Cingolani sulla carne cambia idea: in marzo sosteneva le proteine vegetali, ma oggi qualcosa è cambiato…

Cingolani carne cambia idea

Il ministro Cingolani sulla carne cambia idea, e con un virtuosismo acrobatico modifica il tiro. Complice probabilmente il fatto che l’intervento del cambiamento è stato fatto davanti alla platea di Assocarni. Però vede ministro noi crediamo profondamente che ci debba essere una transizione, ma ecologica non di idee. Modificate non sulla base di nuove evidenze scientifiche, ma delle orecchie che ascoltano l’intervento.

Cani falchi tigri e trafficanti

Comunicare è importante e lei è un tecnico, non un politico: per questo quando succedono questi repentini cambi di opinione restiamo disorientati. Il politico per sua natura insegue il consenso, talvolta riesce a farlo meglio, altre è davvero inascoltabile. Ma da lei ministro, da un’uomo di scienza non lo possiamo capire. Lei si è rimangiato non la carne, ma le sue stesse parole. Quelle che ci avevano dato una speranza perché sulla tutela ambientale il suo ministero spesso ci lascia l’amaro in bocca, per restare in tema di cibo.

«Sappiamo – ha aggiunto Cingolani – che chi mangia troppa carne subisce degli impatti sulla salute, allora si dovrebbe diminuire la quantità di proteine animali sostituendole con quelle vegetali. D’altro canto, la proteina animale richiede sei volte l’acqua della proteina vegetale, a parità di quantità, e allevamenti intensivi producono il 20% della CO2 emessa a livello globale. Modificando la nostra dieta, avremo invece un co-beneficio: miglioreremmo la salute pubblica, riducendo al tempo stesso l’uso di acqua e la produzione di CO2».

Dall’articolo “Carne dannosa e allevamenti inquinanti? È bufera sulle dichiarazioni del ministro Cingolani” pubblicato in data 4 marzo dal Sole 24 ore

Ministro Cingolani sulla carne cambia idea, ma sarà perché sta parlando ad Assocarni?

Il virgolettato di marzo sembra chiaro, scientifico, incontrovertibile. Infatti come sempre accade gli allevatori fanno una mezza rivolta su queste dichiarazioni. Che dette dal ministro della transizione ecologica sono quelle che chiunque si aspetta. Del resto non era un inno a diventare vegani, ma un monito sui danni ambientali prodotti dagli eccessi del consumo di carne. Che rappresentano uno dei primi problemi da affrontare se si vuole arrivare davvero alla transizione ecologica. Ma poi ecco il salto acrobatico di opinione nell’intervento alla tavola rotonda di Assocarni.

“Abbiamo previsto – ha ricordato Cingolani – misure che servono a rendere sempre più verdi e green le aziende agricole e zootecniche italiane. Il prodotto è già eccellente, noi dobbiamo migliorare la percezione a livello internazionale dell’immagine dell’azienda italiana”. Come? Con misure come il “fotovoltaico sui tetti delle stalle, il potenziamento della produzione di biogas, l’utilizzo dell’acqua piovana tramite i 40 invasi per collazionarla previsti dal piano per avere una impronta idrica ancora più bassa: tutte cose in grado di dare una percezione di azienda italiana high-tech con un prodotto eccellente e sostenibile”.

Tratto dall’articolo pubblicato il 05/07/2021 da AskaNews dal titolo “Agrifood, Cingolani: usare Pnrr per aumentare gap con concorrenza”

Possiamo dire che si è trattato di una rivoluzione copernicana sul tema? Che ha lasciato molti senza parole, per la rapidità della variante, una cosa alla quale nemmeno il virus ci ha ancora abituato. Eppure ministro lei sa che al di là della sofferenza animale, che potrebbe ecologicamente non essere produttiva di valori, restano tutti gli altri fattori pesantemente negativi dati dal consumo di carne. E dagli allevamenti, che non diventeranno un’oasi ecologica solo per il solare o il biogas.

Produrre proteine animali con l’allevamento di animali da carne è notoriamente inquinante e irragionevole

Il tasso di conversione delle proteine vegetali usate per produrre un chilo di carne fa inorridire, come il consumo di suolo, di acqua, la deforestazione e tutti i rischi connessi alla salute. Non sono considerazioni da animalista, sono studi fatti da scienziati. Noti da tempo e tenuti sotto traccia perché chi comanda è il mercato e non il buonsenso. Ma lei ministro Cingolani sono certo che queste cose le conosce. Per questo faccio davvero fatica a comprendere.

Per avere un’idea più concreta del peso sull’ambiente degli alimenti di origine animale basti dire che la loro produzione richiede l’uso di 3,7 milioni di chilometri quadrati di terreno (il 40 per cento della superficie degli Stati Uniti, o 12.000 metri quadrati circa a persona), buona parte dei quali destinati alla produzione dei mangimi, che richiede a sua volta il 27 per cento di tutte le acque irrigue della nazione e circa sei milioni di fertilizzanti azotati all’anno (la metà del consumo totale nazionale), con una produzione di gas serra pari al 20 per cento di quelle del settore dei trasporti e al cinque per cento delle emissioni totali degli Stati Uniti.

Tratto da un articolo pubblicato da Le Scienze il 22 luglio del 2014

Il discorso potrebbe essere molto lungo, ma certo pretendere coerenza di ragionamento è normale. Quando chi si esprime in modo contraddittorio è proprio il ministro che dovrebbe traghettare il nostro paese verso una vera transizione. Che tenga conto degli studi e non solo dell’economia, anche perché è bene ricordare che la finanza ora si sta già smarcando da certi mercati, nei quali aveva investito sino a ieri. Quando le navi affondano gli investitori sono i primi a lasciare il ponte di comando, come dimostrano le scelte dei fondi di investimento su allevamenti e energie fossili.

Ministro ci dia una speranza, ma soprattutto la dia alle giovani generazioni perché il peggio lo subiranno loro, noi saremo già rientrati nel ciclo dell’azoto.

Agnelli sacrificati per Pasqua, come li vede la rete

Agnelli sacrificati per Pasqua, come li vede la rete, come li vede il marketing e soprattutto come vengono visti dai motori di ricerca sulla base di quanto chiedono gli utenti? Agnelli 1 – Assocarni 0!

A voler buttare tutto sui numeri si potrebbe spiegare così l’uscita pubblica di Berlusconi che ha adottato cinque agnelli con il supporto di Maria Vittoria Brambilla. Ma regaliamo anche a un politico navigato come lui il beneficio del dubbio, sperando che questo gesto non sia frutto di un calcolo, considerando le elezioni alle porte.

Certo è riuscito a far infuriare Assocarni che parla di un grande contrasto fra la scelta vegana di Berlusconi e quello che poi pubblicizzano le sue reti, tanto da invitare gli inserzionisti a riflettere sulle loro preferenze in termini di investimenti pubblicitari. Certo in questo periodo Assocarni non è tranquilla vista la flessione dei consumi e gli scandali che riguardano allevamenti e macelli, che sono sempre più evidenti e si conquistano, purtroppo spesso, gli onori della cronaca.

Gli italiani iniziano a diventare attenti non solo alla loro salute, minata dai comportamenti poco etici messi in atto in certi allevamenti, ma anche al benessere degli animali cominciando a sovrapporre le foto degli agnelli, tenerissimi, con il vassoietto di polistirolo che contiene pezzi del loro essere cuccioli nei banchi dei supermarket.

Così scopriamo, usando un tool in grado di vedere quali sono le ricerche più gettonate mettendo come chiave di ricerca agnelli e Pasqua, che i motori come Google e Bing restituiscono come prima interrogazione fatta dagli utenti non mangiare agnelli a Pasqua. Seguita da strage di agnelli a Pasqua e da agnelli sacrificati a Pasqua. Questo non vuol significare che gli italiani si stiano convertendo tutti all’alimentazione vegana, ma probabilmente che molti di loro siano stanchi di essere corresponsabili dei maltrattamenti inferti agli animali.

L’agnello è il cucciolo più tenero nell’immaginifico popolare, ma è sempre stato visto dai più con un comportamento dissociato: intenerendosi di fronte al cucciolo per poi però acquistarlo, ridotto in costolette e cosciotti, nei banchi delle macellerie.

Oggi i consumatori, anche non necessariamente animalisti, hanno maggior consapevolezza di cosa comporti a Pasqua la mattanza degli agnelli e le sofferenze loro inflitte. Iniziano con un prematuro distacco dalla madre, per continuare durante estenuanti trasporti che terminano in macelli dove, per le esigenze di disporre di un elevato numero di animali, le regole che dovrebbero minimizzare i maltrattamenti non vengono spesso rispettate.

Forse per questo molti hanno cominciato a interrogarsi più su questa mattanza che non sull’importanza di una tradizione, che peraltro non serve alla religione ma soddisfa solo il palato.

 

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