Troppi antibiotici negli allevamenti intensivi italiani a causa delle condizioni di sovraffollamento e stress per gli animali. Il nostro paese, insieme a Cipro, registra un utilizzo di antibiotici 2,5 volte superiore alla media europea. Un problema che non riguarda soltanto il benessere animale.
Secondo i dati dell’Agenzia Europea del Farmaco nel nostro paese l’utilizzo degli antibiotici in zootecnia sembra essere fuori controllo rispetto agli altri paesi europei. Risulterebbe inoltre che l’utilizzo degli antibiotici non sia per il trattamento individuale di patologie, come avviene in molti altri paesi, ma bensì per un impiego a tappeto in acqua e mangimi.
Un dato che attesta, senza possibilità di smentite, non soltanto la salute degli animali degli allevamenti intensivi ma anche le loro pessime condizioni di vita. Evidentemente non paragonabili a quelle degli altri paesi dell’Unione che registrano un impiego di antibiotici molto più basso di quello riscontrabile in Italia.
Da cosa dipende l’uso abnorme di antibiotici in zootecnia?
Le condizioni di sovraffollamento degli allevamenti rappresentano una causa di stress per gli animali, con conseguente abbassamento delle difese immunitarie. Questo fattore unito alle problematiche sanitarie dovute a un eccesso di promiscuità diventa una causa scatenante di molte patologie, curate con l’uso di antibiotici.
Il fatto grave è che dai dati che emergono parrebbe che in Italia gli antibiotici non vengano utilizzati per curare patologie inserte ma come misura di prevenzione e cura. Ma più elevato è l’utilizzo di antibiotici e più si sviluppano le resistenze nei batteri al principio attivo, vanificando l’impiego terapeutico.
Gli antibiotici dati agli animali possono passare con le carni all’uomo, specie se non sono adeguatamente rispettati i tempi di sospensione, creando possibili problematiche di antibiotico resistenza nell’uomo. Questo significa che i consumatori mentre consumano carne di animali, specie se allevati in modo intensivo, possono assumere anche farmaci.
In Italia il primato delle morti per antibiotico resistenza
Secondo un articolo pubblicato dal canale salute dell’agenzia di stampa ANSA, l’Italia è al primo posto in Europa per i decessi causati dall’antibiotico resistenza. Un fattore dovuto dall’eccesso nell’assunzione di questi prodotti che causa nel nostro paese più di 10.000 morti all’anno.
Un motivo in più per limitare il consumo di carne, per scegliere almeno produzioni non intensive e possibilmente a filiera corta. Gli eccessi di consumo portano a un eccesso di sfruttamento e a pessime condizioni di vita degli animali allevati. Necessarie per mantenere a costi bassi il costo della carne, che rappresenta uno delle principali cause del riscaldamento globale.
Le fabbriche dei polli sotto la lente del Parlamento Europeo. Per modificare le condizioni di allevamento e di benessere. Un pollo “fabbricato” in uno dei tanti impianti industriali ha una vita di circa 6 settimane. Vissuta davvero male, in condizioni di sovraffollamento, senza benessere.
Il Parlamento Europeo ha chiesto, con voto unanime, che la Commissione si occupi di migliorare le condizioni di vita negli allevamenti intensivi. Vere e proprie industrie della carne per produrre animali che non vedranno mai il sole.
Le pessime condizioni di allevamento, legali ma sicuramente non in grado di garantire il seppur minimo benessere agli animali, richiedono un massiccio impiego di antibiotici. Per non far ammalare i polli e mantenerli in condizioni di salute accettabile, durante la loro brevissima esistenza.
La direttiva vigente in materia di protezione dei polli allevati per la produzione di carne in Europa, che sono circa sette miliardi di animali ogni anno, prevede che in un metro quadro possano stare 33 chili di polli. Questo fa capire quanto possa essere drammatica la loro condizione di vita. Ma che può peggiorare in caso di deroghe arrivando a concedere fino 39 kg/mq.
Il parlamento europeo chiede l’intervento della Commissione Europea
Il Parlamento ha richiesto alla Commissione Europea di adottare misure urgenti per migliorare le condizioni di allevamento dei polli da carne. Rendendosi conto che un maggior benessere degli animali si traduce in un vantaggio per i consumatori, che si mangeranno meno farmaci insieme alla carne.
Per produrre carne a basso costo (leggi qui), con quelle densità per metro quadro, si è accettato, in modo molto miope, di consentire l’impiego di farmaci che potessero contrastare le inevitabili infezioni microbiche che colpivano gli animali. Senza pensare che questo avrebbe reso impossibile la vita degli animali. Mettendo in pericolo quella dei consumatori.
Dall’alimentazione, dai derivati animali, inizia la genesi dell’antibioticoresistenza che si sta sempre più innalzando in Europa: la continua, seppur indiretta, esposizione agli antibiotici sta rendendo gli organismi patogeni sempre meno aggredibili. Proprio a quegli antibiotici che dovrebbero essere in grado di stroncarli.
Certo il Parlamento Europeo si è espresso in modo netto sulla necessità di aumentare in modo drastico il benessere animale negli allevamenti di polli e questo è un dato importante. Messo in atto, però, non per tutelare gli animali ma per proteggere i consumatori. Questo potrebbe però essere il cavallo di Troia per impedire condizioni di allevamento disumane e crudeli.
Mettendo anche l’obbligo di tracciabilità per le carni avicole, in modo da impedire che le migliori condizioni di allevamento imposte a livello europeo possano agevolare le importazioni. Di polli a basso costo, prodotti in paesi con minori tutele per animali e consumatori. Certo non una vittoria per i polli, ma un importante passo avanti, per ridurre la loro sofferenza.
I consumatori devono essere informati e consapevoli
Ora il consumatore consapevole dovrebbe pensare e capire che l’eccesso di richiesta di carni a basso costo, e di carne in generale, costituisce un problema. Occorre diminuire il consumo, limitarlo o eliminarlo del tutto. Per assenza di sostenibilità delle fabbriche di carne.
Occorre comunque guardare con favore questo passo avanti, fortemente sostenuto dall’Eurogruppo per il benessere animale, organizzazione che rappresenta 64 organizzazioni di tutela dei diritti degli animali, sparse in 24 Stati Europei ma anche negli USA, Svizzera, Australia, Serbia e Norvegia.
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