Silvia con ENI non è meglio di Silvia da sola e non solo in quanto ENI si occupa prevalentemente di energie fossili. Il punto è che oramai anche le aziende meno green del pianeta provano a mettere in atto operazioni di greenwashing. Cercando di convincere molti consumatori che per risolvere il problema delclimate change basti acquistare bene.
Sui media è tutto un fiorire di proposte per risolvere le problematiche che causano i cambiamenti climatici acquistando un prodotto, un servizio, ma sempre e comunque consumando. Quando poi i prodotti sono indifendibili ecologicamente, come l’acqua in bottiglia, che produce inquinamento sin dalla fonte, il marketing inventa favole nuove, rese convincenti grazie a testimonial di successo.
Operazioni che hanno un solo scopo: convincere il consumatore che sono le sue scelte d’acquisto a risolvere il problema, indirizzandole verso chi è verde, ecologico, politicamente corretto. Oppure si vende come tale, ma molti potenziali clienti tanto non andranno a approfondire.
Far credere che basti così poco per salvare noi e il pianeta è ingannevole
Le scelte intelligenti, rispettose e etiche sono importanti, ma non possono essere circoscritte al chiudere l’acqua mentre ci si lava i denti o alla scelta di non prendere voli aerei. Non è più possibile trasmettere il messaggio che in fondo basti poco per ottenere il cambiamento. Il tempo corre e forse una volta bastavano scelte non così pressanti. Oggi non è più così e pur senza evocare l’Apocalisse occorre mettere in campo scelte più drastiche.
I media devono cercare di raccontare la realtà, devono farsi portatori di messaggi realistici: ridurre il consumo di suolo, di carne, privilegiare gli alimenti che sono prodotti a filiera corta. Non è un problema di facile soluzione, considerato che sul consumismo abbiamo modellato la civiltà occidentale, ma non è più il tempo delle rassicurazioni.
La comunicazione deve essere veritiera
L’influenza della pubblicità, vero motore economico dell’informazione, può costringere giornali e TV a non toccare certi argomenti, a non sottolineare le incongruenze del marketing. Questo è un errore capitale, consentendo alle industrie di imporre sul consumatore una visione, meno realistica di quel che serve.
La società occidentale non potrà cambiare dall’oggi al domani, però deve essere correttamente informata, non tranquillizzata. Stiamo danzando sull’orlo di un vulcano, bisogna essere consapevoli che il nostro futuro dipenderà anche da dove saremo in grado di appoggiare i piedi.
Per questo ENI non risolverà il problema, anzi, ma solo pochi sembrano cogliere le contraddizioni.
Le manifestazioni di Fridays for Future hanno riempito le piazze del mondo di giovani, preoccupati per i cambiamenti climatici e per il loro futuro. Una mobilitazione planetaria senza precedenti, che ha coinvolto moltissime nazioni del mondo, dall’Australia alle Filippine, dalla Birmania alla Turchia.
In questa settimana di pacifica protesta, messa in atto per sensibilizzare e chiedere ai governi non più parole ma azioni, non scenderanno in campo solo i giovani del mondo. Al loro fianco ci saranno anche molte aziende multinazionali che hanno deciso di appoggiare questa iniziativa.
Questo non significa che i grandi gruppi si siano scoperti improvvisamente green, ma anche se questa fosse soltanto una scelta di marketing significherebbe che il movimento ha lasciato il segno. Come se si fosse creato un positivo punto di non ritorno, l’impossibilità di continuare a comportarci come se niente fosse.Greta Thunberg ha contribuito ad accendere la miccia, ora bisogna non farla spegnere.
Il movimento di #FridaysForFuture è il propellente del cambiamento
Quando milioni di persone scendono in piazza in tutto il mondo non possono più essere ignorate, non si può sottovalutare l’impatto delle loro scelte: da quelle politiche a quelle di consumo. Un impatto che costringerà l’economia a fare scelte precise, perché il mercato sempre di più premierà le scelte coerenti, le aziende virtuose e non solo all’apparenza.
Qualcuno avrebbe mai potuto ipotizzare che in un tempo davvero breve la questione dell’uso della plastica, solo per fare un esempio, avrebbe catalizzato l’attenzione planetaria? Dopo decenni di inerzia, di silenzi, di inquinamento ora iniziamo a comportarci davvero come se ci fossimo svegliati dal torpore. come se avessimo preso coscienza di un problema sottovalutato per troppo tempo.
Del resto basta entrare in un supermercato per rendersene conto: non una rivoluzione immediata ovviamente, ma un cambio di rotta questo si, una maggiore attenzione anche dove non ci sono imposizioni. Nei banchi della verdura confezionata iniziano a vedersi vassoi di cartone imballati nella pellicola compostabile, quella derivata dal mais. E questo è solo un piccolo esempio di quanto i consumatori possano influenzare il marketing.
Il cambiamento importante potrebbe essere quello che porta le persone a diventare davvero l’ago della bilancia, anche grazie all’amplificazione immediata che oggi i social consentono. Al passa parola che può decretare il successo di un’azienda oppure una brusca contrazione delle vendite. Si tratta solo di riprendere in mano una leva che per troppi decenni è rimasta saldamente governata dall’economia, uccidendo etica e ambiente.
Le persone possono fare la differenza con le loro scelte
Il quotidiano impegno di ognuno di noi, il sostegno all’economia circolare, il riciclo puntuale dei materiali, la scelta di fare acquisti consapevoli, l’accettare piccole rinunce: in fondo tutto molto sostenibile per avere un’impronta che vada proprio nella direzione della sostenibilità ambientale.
In questa fase bisogna essere capaci di coinvolgere, abbattendo steccati e costruendo ponti. Facendo capire che non si chiede che le persone tornino nella caverne ma soltanto, e non è poco, che modifichino le loro propensioni d’acquisto. Eliminando o riducendo il consumo di carne, scegliendo veicoli meno inquinanti, acquistando prodotti a filiera corta.
Decisioni importanti, che sicuramente comportano sacrifici ma che se fatte oggi sono ancora nel campo delle libere scelte. In futuro non lo saranno più, diventeranno obblighi ineludibili, se non faremo ora qualcosa di virtuoso. Le piccole azioni contribuiscono a salvare il mondo se sono milioni e milioni. Certo poi occorrono anche quelle di sistema e di lungo periodo, quelle decisioni che competono ai governi. Ma i cittadini non possono più stare fermi, devono agire.
Bisogna far si che il movimento che è sorto grazie a #FridaysForFuture trovi forza e capacità per diventare un pungolo inarrestabile, in grado di imprimere cambiamenti all’economia, rendendola più equa e sostenibile. Per il futuro delle prossime generazioni di uomini, che vogliono assolutamente poterlo vedere con speranza e ne hanno il diritto.
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