Cani randagi si riparano alla meglio dentro scatole di cartone.

Cani randagi si riparano alla meglio dentro scatole di cartone.

Ogni giorno arrivano notizie dal mondo sulla cattiva gestione della popolazione canina, sul randagismo, sulle violenze alle quali i randagi sono soggetti. Non c’è giorno che dal nostro paese non si raccontino storie di ordinaria violenza, incapacità, corruzione, mala gestio.

Questa è insieme una grande verità, per numeri, sofferenza e tragicità, accompagnata purtroppo a una scarsa capacità di pianificazione, di gestione di un problema serio ma certamente non invincibile.

Il randagismo è fatto di ignoranza, ma purtroppo anche di incapacità, di approssimazione, di un mix di indifferenza, cattiveria, buonismo, che è colpevole di non aver saputo scrivere la parola fine su un fenomeno arginabile. Forse questo dovrebbe essere un tema di riflessione per gli amministratori pubblici, per gli studiosi veri o presunti, per le associazioni protezionistiche.

Da decenni si parla del randagismo come fosse una realtà ineluttabile: di fatto di ineluttabile c’è solo l’incapacità di gestire un fenomeno. Quante migliaia di animali devono essere ingabbiati nei canili per capire che altre sono le norme, che bisogna impedire le importazioni, che è necessario tassare chi questo fenomeno lo causa e lo incentiva: proprietari irresponsabili, cacciatori, commercianti senza scrupoli, amministratori che vedono solo il business e privati che sui canili speculano.

Per questo però ogni giorno animali muoiono, soffrono, sono maltrattati, violentati e uccisi. Il randagismo non è una piaga: solo un fenomeno da gestire con intelligenza e rispetto delle norme e degli animali.

 

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