
Non bisogna alimentare gli animali selvatici salvo che siano presenti condizioni climatiche particolarmente avverse.
Un concetto che potrebbe sembrare un controsenso per quanti amano gli animali e vorrebbero fare qualcosa per loro. Ma la dipendenza alimentare crea dei problemi che mettono in pericolo la loro incolumità. Fornire alimenti è il primo sistema di condizionamento attraverso il quale l’uomo si avvicina agli animali. Un mezzo che crea un meccanismo di dipendenza più facile da creare che da correggere.
Spesso attraverso il cibo si creano rapporti di schiavitù quasi indissolubili. Alterando il comportamento degli animali. Questo avviene in molte attività umane: l’addestramento passa attraverso premi in cibo e non bisogna pensare solo al circo. Succede nella falconeria ma anche nell’addestramento di moltissime specie animali. Alimentando a mano i pulcini di pappagalli, rapaci e uccelli che dovranno vivere in cattività, sin da quando sono piccolissimi, si crea attraverso l’imprinting una dipendenza quasi assoluta.
Succede con i cani durante l’addestramento e anche con i gatti, per premiare i comportamenti graditi tramite il rinforzo positivo. Il cibo rappresenta una leva in grado di creare ponti di comunicazione che possono però trasformarsi in catene. Nei selvatici si creano problematiche differenti causate dalla dipendenza dal cibo. Un esempio può essere quello dell’azienda agricola che abbandona in giro carcasse o resti animali e poi si lamenta della presenza dei lupi nel cortile. Ma è il cibo che li porta ad avvicinarsi all’uomo, costituendo un richiamo irresistibile che rende confidenti.
Non bisogna alimentare gli animali selvatici perché il cibo crea dipendenza e altera i comportamenti
I rifiuti alimentari mal gestiti dall’uomo possono diventare una grande attrattiva per cinghiali e topi, solo per fare un esempio di due specie che non disdegnano certo gli scarti. L’uomo non gestisce i rifiuti, i cinghiali prima si avvicinano e poi entrano nei centri urbani. A questo punto scattano le richieste di abbattimento e le proteste.
Dalla vita alla morte il passo è breve. Questo vale anche per i piccoli uccelli che vivono vicino a noi: se vengono alimentati con costanza diventano molto, troppo, confidenti e pensano che non ci sia nulla da temere. Ma non è così e i gatti sono i primi ad approfittare di questa confidenza eccessiva.
Forse non ci avreste mai pensato ma secondo il CABS (Comitato contro l’uccisione degli uccelli), particolarmente attivo nel nostro paese in azioni contro il bracconaggio, sono oltre 26 milioni gli uccelli predati, ogni anno, in Italia dai gatti. Un numero che deve far riflettere. Occorre rivedere il nostro modo di rapportarci con gli animali, per non creare situazioni dannose indesiderate. Come un eccessivo avvicinamento degli animali selvatici agli insediamenti umani.
Bisogna aiutare i selvatici solo quando si trovano davvero in difficoltà
Occorre quindi dividere i comportamenti fra quelli utili, come aiutare gli animali in grande difficoltà, e quelli dannosi che sono costituiti dalle azioni messe in atto solo per diletto. Quelle che mettono inutilmente in pericolo gli animali selvatici.
Quindi è positivo mettere a disposizione cibo e ripari in periodi di freddo molto intenso, come è una buona cosa lasciare dell’acqua durante i periodi di prolungata siccità e in altre situazioni critiche. Senza che questo avvenga in posti pericolosi e senza mettere in atto azioni che possano creare un condizionamento.
Mettere a disposizione cibo e acqua, in luoghi sicuri e appartati e senza continuità, è un comportamento ben diverso da quello che si può vedere nella foto che illustra l’articolo. Creare dipendenza in un selvatico può significare causarne la morte e questo vuole essere lo spunto di riflessione.
Perché anche le azioni positive, fatte senza riflettere troppo, possono essere una grande fonte di danno. Per questo è sempre importante pensare alle possibili conseguenze prima di agire, informandosi e cercando di soddisfare un bisogno altrui e non soltanto un nostro piacere.