Canili lager in Calabria, di chi sono le responsabilità?

Canili lager in Calabria, di chi sono le responsabilità? Non è difficile individuarle perché i canili sono strutture soggette a autorizzazioni e controlli da parte del servizio veterinario pubblico e dei Comuni. Che come avviene fin troppo spesso latitano, omettono, dimenticano ma però saldano le fatture per servizi malamente prestati.
Lasciando gli animali in condizioni di vero e proprio maltrattamento da quanto si può leggere sulle cronache dei giornali locali. Dettagli impietosi di vite consumate dall’ordinaria burocrazia, da omissioni nei controlli e da una criminalità che certo non si preoccupa delle sofferenze.
Canili che gestiscono la custodia degli animali in convenzione con i Comuni o con aziende partecipate, come sembrerebbe nel caso del canile Metauria, che si trova fra Gioia Tauro e Rosarno. Sequestrato dai Carabinieri Forestali, anche su impulso della locale sezione di ENPA.
I canili lager in Calabria esistono perché qualcuno ha chiuso gli occhi
Le notizie su strutture che detengono animali in condizioni di degrado, dagli allevamenti ai canili, si inseguono ogni giorno sui giornali. Riguardano casi che vengono individuati dalle Alpi allo Stretto di Messina, con frequenza davvero inquietante.
Con l’aggravante, per quanto riguarda i canili, che non solo si trovano in quelle condizioni a causa di colpevoli omissioni, ma che ricevono ugualmente soldi pubblici. Quattrini dei cittadini che anziché essere usati per combattere il randagismo alimentano i conti correnti di criminali. Che parrebbe, in questo caso, che abbiano fatto morire gli animali di stenti.
Inutile gridare che bisogna inasprire le pene per chi maltratta gli animali: occorre modificare le leggi e prevedere, ad esempio che chi ha mancato nei controlli sia incriminato. Non per omissione di atti d’ufficio ma per concorso nei reati, che non possono essere certo circoscritti al solo maltrattamento. Pene effettive, misure di prevenzione, interdizioni anche perpetue servirebbero più di pene magari esemplari, ma non effettive.
Troppe omissioni, troppi interessi e poche sanzioni
Bisogna colpire tutta la filiera che ha consentito di compiere il reato terminale: il maltrattamento di animali arriva infatti al termine di una serie di attività di verifica. Fatte malamente o non fatte, eseguite in modo superficiale o, peggio, attuate con connivenza.
Occorre valutare gli appalti nella loro interezza, cercando di evidenziare criticità e responsabilità individuali: quelle che hanno consentito di arrivare alla commissione del reato. Solo in questo modo si potrà arrivare a responsabilizzare gli organi di controllo, che devono avere la schiena dritta e il coraggio di denunciare.
Il maltrattamento di animali, in queste situazioni, è una conseguenza, non un reato nato per caso. Lo dicono chiaramente le associazioni che operano in Calabria e che hanno scritto una lettera aperta pubblicata dai giornali locali. Una storia che si ripete uguale e diversa in ogni parte dello stivale, una questione che fa gettare via fiumi di denaro pubblico in modo colpevole.