pellicce, una grande sofferenza inutile

Pellicce, una grande sofferenza inutile in nome della vanità, ma anche un business con un giro d’affari miliardario che non si riesce ad arrestare, dove la crudeltà è dentro il capo d’abbigliamento.

Nonostante anni di campagne contro l’uso delle pellicce e nonostante la contrarietà di gran parte dell’opinione pubblica l’utilizzo di pellicce e di capi con inserti di pelliccia appare come una realtà che non si riesce a debellare.

In questo, oltre alla perseveranza di molte maison della moda, non si può che osservare la propensione di una parte dei consumatori ad indossare questi capi, pur essendo oramai noto a tutti quanto costi, in termini di sofferenza per gli animali, la loro realizzazione.

L’industria della pelliccia si difende sempre con le medesime argomentazioni, basate sul fatto che nessun animale sia stato prelevato in natura, facendo credere ai consumatori più cinici o più sprovveduti, che il comportamento “etico” stia nell’usare animali d’allevamento senza mettere in pericolo le specie che vivono libere.

Oramai la maggioranza delle pellicce in commercio non deriva da animali selvatici, resta però aperto il grande problema della sofferenza degli animali allevati a questo scopo, in condizioni disumane.

Basta aver visto qualche filmato sulle condizioni di allevamento di questi animali per comprendere come non ci possa essere benessere per volpi costrette in piccole gabbie di rete in cui trascorrono la loro vita oppure per i visoni allevati allo stesso modo, sempre tenuti esposti alle correnti d’aria per fargli venire la pelliccia più folta.

Gli animali impazziscono ad essere tenuti in spazi così angusti, senza poter esercitare nessuno dei comportamenti ecologici propri della loro specie, privati di qualsiasi contatto con i propri simili, con possibilità di movimento ridotto e spesso con ferite causate dalle gabbie in rete o da automutilazioni.

La crudeltà è sempre indice di un comportamento biasimevole, ma nel caso della pellicceria lo è ancora di più per la possibilità di sostituire questo prodotto con altre tipologie di indumento o, al peggio, utilizzando capi in pelliccia sintetica. Le persone non hanno alcun bisogno di usare indumenti in pelliccia o con bordure di pelo, sapendo a quale prezzo vengono prodotti.

Non si può poi dimenticare che nonostante il divieto di importare nei paesi della comunità europea capi d’abbigliamento e altri prodotti con inserti di pelliccia di cane e gatto questo sia aggirato, grazie alle difficoltà di eseguire i controlli, che richiedono la tipizzazione del DNA, esame costoso e non immediato.

Così dai paesi orientali arrivano tonnellate di prodotti in pellicceria, dai giocattoli ai vestiti, che possono essere realizzati con pelli derivate dal triste sfruttamento di cani e gatti, che comunque non possono essere considerati esseri diversi o con maggiori diritti di una volpe o di un visone.

Sotto le più svariate denominazioni commerciali che appaiono in modo fantasioso sulle etichette dei capi d’abbigliamento, in realtà si nascondono pellicce di cani e gatto: unico modo per essere sicuri di non alimentare questo illecito commercio è quello di non comprare nessun articolo che sia realizzato, anche parzialmente, con pelliccia. 

Per scelta non pubblico mai video che mostrino scene di violenza esplicita sugli animali, ritenendo che non sia questa la via per convincere chi non vuol vedere, ma solo quella per fare inorridire chi prova emozioni negative di fronte alla sofferenza animale.

Chiunque voglia però rendersi conto del perché sostengo che le pellicce,  una grande sofferenza inutile , siano da contrastare con ogni mezzo lecito basta che vada a farsi una ricerca su YouTube, dove avrà modo di vedere ogni tipo di intollerabile crudeltà soltanto digitando come chiave di ricerca “animal fur”.

L’uomo dovrebbe avere una morale, un’etica, provare empatia e quindi rifuggire da ogni sofferenza inutile inflitta ai suoi simili e agli animali. Il condizionale è d’obbligo, ma sono convinto che solo la crescita culturale potrà portare la nostra specie fuori da questo Medio Evo nel quale siamo immersi,.

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