É stato sequestrato il caracal di Milano ma qualcuno protesta, difendendo il diritto della proprietaria di detenere quello che probabilmente potrebbe essere un ibrido, comprato in rete da una cittadina bulgara.

La storia di Grum, il nome del caracal che molto verosimilmente è un caracat, è venuta alla ribalta delle cronache alla fine di novembre. Quando il Comune di Milano lanciò l’allarme tramite i social (leggi qui). Poi dopo un susseguirsi di informazioni, più o meno precise, dell’animale furono perse le tracce.

Fino alla settimana scorsa quando uomini dei Carabinieri Forestali del Servizio CITES, ottenuto un mandato di perquisizione dell’abitazione della donna bulgara proprietaria dell’animale, lo hanno trovato e posto sotto sequestro, affidandolo a una clinica veterinaria.  Il giorno dopo l’animale era nuovamente su tutti i giornali, anche a seguito di una conferenza stampa fatta dai Carabinieri.

Il fatto non poteva non trovare una cassa di risonanza sulla rete, anche grazie alla pagina FB dello studio legale che ha deciso di difendere gratuitamente la proprietaria del caracal.

O forse del caracat, come sembra più probabile, cioè del prodotto di un’ibridazione fra un caracal e un altro felino. Così sui social si sono formate le due classiche fazioni un poco da tifoseria calcistica. Fra quanti sostengono la correttezza del provvedimento e chi invece afferma che andare a sequestrare un gatto, seppur con sangue di caracal fosse un abuso.

Pur comprendendo l’intervento dei legali, non foss’altro per il ritorno di immagine che questo caso inevitabilmente provoca, credo che sia impossibile plaudire al fatto che un privato possa tenersi in casa un felino selvatico. Per giunta inserito nell’elenco degli animali pericolosi dei quali non è consentita la detenzione. E nulla cambia il fatto che la proprietaria l’abbia comprato in Bulgaria, dove questi animali sono permessi.

Non si può infatti ritenerlo come un gatto domestico, nemmeno se avesse comportamenti poco distanti da quelli del gatto di casa. Né sarebbe corretto giustificare la vita in cattività di un animale che resta comunque un selvatico, al pari di un pappagallo anche se riprodotto in cattività.

Né possono essere ritenuti etici i comportamenti della proprietaria che lo portava a spasso per Milano al guinzaglio, come se fosse un cane, con una punta di evidente esibizionismo. Un comportamento negativo che non può essere mitigato nemmeno dalla supposta necessità di cure veterinarie che avrebbe dovuto ricevere a Milano.

In un centro che non dovrebbe essere particolarmente specializzato in felini di questo genere, stante che da 25 anni non si possono legalmente detenere in Italia.

Talvolta, come accade per gli uomini, la bellezza degli animali ci porta a vederli con un altro occhio, proprio lo stesso con il quale uomini e donne guardano una persona che li attrae, li affascina o li seduce.

Così gli animali umani guardano spesso quelli non umani con lo sguardo predatorio, quello che porta troppe persone a possedere animali non domestici, non convenzionali. Per esibizione o per seduzione, ma quel che è certo senza aver fatto una riflessione sul benessere animale.

Spiace vedere un felino come questo rinchiuso in una gabbia, con un incerto futuro di cattività, in fondo un po’ esibito come se fosse un trofeo: talvolta anche la legalità ha i suoi riti un po’ tribali.

Esibizione che forse avrebbe potuto avvenire in modo più attento, più rispettoso. Questo però non rende più difendibile la proprietaria, che lo ha acquistato in rete come si fa con un elettrodomestico, per portarlo a spasso come si trattasse di un oggetto griffato.

Caracal o caracat che sia questo povero animale si deve impedire ogni deriva che ci porti a modificare geneticamente i felini, e qualsiasi altra specie, per arrivare a ottenere specie legalmente “domestiche”,

Mantenendo l’aspetto da “selvatici” e un’indole che resta, purtroppo per loro, sempre quella dei loro progenitori. Come dimostrano le ibridazioni che hanno portato alla creazione del lupo cecoslovacco, razza di gran moda che però inizia a riempire i canili,  a causa di un carattere decisamente impegnativo.

Comunque il futuro del felino, in caso venga confermato che la proprietaria ha violato la normativa, sarà quello di vivere in un centro idoneo e in nessun caso verrà soppresso, come qualcuno teme.

AGGIORNAMENTO DEL 17/01/2017

In un articolo pubblicato sul Corriere della Sera a firma di Paola D’Amico (leggi qui) la proprietaria dell’animale fornisce una versione dei fatti diversa, sostenendo che l’animale sia un ibrido munito di regolare documentazione.

Ma il focus resta sempre lo stesso: astraendosi dal caso singolo è possibile e corretto continuare a consentire queste manipolazioni genetiche messe in atto per fini puramente commerciali e per soddisfare la voglia di esotico di ricchi proprietari? Tutti sono preoccupati per la sorte di Grum ma non per questo si può tacere una realtà che causa un maltrattamento e una deriva non giustificabile eticamente.

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