
Cani randagi ammassati in una gabbia in attesa di essere soppressi in Romania: in questo modo ci si illude di vincere il randagismo.
I cani della Romania saranno perseguitati e uccisi senza che questo modifichi minimamente le dinamiche di popolazione e influisca sul randagismo, se non per un brevissimo periodo. Questo è noto al mondo scientifico ma il politico, di ogni latitudine, è quasi sempre in cerca del consenso a breve, del populismo facile e raramente si occupa di realizzare piani di medio/lungo periodo.
In Italia da anni non ci sono più le cacce al randagio, anche se non mancano isolati episodi di violenza, ma nel nostro pese come in Romania i governi che si sono succeduti negli anni non hanno fatto alcuna azione concreta per combattere davvero il randagismo. Certo nel 1991 è stato stabilito che i cani nei canili non potessero essere più uccisi: un segno di civiltà menomato dalla cronica carenza di fondi e strutture e da gestioni malavitose del fenomeno. Fino a quella data i cani venivano catturati e soppressi, spesso nelle famigerate camere a gas, dopo soli 5 giorni e potevano, inoltre, essere ceduti per la sperimentazione. In questo modo sono stati uccisi centinaia di migliaia se non milioni di cani, l’unico vero sopravvissuto a questa strage è stato il fenomeno del randagismo.
Per combattere questa piaga non basta fare una legge che consenta di sterminare i randagi, oppure lo vieti: entrambe le situazioni, tragicamente diverse fra loro, non spostano il problema, con l’aggravante che sterminare i cani è per giunta inutilmente crudele. La soluzione del problema passa da una serie di provvedimenti organici e complementari l’uno con l’altro: se guardiamo solo il randagio lo facciamo diventare, con somma superficialità, il responsabile di un problema, mentre le responsabilità sono altrove e il randagio è solo il prodotto dell’umana stupidità e della convenienza politica. Questo fatto è dimostrato dalla situazione del randagismo in Italia, che ha proporzioni diverse da quello rumeno ma che è ben lontano dall’essere un problema risolto, con centinaia di migliaia di cani randagi e/o rinchiusi nei canili, disposti come in una piramide, dove il vertice è al nord e la base al sud, rappresentando un fenomeno fuori controllo.
La lotta al randagismo canino passa attraverso pochi ma fondamentali principi che non possono essere slegati fra loro e devono rappresentare un obbligo ineludibile, non uno dei tanti precetti inapplicati:
– proprietà responsabile con sanzioni serie per i proprietari di animali che non li custodiscono; applicazione capillare ed effettiva dell’identificazione degli animali con microchip e iscrizione in anagrafe;
– sterilizzazione obbligatoria di tutti i cani ceduti dai canili e tassazione di chi possiede cani non sterilizzati (fondi da destinare solo per gestione e costruzione di strutture);
– restrizioni del commercio, con divieto di esposizione dei cani nei negozi, patentino per i proprietari, divieto di vendita degli animali via internet;
– divieto di importazione di cani per scopi commerciali da stati esteri anche se facenti parte della CE;
– gestione razionale delle disponibilità alimentari sul territorio per diminuire la portanza ambientale;
– attuazione del DPR 320/54 e rispetto da parte dei Comuni dell’obbligo di avere canili propri o consortili che devono essere dati in gestione con gare ricorrenti, privilegiando le associazioni;
– inasprimento delle sanzioni per i reati di maltrattamento e abbandono di animali con previsione dell’interdizione al possesso di animali ed impossibilità di sospendere la pena.
In tutto questo i cittadini devono fare la loro parte aiutando quelle associazioni che lavorano in concreto, ovunque, per contenere il randagismo, penalizzando invece quelle che parlano tanto ma fanno poco concretamente. Non basta mettere una foto su internet o avere un nome pomposo per dimostrare di essere credibili: bisogna sempre accertare la serietà di un’associazione prima di donare, perchè fra i tanti parassiti che possono avere i cani uno di questi sono proprio quelle realtà che sottraggono fondi a chi svolge un lavoro concreto. Sono i parassiti peggiori.
Inutile prendersela con il popolo rumeno, insultare, aizzare sentimenti razzisti: nelle azioni crudeli perpetrate contro gli animali nessuno è in grado di alzare il dito o di scagliare la prima pietra, tanto meno noi italiani. BMolti rumeni stanno facendo più del possible per difendere i cani di strada, non vanno mortificati con stupidi insulti. Aiutiamoli piuttosto con maggior preparazione, minor pietismo e maggiori aiuti economici alle associazioni serie. Dire soltanto poveri cani, indignarsi, urlare o scrivere commenti aggressivi aiuta i cani randagi della Romania tanto quanto farebbe passare la sete a un naufrago fargli ascoltare Mozart.