento spinoso che pochi vogliono affrontare, ma le le lamentele sulla rete sono continue, i canili pieni di cani adottati e poi ceduti perché non gestibili dalle persone che li avevano voluti. Spesso, purtroppo, i viaggi della speranza dal sud al nord non hanno un lieto fine se non sono organizzati e gestiti in modo serio e responsabile.

Non c’è un solo essere vivente che non abbia il diritto di avere una vita migliore, non c’è un solo umano, cane, gatto o criceto in difficoltà che non abbia il diritto, sacrosanto, di essere adottato e di poter sperare di aver raggiunto la sua terra promessa. Quanto promesso però, per quanto premesso, deve potersi realizzare, essere ragionevolmente l’incrocio di due bisogni compatibili fra loro: quelli di una persona e di un animale.

Far adottare un cane sia un gesto responsabile, che porta a un’adozione consapevole

Non c’è niente di peggio di chi, invece, per seguire i suoi progetti, sogni o bisogni di gloria cerchi di “piazzare” un cane a una persona emotivamente sensibile, ricettiva, ma non in grado di poter far fronte a questa accoglienza, spesso costruita e stimolata dai bisogni dell’adottato senza però tener conto delle possibilità dell’adottante.

La rete è una palestra infinita e per molti versi oscura, dove ogni giorno si affrontano le esigenze dei randagi del sud Italia, indubbiamente figli di un dio minore, con il buon cuore degli adottanti del nord Italia, troppo spesso non correttamente informati sul reale stato di salute dei cani, sulla loro taglia, sulle necessità economiche che possono comportare molte patologie. Quelle che spesso prendono il nome di “adozioni del cuore“, fatte appunto seguendo il cuore ma senza avere reale consapevolezza di che cosa possano comportare.

Per tante adozioni andate a buon fine esistono come contraltare i dati dei canili che sono costretti a ricevere i cani a seguito di “rinuncia” dell’adottante, una sorta di diritto di recesso che rischia di confinare molti randagi del sud nei canili del nord. Queste rinunce non avvengono quasi mai per un capriccio ma per un errore, per un’induzione all’errore commessa da chi pur di piazzare un cane sventurato, un randagio di strada o di un canile lager, non si preoccupa di trovargli un’adozione “per sempre”, ma si accontenta di un’adozione.

Incrociare i bisogni fra l’adottante e le necessità dell’adottato è fondamentale

Così fra tanti cani fortunati ce ne sono altri che vengono collocati alterando le loro caratteristiche, come si farebbe con le auto usate: cuccioli di piccola taglia che in realtà sono dei maremmani, cani mansueti che si rivelano cuccioloni non socializzati che non devono e non possono essere affidati a chiunque oppure cani dichiarati sani che si rivelano portatori di gravi patologie, di vario genere e natura.

Questi cani sono sfortunati due volte: hanno avuto la fortuna di scampare a una situazione terribile accompagnata però alla sfortuna di essere spacciati, termine ruvido ma talvolta vero, a persone non solo inconsapevoli ma spesso nelle condizioni di non potersene occupare, per tanti motivi diversi: dalle capacità di gestione a quelle economiche. Cosi succede che la buona volontà talvolta faccia più danni dell’indifferenza. Per questo bisogna che far adottare un cane sia gesto responsabile.

Ho visto cani con gravissimi problemi ortopedici affidati a persone che avevano un reddito bassissimo, meno, molto meno, non solo del costo delle cure necessarie per curarli ma anche dei costi di ordinario mantenimento. Persone che avevano deciso di prendere quel cane sull’onda di una spinta emotiva, che talvolta cresce proprio nelle situazioni di umana difficoltà, senza che qualcuno abbia forse cercato di farle riflettere sull’opportunità di quell’adozione.

Un animale non è per tutti, non bastano buoni sentimenti, occorre riflettere con attenzione su tempo e costi

Che dire poi di cani sicuramente incolpevoli ma mordaci, affidati da cuccioloni a persone 80enni oppure a famiglie con bambini? Per le tante adozioni fatte in modo responsabile ce ne sono molte fatte solo con lo scopo di far partire i cani da squallidi canili. Per sottrarli a un randagismo endemico, troppo spesso con la complicità quando non addirittura con l’incentivo di amministrazioni e veterinari pubblici. Per non parlare di chi lucra sul buon cuore cercando di far soldi, dei finti volontari, degli staffettisti, categoria in cui si mescolano volontari di cuore a persone che lo fanno, spesso malamente, solo per mestiere lucrando sui bisogni e guadagnando lauti compensi in nero.

Se si parlasse di migranti molti di loro sarebbero scafisti, ma quando si parla di animali troppi si fanno prendere dai buoni sentimenti e fan finta di non vedere. E così’ spesso gli scafisti son difesi dal popolo della rete anche quando sono responsabili di morti, fughe, investimenti per le pessime condizioni di trasporto (leggi qui).

Non è facile parlare di questo problema, delle adozioni (ir)responsabili: sono troppi gli interessi e le sensibilità in gioco e questo argomento rappresenta spesso un tabù per associazioni piccole e grandi. Una sorta di angolo buio da non illuminare, un angolo fatto di soddisfazioni personali, di buon cuore mal riposto, di interessi che talvolta possono essere anche grandi. Il lato speculare e positivo è dato invece dalle persone che gestiscono questo flusso di “migranti” con buon senso, secondo le regole sanitarie e le buone pratiche. Facendo trasporti dove i cani viaggiano in condizioni di benessere, non scappano e non muoiono e sono destinati a adottanti consapevoli, correttamente informati e attrezzati a ricevere sia la gioia che il problema.

Far adottare responsabilmente un cane comporta piaceri ma anche sacrifici

Un cane costa, in questi momenti non è per tutti come non lo sono, purtroppo, figli, case, vacanze e i tanti bisogni compulsati da questa crisi, stretti fra i muri delle intenzioni e dei desideri e quelli, ben più alti, delle realtà economiche. Non bisogna promettere cose non vere, bisogna illustrare alle persone che la buona volontà e la generosità sono caratteristiche nobilissime dell’animo umano, che però non riescono ancora a riempire il carrello della spesa.

Ma non è solo il profilo economico il punto: come genitori “normali” non sarebbero in grado di gestire, senza sostegno, figli con comportamenti caratteriali è altrettanto vero che chi ha avuto un cane buono e socializzato potrebbe non essere però in grado di gestire un pitbull aggressivo. Semplice logica, che non viene superata nemmeno dal cuore lanciato oltre l’ostacolo. Semplice logica che dovrebbe sconsigliare e impedire adozioni avventate.

Se vogliamo davvero il bene degli animali smettiamo di piazzarli attraverso internet e i social, creiamo una rete di strutture autorizzate e solidali, che possano accogliere gli animali e abbinarli in modo corretto con i possibili adottanti. Le associazioni alzino la loro voce per dire in modo inequivocabile che i cani non possono essere consegnati e affidati nelle piazzole delle autostrade, sotto i ponti delle tangenziali o nelle aree industriali, come avviene con regolare e ignorata cadenza in troppi hotspot noti a tutti, come ad esempio a San Giuliano Milanese, talvolta con successivo stallo presso strutture di persone che si sono rese responsabili del traffico di cuccioli dall’Est Europa.

Occorre una riflessione ampia su questa realtà, soprattutto perché poi a pagare non siano sempre gli stessi: gli animali. Far adottare un cane sia gesto responsabile, ponderato e mai fatto d’istinto.

Mastodon