Quando pensiamo al bracconaggio di elefanti per l’avorio, alla distruzione della foresta pluviale, al traffico di animali protetti e di rifiuti tossici spesso non immaginiamo neanche lontanamente quanto sia il danno e quanta la potenza economica sviluppata da questo tipo di reati.
Nella realtà questi crimini oramai sono diventati una fetta enorme dello stellare bilancio rappresentato dai profitti ricavati dalle attività criminali, sempre più organizzate, sempre più legate alle mafie, prive di scrupoli e di ogni preoccupazione per il futuro. Il saccheggio costante del pianeta, specie quando parliamo di quello fatto a danno di specie e sistemi a lento tasso di sviluppo, produce danni non soltanto nell’immediato, ma costituisce una sottrazione insanabile, un vero furto di futuro. Sui media arrivano tante notizie frammentarie sui pericoli causati dalle alterazioni climatiche, da quelli derivanti dall’inquinamento e dalla distruzione delle foreste per far spazio ad un’agricoltura sempre più invasiva. Poco viene detto sull’aspetto criminale di questo fenomeno, poca diffusione viene data a un fenomeno che ha assunto proporzioni tali da poter avere un potere di corruttela inimmaginabile: chi tira i fili dei traffici può permettersi di armare eserciti, finanziare guerre, mettere in crisi governi legittimi ed abbattere ogni ostacolo che possa limitare questa enorme voragine che sta divorando il nostro pianeta. Nella nostra ingenua quotidianità crediamo che ci siano cose più importanti di cui occuparsi, perché le proporzioni di questo fenomeno sono occultate, sconosciute ai più, con grande responsabilità e colpa dei mass media. Leggere il rapporto realizzato da UNEP (United Nations Environment Programme) in collaborazione con Interpol ci consente di tratteggiare un quadro preciso sulle dimensioni di questo fenomeno e sulle sue conseguenze.
Secondo il rapporto il valore annuale del traffico illegale di fauna e flora nel mondo è stimabile in una cifra variabile fra i 7 e i 23 miliardi di dollari, coinvolgendo specie animali di ogni genere e grandezza: dagli insetti agli elefanti, passando attraverso un caleidoscopio di figure che vanno dai gorilla alle antilopi tibetane, dalle tigri ai rinoceronti, dai pangolini ai coralli. Questo enorme fiume di “natura” viene destinato agli scopi più vari: l’utilizzo per scopi farmaceutici, per il mercato degli animali da compagnia, per l’utilizzo nella fabbricazione di monili e gioielli, per essere impiegati nella medicina tradizionale oppure per usi alimentari. Nel mondo c’è sempre maggior richiesta di “bush meat”, carne illegale di animali protetti che viene servita a un prezzo da capogiro in location esclusive che cambiano ogni giorno, senza lasciare traccia, per riapparire poco dopo in un altro angolo del mondo, con il loro bottino di natura, per ricchi stupidi ed esibizionisti in cerca di nuove emozioni e nuovi sapori.
Ogni anno si stima che in Africa vengano uccisi illegalmente fra i 20 e i 25.000 elefanti, su una popolazione stimata fra 420 e 620.000 animali; per l’elefante delle foreste si stima che la popolazione abbia subito un decremento del 62% fra il 2002 e il 2011. Le popolazioni dei rinoceronti africani rischiano di sparire nei prossimi anni e il valore del traffico dei corni ha raggiunto, nel solo 2013, un valore stimato fra i 63 e 192 milioni di dollari, naturalmente quando arriva nelle mani dei consumatori finali, perché i bracconieri locali vengono pagati ben poco, pur rischiando la vita nella loro inconsapevole ignoranza su cosa nasconda questo mercato.
Interpol sta investendo molti sforzi sulla preparazione delle forze di polizia dei paesi maggiormente coinvolti nel fenomeno del bracconaggio e del traffico, insegnando tecniche investigative, di tracking dei bracconieri e di rilevazione di dati utili sulle scene del crimine: questo lavoro sta fornendo buoni frutti, sia in operazioni sul campo che nel sequestro di specie animali e vegetali alle frontiere. Come avviene per armi, droga e rifiuti tossici anche i prodotti di questi traffici viaggiano con tutti i mezzi immaginabili, mescolandosi quasi sempre con il traffico commerciale legale, all’interno di container o camion che trasportano altro genere di merci, grazie ad autisti inconsapevoli oppure corrotti ed alla complicità, talvolta, di funzionari delle dogane. Il dato positivo è che l’impegno contro il traffico e la persecuzione dei reati ambientali sta sensibilmente aumentando, anche nei paesi in via di sviluppo, alimentando una fiammella di speranza che era ridotta al lumicino.
Per continuare a sperare dobbiamo avere sempre maggior consapevolezza nei nostri consumi, promuovendo il commercio ecosostenibile, privilegiando i prodotti in legno provenienti da foreste certificate e da fonti rinnovabili, non comprando animali esotici e loro derivati, praticando un turismo responsabile, che aiuti le comunità locali fornendo loro risorse economiche che li allontanino dal bracconaggio e dal consumo dissennato di natura.
Chi vuole scaricare il rapporto “The Environmental Crime Crisis” può trovarlo cliccando qui. Portatelo a conoscenza anche dei vostri amici, contribuite a diffondere quello che troppo spesso viene tenuto sotto traccia.
Tutte le foto pubblicate vengono dal rapporto oggetto di questo post.