In questo periodo dell’anno molte specie di uccelli migrano da nord a sud per cercare climi migliori che significano anche una maggior disponibilità di cibo. Puntuali sulla loro rotta i migratori trovano ad aspettarli i fucili dei bracconieri, che non solo ne fanno scempio, ma che troppo spesso restano impuniti. Questo avviene perché in Italia il bracconaggio è considerato un reato di serie “Z”, come spesso tutti quelli che riguardano gli animali.Le normative sulla tutela del nostro patrimonio faunistico sono regolamentate da una legge quadro, la 157/92, che è intrisa dello strapotere di un mondo venatorio che, vent’anni fa, disponeva di ben altri numeri in termini di “praticanti” e quindi di un grande potere di condizionamento delle scelte politiche grazie al bagaglio di voti a disposizione. Oggi, anche con ranghi grandemente ridotti, i cacciatori sono una lobby che continua a esercitare grande influenza sui palazzi del potere, sia a livello regionale che nazionale, come recentemente ha dimostrato la querelle intorno alla cattura dei richiami vivi. Il politico nostrano teme molto di più di perdere voti in Italia, rischiando il consenso che gli consente di essere eletto, piuttosto che le sanzioni economiche della Comunità Europea, che paga l’intero paese, per le scelte opportunistiche di pochi.
Oggi ecco cosa rischia chi spara ad esempio a un orso, una delle poche specie a massima tutela, secondo le previsioni del legislatore: l’arresto da due mesi a un anno o (e sottolineo che “o” sta per “in alternativa”) l’ammenda da 1.032 a 6.197 Euro, che fra sconti e diminuzioni previste dai riti significa che con il pagamento di 3/4.000 Euro il problema è risolto, con un’oblazione che estingue il reato e con la quasi certezza di restare titolare di porto d’armi e licenza di caccia. Se invece che a un orso si spara a un’aquila reale la sanzione scende ancora, con una forbice compresa fra 774 e 2.065 Euro, sempre con la possibilità concreta di continuare a cacciare e/o a comportarsi da cacciabracconiere. Insomma un rischio minimo, una pena detentiva che non sarà mai scontata e talvolta un valore economico della preda che supera il rischio dell’ipotetica sanzione.
Con questo tipo di legislazione il potere di deterrenza è nullo: calcolando la scarsità dei controlli, la possibilità di fuga, la tenuità delle sanzioni e la possibilità di conservare pure il porto d’armi ben si capisce che il timore di essere presi è quasi nullo, poco più che un fastidio.
Secondo studi del C.A.B.S. (Committee Against Bird Slaughter) in Europa ogni anno sono oggetto di caccia ben 102 milioni di uccelli, un numero impressionante: “Il risultato più allarmante emerso dalla ricerca del CABS sono le cifre emerse: 102 milioni di uccelli sparati dai cacciatori in Europa, l’equivalente di 7.000 camion stivati di uccelli per un peso di 66.000 tonnellate. Addirittura se i corpi di tutti questi animali uccisi venissero messi in fila sul terreno potrebbero completare l’intera circonferenza della Terra!! Dei 27 paesi interessati dalla ricerca, la palma della caccia la detiene la Francia con 25 milioni di uccelli uccisi ogni anno. Segue la Gran Bretagna con 22 milioni e terza l’Italia con 17 milioni. Poi vengono Spagna, Grecia e al sesto posto la Germania, con 2,3 milioni di uccelli.”
A queste 66.000 tonnellate di animali morti durante l’esercizio “legale” dell’attività venatoria vanno aggiunte le migliaia di tonnellate derivanti dagli abbattimenti illegali, dal bracconaggio, che non rientrano in questi dati. Un numero impressionante di animali che ogni anno vengono lecitamente o illecitamente sottratti al patrimonio faunistico europeo, nonostante molte specie stiano dimostrando significativi cali, che sono più rilevanti in alcune come ad esempio le allodole.
Il C.A.B.S. , con l’ausilio della Lega Abolizione caccia ha realizzato un interessante raccolta di dati sul bracconaggio nel nostro paese, confluiti nel “Calendario del cacciatore bracconiere 2013-2014”, che potete scaricare qui. In questa brochure potrete leggere i misfatti dei cacciatori italici che sono stati sorpresi con le mani nel sacco durante le attività di controllo. Stimando però che i controlli riguardino più o meno una percentuale molto bassa dei cacciatori, arrotondata per eccesso non credo superi il 5% dei praticanti l’attività venatoria, sarà facile rendersi conto dei danni reali del bracconaggio.
La fauna selvatica, già duramente messa alla prova da un’antropizzazione eccessiva del territorio, dall’inquinamento e dai mutamenti climatici è anche costretta a subire i danni derivanti dalla caccia: veramente troppo perchè questo paese non debba darsi nuove e più restrittive regole, senza aspettare i richiami dell’Europa, varando una nuova legge che preveda sanzioni severe e, soprattutto, il definitivo ritiro della licenza di caccia ai bracconieri. In attesa che l’attività venatoria abbia un definitivo termine, come peraltro chiede con sempre maggior forza l’opinione pubblica.