Troppo spesso conservazione fa rima con prigione.

Conservazione della natura

Pensi che possiamo coesistere? Perchè no, in fondo nessuno di noi è coinvolto in azioni di braconaggio, sfruttamento minerario, deforestazione, avvelenamenti , distruzioni dell’habitat, politica…

In nome della conservazione della fauna si sono scritti fiumi di inchiostro, raccontando la preoccupazione dell’uomo per la scomparsa di specie animali e gli interventi di salvaguardia necessari per tutelare le specie che stavano correndo il rischio di scomparire.

Certo per alcuni la difesa del panda ha un valore molto diverso dalla tutela dei diritti di un asino, mentre la strenua attività per la conservazione del leopardo dell’Amur ha un valore simbolico completamente diverso dal cercare di tutelare la colonia felina sotto casa. Questo non può alterare la verità delle cose.

Il mondo della conservazione, come tutti i mondi degli uomini, è nei fatti una realtà fatta di grandi promesse e minori successi, di grandi campagne e raccolte pubbliche di danaro e minori risultati.

Che fortunatamente ci sono quando la conservazione viene fatta correttamente tutelando ampie porzioni di territorio, ma che, purtroppo, non rappresentano la regola quando chi se ne occupa non opera seguendo regole scientifiche.

Quanti hanno a che fare con la fauna oggi, dai proprietari di zoo a quelli delle game reserve africane, dai gestori di parchi marini dove sono detenuti cetacei per scopi puramente ludici ai gestori di parchi tematici, sembrano tutti coinvolti nella conservazione della biodiversità.

Ma questa è una grossa bugia, raccontata al grande pubblico che deve continuare a frequentare questi posti, dove gli animali sono soltanto sfruttati e dove la conservazione è solo una bugia per fruitori entusiasti, in buona fede forse, ma poco informati sicuramente. 

Uno zoo non è un parco, un’area protetta non è un zoo: sarebbe come dire che il santuario dei cetacei fra Italia e Francia sia come un delfinario.

Nel tempo attuale finisce che anche il peggiore dei nostri zoo, anche lo zoo safari più terrificante della penisola, che ancora parla dei grandi felini come di “belve feroci”, ha una fondazione e racconta di essere coinvolto in progetti di conservazione.

In questo modo riesce a raccontare, a chi riempie le sue casse con i biglietti di ingresso, che gli animali prigionieri nella struttura rappresentano il baluardo, l’ultimo, per la difesa della biodiversità, grazie al loro patrimonio genetico. Una bugia grottesca, stante che la verità è l’esatto contrario: una riproduzione fra consanguinei è deleteria per la preservazione di un patrimonio genetico degno di questo nome.

I visitatori, poi, plaudono alla vista dei prigionieri liberati degli zoo safari, che danno l’impressione di condurre una vita degna mentre quelli in trappola, nelle loro auto, una volta sono proprio gli uomini, che si addentrano nello spazio naturale dei leoni.

Peccato che non sia così e che la vita dei felini sia minata dai gas di scarico delle auto, più pesanti dell’aria, mentre la libertà sia davvero fittizia, visto che ogni sera gli animali sono rimessi in gabbia fino allo spettacolo del giorno successivo: nulla è come appare, nulla di questo ha un rapporto con la conservazione.

Oggi ha un senso parlare di conservazione solo quando la si pratica in situ , quando si tutelano gli areali di diffusione di una specie: nessun’animale presente in zoo o in una riserva africana potrà essere reimmesso in natura, se l’ambiente che lo deve accogliere non sarà divenuto nuovamente ricettivo.

Non si risolve il problema della minaccia di estinzione delle popolazioni di tigre pensando di immettere esemplari in natura: bisogna dare loro dei territori dove poter vivere e riprodursi, tutto il resto sono favole usate da molti zoo e strutture di cattività per giustificare la loro esistenza. Bugie e falsità raccontate a un pubblico che crede e vuol credere a queste storie che, purtroppo, non hanno nulla di scientifico.

Come peraltro dimostra la storia dei lupi italiani, dove un piccolo numero di sopravvissuti nei monti della Sila ha in questi anni, in assenza di interventi umani, anzi con la contrarietà di una parte della collettività, ha ripopolato areali dove era dato per scomparso da molti decenni.

Semplicemente sfruttando le mutate condizioni del territorio che, con lo spopolamento delle campagne, ha visto incrementare le prede naturali del lupo e la sua espansione, che ha oramai raggiunto la Francia, raccordandosi con le popolazioni transalpine.

Uno zoo, un delfinario o uno zoo safari restano solo dei luoghi dove gli animali sono tenuti prigionieri per il profitto e l’egoismo degli uomini, e salvo rari casi sono del tutto inutili alla conservazione delle specie in via d’estinzione. Non bisogna fidarsi e credere a tutto, specie quando questo viene raccontato a beneficio del “pubblico pagante”. 

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