Il lato oscuro della nutria e degli altri animali alloctoni

lato oscuro della nutria

Il lato oscuro della nutria e degli altri animali alloctoni, alieni, invasivi non è quello che ne giustifica abbattimenti massicci. Sta ma sta proprio nell’inutilità delle attività di contenimento. Attività sulle quali si muovono grandi interessi economici.

Che sembrano giustificare decenni di abbattimenti inutili, che non hanno cambiato le consistenze delle popolazioni.

Nessun imprenditore accetterebbe mai un contratto secondo il quale dovrebbe procedere all’eradicazione di una specie aliena come la nutria, in un territorio continentale come l’Italia, anzi come molti paesi d’Europa accomunati dalla stessa presenza.

Il contratto non potrebbe essere onorato perché l’eradicazione di una specie che si è perfettamente ambientata, in sinergia con l’ambiente che la ospita, in grado di riprodursi e con una capacità riproduttiva non contenibile non è scientificamente possibile.

L’eradicazione in zone continentali è impossibile

Non esiste tecnica, non esiste modo per liberarsi una volta per tutte dello sgradito ospite. Non vi è infatti dubbio che se gli animali alieni non avessero invaso l’Europa sarebbe stato meglio, sotto il profilo della tutela della biodiversità, ma oramai ci sono e si sono naturalizzati, come i fagiani, per fare un esempio venatorio.

I saggi sanno che se per fare una frittata occorrono 12 uova, non è possibile creare 12 uova partendo dalla frittata. Oramai la frittata è fatta e quasi tutti gli animali alieni che popolano i nostri territori, quelli visibili e conosciuti dal grande pubblico, sono presenti a causa di una gestione non intelligente, improvvida, da parte dell’uomo. Perché questo nemico lo abbiamo allevato, importato e successivamente liberato sul patrio suolo proprio noi.

Non gli ambientalisti, non gli animalisti ma al massimo quella componente, purtroppo non esigua, che ritiene un segno di amore il comprare e tenere in cattività animali di ogni tipo, come ad esempio gli scoiattoli grigi, quelli della Carolina (USA).

Importati, rilasciati e oramai, piaccia o meno, naturalizzati (e da poco non più importabili e commercializzabili). Senza dimenticare la nutria, il parente povero del castoro, allevato per le pellicce che negli anni ’70 erano vendute come castorino.

La nutria è stata allevata per la pellicceria

Finita la moda delle pellicce a basso prezzo le nutrie son diventate ingombranti e, allora, sono state liberate senza pensarci troppo su. Da decenni e decenni stiamo cercando di sterminare -anzi eradicare come si definisce scientificamente la rimozione totale dal territorio di una specie- gli animali alieni con risultati che non è possibile definire incoraggianti.

Nonostante centinaia di migliaia di animali uccisi, con vari metodi che spesso di incruento hanno poco, nutrie e scoiattoli grigi sono costantemente aumentati di numero. Forse perché agli obbligatori metodi etologici, spesso mai provati, sono state preferite le fucilate per accontentare agricoltori e cacciatori.

Riporto un passaggio tratto da un lavoro scientifico, pubblicato dalla dottoressa Cristina Marchetti e altri, negli annali della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’università di Parma nell’anno 2012, che merita comunque di essere letto integralmente (qui):

Koike et al. (2006) spiegano che ci sono tre condizioni in cui è possibile prospettare l’eradicazione di una determinata specie da un territorio, queste sono:
1) l’intervento avviene in stadi molto precoci dell’invasione e su un areale molto piccolo;
2) in un ambiente gestito in modo molto intensivo;
3) quando il territorio da trattare ha un ben definito limite geografico come un’isola o quando la specie da eliminare ha strette esigenze di habitat.
Gli autori specificano che il controllo o l’eradicazione sono molto difficilmente applicabili su popolazioni che si riproducono attivamente in habitat naturali e le tecniche per fermare la diffusione spaziale o per eradicare intere popolazioni sono ancora da sviluppare.

Uccidere animali non risolve il problema e troppo spesso lo accresce

Lo dice il buon senso, lo dice la scienza ma allora perché insistere con pervicacia nelle politiche di abbattimento? Viene il dubbio, ma anche un po’ la certezza, che qualcuno su questo ci guadagni: politicamente, con voti, economicamente con una serie di provvidenze.

Gli abbattimenti costano, le trappole costano, smaltire i cadaveri costa, la stessa ricerca e i progetti europei che la finanziano costano. Molto più di quanto costerebbero probabilmente i metodi di mitigazione del danno e l’aumento della resilienza ambientale, quella capacità del territorio di divenire inospitale per certe specie che anche l’Europa raccomanda.

Rifletteteci quando vedete una nutria, non sulle improbabili malattie che può trasmettervi, ma sulle mani in tasca che qualcuno continua a mettervi per finanziare queste stragi. Per non fari vedere il lato oscuro della nutria.

Un cinghiale chiamato Agostino

un cinghiale chiamato Agostino

Un cinghiale chiamato Agostino, ma per qualcuno era solo un cinghiale, uno dei tanti che ogni anno vengono uccisi dai cacciatori, quella categoria di persone che con l’immissione selvaggia di cinghiali dall’Est ha creato un problema che oramai è irrisolvibile.

Il cinghiale Agostino per giorni ha beffato chi voleva catturarlo e alla fine è stato abbattuto, molto probabilmente per imperizia di chi avrebbe dovuto addormentarlo con la telenarcosi. L’animale non si è addormentato dopo dosi ripetute di tranquillante, che anziché sedarlo lo ha eccitato; si chiama effetto paradosso.

Un effetto collaterale che si può raggiungere quando si sbaglia la dose del narcotico e si cerca di rimediare con ulteriori iniezioni, con siringhe sparate da un apposito fucile. Il difficile non è soltanto sparare una siringa e fare centro senza causar lesioni, ma saper dosare il farmaco, non improvvisare, sapere cosa si fa. Così il cinghiale Agostino non si è addormentato e un colpo di fucile a palla ha messo fine alla sua esistenza.

Certo qualcuno penserà che è inutile farla tanto lunga, in fondo era solo un cinghiale, un animale invasivo che viene normalmente cacciato e che sta invadendo la penisola. Ma questa semplificazione toglierebbe di mezzo un’altra parte di verità, quella che è fatta di cattiva gestione, d’improvvisazione e che può portare a morte. E’accaduto per Agostino ma è successo anche per Daniza: una telenarcosi non riuscita alla fine, per ragioni diverse, è finita con la morte.

Il punto però è che noi stiamo continuando a credere che l’unico modo per gestire la fauna sia usare il fucile, sia uccidere per risolvere, uccidere per contenere, con poche, pochissime voci che si alzano per dire che, scientificamente, questa mattanza è inutile, crudele e insensata. Non lo dico da animalista ma ne faccio un discorso molto tecnico: i successi sono zero e gli insuccessi sono migliaia. Non si può nascondere.

Non se ne può più di sentir parlare di piani di eradicazione,  di piani di contenimento,  di abbattimenti selettivi raccontando all’opinione pubblica che solo in questo modo la fauna viene tenuta sotto controllo. Agostino è il pretesto per parlare di altro, per allargare l’angolo di visione. Agostino è un simbolo della stupidità umana, poteva finire la sua vita al Pettirosso di Modena e invece è finito in una pozza di sangue.

Le persone si chiedono quanti problemi faunistici sono stati risolti a colpi di fucile, con catture e uccisioni e altre amenità gestite quasi sempre dai cacciatori? Zero su zero! Sono stati fatti piani di contenimento e in alcuni casi di eradicazione contro molte specie animali, con risultati pressoché nulli: cornacchie, piccioni, nutrie, volpi, cinghiali, scoiattoli grigi, procioni, parrocchetti dal collare.

La natura non si gestisce a fucilate e infatti molti di queste specie animali sono aumentate e non diminuite. E quando diminuzione c’è stata, come per i piccioni in città, il merito è delle cornacchie.

Continuando così si buttano soldi pubblici, non si contrastano i fenomeni e si acuiscono le tensioni in tutte quelle situazioni nelle quali un animale passa dall’essere un cinghiale e diventa #Agostino: quando un animale ha un nome diventa un’entità reale, emotivamente concreta, un totem per la sua specie.

Bisogna cambiare completamente strategia nella gestione della fauna. Lo dimostra, anche, un cinghiale chiamato Agostino.

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